La spesa media delle famiglie italiane per la Tari ha subito un notevole incremento dal 2018 al 2023, pari al 9,69%. Solo per il 2023, l’aumento è stato dell’1,66% rispetto all’anno precedente. Rialzi che pesano soprattutto sulle famiglie più povere. A dirlo è la Uil, che ha condotto uno studio sugli ultimi cinque anni della tassa rifiuti. Secondo la ricerca nel 2023 in media una famiglia di quattro persone, residente in un’abitazione di 80 mq e con reddito Isee pari a 25 mila euro, ha pagato 331 euro di Tari rispetto ai 302 euro del 2018.
“Ancora una volta sono le famiglie meno abbienti a sopportare un peso fiscale maggiore – sottolinea la Segretaria confederale Uil, Vera Buonomo – é evidente che il sistema attuale non solo fallisce nel garantire equità e giustizia sociale, ma acuisce le diseguaglianze, creando disparità tra le diverse aree geografiche del Paese”.
Le differenze chiaramente sono anche geografiche, con il sud penalizzato. Nelle regioni meridionali la spesa media è salita da 363 euro nel 2018 a 395 euro nel 2023, mentre nel Nord-Est da 272 euro si è saliti a 248. Secondo i dati, i nuclei familiari situati nel Sud e Isole hanno destinato circa l’1,34% del proprio reddito al pagamento della tassa sui rifiuti. In confronto, i nuclei familiari più ricchi del Nord Est hanno destinato solo lo 0,64% del loro reddito a questa tassa.
Nel 2023 è Pisa che detiene il primato del costo maggiore, con una media annuale di 545 euro per famiglia. Seguono Brindisi con 518 euro, Genova con 508 euro, Latina con 495 euro, Napoli con 495 euro, Pistoia con 492 euro, Catania con 475 euro, Trapani con 472 euro, Messina con 470 euro e Taranto con 469 euro. La città più virtuosa è Belluno con una spesa media di 178 euro seguita da Novara con 183 euro.
Il motivo della diversa distribuzione dell’aumento non è giustificabile soprattutto alla luce della carenza dei servizi resi, sottolinea lo studio, che in particolare in alcune grandi città risultano spesso inefficienti a causa delle limitate risorse disponibili. Si segnala inoltre che l’aumento è stato più significativo nei Comuni che nel 2023 non hanno operato una revisione del piano tariffario e che per questo motivo sconteranno la crescita dell’inflazione e l’aumento del costo dell’energia, dovuti ai ritardi nell’approvazione e pubblicazione delle delibere.
“Alla luce del nostro studio – ha concluso Vera Buonomo – per la Uil risulta fondamentale migliorare i servizi, favorendo un approccio coordinato a livello nazionale in grado di contrastare le disparità territoriali.”