I negoziati sulla proposta di regolamento europeo imballaggi rappresentano una sfida per l’Italia. A poco più di una settimana dalla transizione di responsabilità dalla Svezia alla Spagna alla guida del Consiglio europeo, i rappresentanti del governo svedese hanno presentato una bozza di compromesso al gruppo ambiente. Tuttavia, la vice ministra dell’Ambiente Vannia Gava ritiene che il testo sia addirittura “peggiore rispetto alla versione proposta dalla Commissione”, che è stata fortemente criticata dall’Italia, soprattutto per l’inclusione di obiettivi vincolanti sul riutilizzo degli imballaggi.
Secondo la viceministra, “la proposta di Regolamento per la gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio appare ancora lontana dal definire un quadro realistico e soprattutto sostenibile. Definirlo compromesso appare un eufemismo se si considera che il testo continua a presentare numerosi punti irricevibili, quasi peggiorativi rispetto alla precedenza bozza. Non è ancora riconosciuto, ad esempio, lo sforzo dell’Italia che ha dato risultati molto promettenti per l’economia circolare, con un tasso di riciclo al 70%. Mentre, sul piano degli strumenti innovativi, ci aspettiamo più coraggio sulle bio plastiche, che il Regolamento continua a non valorizzare adeguatamente”.
La viceministro ha proseguito sostenendo che non è sicuro che il riutilizzo garantisca di per sé il migliore risultato ambientale possibile e che occorre effettuare, caso per caso, valutazioni di fattibilità e di sostenibilità economica lungo l’intero ciclo di vita del prodotto. “La normativa proposta, pertanto, continua a non stimare adeguatamente i benefici ambientali che si potrebbero ottenere dalla sua applicazione, le conseguenze del nuovo approccio sulla progettazione e produzione degli imballaggi, sul consumo di materie prime, sull’impiego di risorse, sugli aspetti igienico-sanitari e quindi sui rischi del riuso stesso per la salute umana. Per tacere degli effetti che rischiano di abbattersi sulle filiere nazionali degli imballaggi e della gestione dei rifiuti già esistenti” ha concluso la Gava.
Dubbi sul regolamento anche da parte della presidenza di IPPR, l’Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo, secondo il quale rappresenta un problema per chi produce imballaggi e per chi li utilizza. “Il Regolamento – scrive in una nota IPPR – porta con sé implicazioni che sembrano essere sottovalutate e non ricevere l’attenzione che meritano. In particolare, faccio riferimento all’obbligo di utilizzare imballaggi contenenti una percentuale di materiale riciclato, una disposizione imposta senza tenere conto della fattibilità al 100% per alcuni imballaggi e dell’impossibilità per altri. Questo obbligo, che è stato definito senza una valutazione di impatto adeguata sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale, rischia di minare non solo l’industria della produzione di imballaggi, ma anche l’intero settore della trasformazione delle materie plastiche”.
Da diversi anni, gli studi qualitativi e quantitativi condotti da IPPR evidenziano l’utilizzo crescente delle plastiche riciclate in Italia. Il Paese ha raggiunto oltre 1,2 milioni di tonnellate all’anno, corrispondenti al 20% dell’intero volume di materie plastiche utilizzate per la produzione di nuovi prodotti, imballaggi e altri beni che soddisfano le esigenze di diversi settori. Questo dato è significativamente superiore alla media europea, che si attesta al 6%.
“Negli ultimi vent’anni – aggiunge IPPR – la plastica proveniente dal post consumo ha svolto un ruolo fondamentale nell’incontrare le esigenze dell’industria, che richiede materiali riciclati per la produzione di articoli destinati all’automotive, all’edilizia, all’arredo urbano e molto altro. Dopo l’implementazione della raccolta differenziata in Italia, ci siamo impegnati a lungo per trovare soluzioni adeguate per le plastiche raccolte, selezionate e riciclate, in modo che potessero essere riutilizzate sia nel settore dell’imballaggio sia in altri contesti, quando tecnicamente e normativamente possibile. Ciò ci ha permesso non solo di soddisfare le richieste dei Criteri Ambientali Minimi del Ministero dell’Ambiente, che promuove la produzione di prodotti “sostenibili”, ma anche di dare nuova vita ai materiali riciclati dentro e fuori dal settore dell’imballaggio”.