Da molte parti si vuol fare credere, reiterando una narrazione incompleta e funzionale a chi ne trae un vantaggio economico, che anche dove esistono alte percentuali di raccolta differenziata, rimane comunque una parte di materiali non riciclabili per i quali la soluzione è l’incenerimento nei cosiddetti termovalorizzatori.
Si porta avanti così un modello di gestione dei rifiuti basato solo su due elementi: raccolta differenziata e incenerimento. Purtroppo, grazie all’amplificazione di questo messaggio da parte di diverse testate che non danno spazio alla diffusione di nuove ed efficaci tecnologie impiantistiche, la soluzione “termovalorizzatore” è diventata un convincimento diffuso tra molti cittadini.
Eppure basterebbe una semplice ricerca per rendersi conto che sono già attive sul mercato italiano una pluralità di tecnologie di riciclo termochimico in grado di trattare le diverse tipologie di rifiuti in modo efficace e vantaggioso sotto l’aspetto economico. La principale è la pirolisi, un processo di degradazione dei polimeri organici che avviene a temperature di 350-700° in assenza di ossigeno, quindi senza combustione né ossidazione. Pertanto senza emissioni nocive rilasciate in atmosfera. Con questa tecnologia, i materiali di scarto introdotti nella camera stagna del reattore sono trasformati in gas dai quali, dopo un processo di condensazione e raffinazione, si ricava un olio che può essere utilizzato in turbine per produrre elettricità o trasformato in carburante diesel con basso tenore di zolfo. Una parte della componente gassosa, proveniente dalla reazione chimica, è invece utilizzata per il funzionamento dell’impianto stesso.
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