Si complica la già intricata vicenda giudiziaria sul decreto ministeriale delle Aree idonee per impianti rinnovabili, che ha visto protagonista da ultimo soprattutto la Regione Sardegna. Il Consiglio di Stato ha sospeso in via cautelare, fino alla conclusione del giudizio di merito al Tar, l’articolo 7 comma 2 lettera c) del decreto, che dà alle Regioni la facoltà di considerare non idonee anche le aree giudicate idonee dal Decreto legislativo 199 del 2021.
I giudici di appello hanno stabilito che le Regioni non possono definire le aree idonee in senso più restrittivo rispetto a quanto stabilito in via transitoria dalla norma, finché la causa non è decisa nel merito.
I giudici della quarta sezione del tribunale amministrativo di secondo grado avvertono le Regioni che “fatto salvo l’esercizio da parte della Regione dell’autonomia legislativa che le spetta in base alla Costituzione” dovranno tenere “conto della sospensione della norma del decreto ministeriale operata con quest’ordinanza”. Secondo il Consiglio di Stato, infatti, “la norma in questione appare, al sommario esame proprio di questa fase cautelare, non pienamente conforme all’art. 20, comma 8, del d. lgs. 199/2021, il quale già elenca le aree contemplate come idonee: in tale disciplina di livello primario non sembra possa rinvenirsi spazio per una più restrittiva disciplina regionale”.
Il Collegio non ritiene, poi, “sussistere il contrasto con gli obiettivi del Pnrr paventato dalla difesa dell’amministrazione». In primo luogo, «il decreto impugnato continua a vigere nella sua interezza, salva la norma sospesa”. Inoltre, “sarebbe semmai la disposizione sospesa ad andare in senso contrario, dato che potrebbe introdurre una componente di incertezza in un quadro già definito dalla norma di legge”.
Secondo i giudici che hanno accolto la sospensiva chiesta nei ricorsi proposti da alcune società che operano nel campo delle energie rinnovabili, “le Regioni sono tenute a provvedere con un atto legislativo, ancorché di contenuto sostanzialmente amministrativo. Quest’atto, come è ben noto, è sindacabile soltanto avanti la Corte costituzionale, nei limiti previsti per questo rimedio, che non sono esattamente sovrapponibili a quelli consentiti dall’ordinaria impugnazione di un atto amministrativo. Di conseguenza, in mancanza della tutela cautelare, una decisione di merito potrebbe intervenire in un momento in cui i progetti di interesse della parte appellante potrebbero essere non più realizzabili per effetto della legge regionale sopravvenuta, con lesione del principio dell’effettività della tutela giurisdizionale”.