“La crisi climatica scatena e acuisce la crisi dell’acqua. Quando si pensa alle azioni della popolazione, spesso ci si limita ai consigli elementari come quello di chiudere i rubinetti”. Ma per il WWF si può fare molto di più. Per questo motivo l’Associazione, in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua che ricorre il 22 marzo, ha fornito dati e strumenti per conoscere meglio quanta acqua consumiamo realmente per capire dove ridurla.
Al netto di quanto dichiara la comunità scientifica in relazione al tema siccità, all’aumento degli incendi e delle inondazioni che mettono a rischio milioni di specie vegetali e animali e rendono la popolazione in sofferenza idrica, il WWF ricorda le dichiarazioni sul cambiamento climatico del Gruppo Intergovernativo dell’ONU (IPCC): “l’aumento della temperatura in atto sarà accompagnato da grandi cambiamenti nel ciclo dell’acqua del Pianeta, con aree già umide che diventeranno molto più umide e aree già aride che saranno soggette a siccità più intense e per periodi più lunghi“.
In più, oltre a nuove zone che non avevano mai conosciuto la siccità problematica (Francia, Gran Bretagna e Nord Italia), citando l’ISPRA, il WWF ammette: “dobbiamo anche fare i conti con una riduzione di disponibilità idrica del 19% registrata negli ultimi 30 anni rispetto al precedente periodo, che dovrebbe indurci a rivedere la distribuzione dell’acqua per i diversi usi”.
Per tali motivi, oltre ad evidenziare l’importanza di abbattere le emissioni climalteranti, il WWF è convinto che vadano cercati nuovi modelli per affrontare i cambiamenti già in atto: “per l’acqua, vuol dire anche abbatterne lo spreco, ridurne e razionalizzarne l’uso, assicurare la salute della natura e ripristinare il territorio, garantire l’equa distribuzione della risorsa”.
Per questo l’Associazione invita i cittadini a fare la loro parte e a comprendere dove si nascondono gli usi eccessivi dell’acqua, andando oltre i luoghi comuni e costringere aziende e governi ad agire subito.
La nostra impronta idrica va oltre ciò che immaginiamo di sprecare
Oltre il consumo diretto di acqua che utilizziamo per lavarci, cucinare, pulire e innaffiare le nostre piante, è importante aggiungere anche il consumo indiretto. In realtà, quindi, la nostra impronta idrica è più alta di quello che pensiamo.
Basti vedere che secondo i dati riportati dal WWF, in Italia il consumo diretto di acqua è di 236 litri a persona al giorno contro una media europea di 165 litri. Sommando i consumi indiretti, l’impronta idrica italiana raggiunge una media di circa 130 milioni di m³ all’anno (una delle più alte d’Europa) e una media di 6.300 litri a persona al giorno: “consumi non più sostenibili e allarmanti considerando che secondo il World Resources Institute nel 2040 l’Italia sarà in un serio stress idrico”, dichiara il WWF.
Tra i consumi indiretti, il 90% dell’impronta idrica di tutto viene determinata dal cibo ed è stato stimato come ogni persona mangi una media di 5.000 litri di acqua al giorno (più di quella che beviamo). Tra tutti gli alimenti, la carne è l’alimento più idrovoro poiché va anche considerata l’alimentazione del bestiame.
“un hamburger di manzo da 150 g consuma in media oltre 2.300 litri di acqua mentre un hamburger di soia sempre da 150 g consuma in media circa 14 volte meno acqua. 15mila litri per 1 kg di carne di manzo, 6.300 litri per 1 kg di carne di maiale e 4.000 litri per 1 kg di carne di pollo. Altri prodotti di origine animale in ordine di impatto sono il formaggio (5.253 litri per kg di prodotto), le uova (2.562 litri per kg), il latte (1.000 litri di acqua), mentre 1 litro di latte di soia consuma in media circa 3 volte meno acqua (297 litri). Per produrre 1 kg di verdura occorrono, in media, 336 litri di acqua, mentre per produrre la stessa quantità di frutta ne sono necessari in media 748. Un consumo di acqua maggiore è richiesto per produrre i legumi (4.165 litri), mentre patate e tuberi sono fra gli alimenti con la minore impronta idrica in assoluto (287 litri). 1 birra da 250 ml consuma 74 litri di acqua e 1 pizza margherita (725 grammi) consuma 1.260 litri di acqua. La pizza margherita prodotta con grano, passata di pomodoro e mozzarella in Italia ha un’impronta idrica media di 940 litri/kg. 1 kg di pane consuma 902 litri, 1 kg di pasta 1.509 litri e 1 kg di riso 1.597 litri. 1 kg di cioccolato consuma circa 24.000 litri”.
Non solo il cibo, perché anche i vestiti che indossiamo e i tessili che utilizziamo a casa comportano un alto utilizzo di acqua. A partire dai campi dove si coltiva il cotone e dalle piattaforme petrolifere, fino ad arrivare alla tinteggiatura e al trattamento delle fibre; “l’industria tessile è la secondo ad alta intensità di consumo idrico al mondo, con circa 93 miliardi di metri cubi di acqua all’anno, pari al 4% di tutta l’acqua dolce estratta a livello globale. Per produrre tutti i tessili acquistati dalle famiglie europee sono necessari ogni anno circa 24.000 milioni.
“1 maglietta di cotone consuma circa 2.700 litri di acqua che corrispondono all’acqua potabile sufficiente per una persona per 900 giorni. 1 paio di jeans consuma circa 7.500 litri. 1 maglione di lana leggero (300 grammi) consuma 0,96 litri di acqua e 1 paio di scarpe di pelle consumano in media 8.000 litri di acqua”.
Cosa fare? Secondo il WWF andrebbe indicata sui prodotti la loro impronta idrica e ognuno di noi dovrebbe preferire un’alimentazione sana basata prevalentemente su alimenti vegetali di stagione, locali e biologici. Allo stesso modo, andrebbero preferiti tessuti riciclati e biologici che siano certificati.
In Italia, poi: “il consumo di acqua è sostanzialmente ripartito tra il settore agricolo, che assorbe circa il 60% dell’intera domanda di acqua del Paese, seguito dal settore industriale ed energetico con il 25% e dagli usi civili per il 15%. L’agricoltura è il settore economico più assetato d’Italia con l’85% dell’impronta idrica della produzione, comprendendo l’uso di acqua per la produzione di colture destinate all’alimentazione umana e al mangime per il bestiame (75%), e per pascolo e allevamento (10%). È evidente quindi che l’attenzione principale nella gestione dell’acqua deve essere posta sul settore agricolo (…). Il modello agricolo biologico in caso di eventi climatici estremi si dimostra essere il più efficace e resiliente”, continua il WWF.
Tra le altre cose da mettere in atto, l’Associazione promuove il fotovoltaico e l’eolico per risparmiare acqua. Di fatto: “La decarbonizzazione potrebbe comportare una riduzione dei prelievi idrici grazie a una maggiore e preponderante diffusione del solare fotovoltaico e dell’eolico che consumano (molta) meno acqua”.
Nel frattempo, dal 22 al 24 marzo il mondo si riunisce a New York per la Conferenza Onu sull’acqua (UN 2023 water Conference). “Per questa occasione è stata pubblicata pochi giorni fa una nuova ricerca di GlobeScan che evidenzia la percezione a livello globale della scarsità di acqua. Il dato principale che è emerso è che il 58% delle persone a livello globale ritiene che la carenza di acqua dolce sia un problema “molto serio”. Per quanto riguarda i risultati del sondaggio in Italia, emerge che il 56% degli italiani dichiara di essere “fortemente” colpito sul piano personale dalla scarsità d’acqua, mentre un altro 37% ne è “moderatamente” colpito, in totale ben il 93%; il 72% degli italiani ritiene la carenza di acqua dolce “molto grave” (nel complesso, il 96% la ritiene molto o abbastanza grave); il 97% degli italiani considera l’inquinamento delle acque di fiumi, laghi e oceani è un problema serio (69%) o molto serio (28%). Infine, un dato significativo è che tra le persone interessate dagli effetti del cambiamento climatico, il 62% afferma di essere stato colpito dalla siccità”, riporta il WWF.