Un nuovo rapporto commissionato dall’European Environmental Bureau mette in luce che solo un ripensamento radicale del suo modello economico può arginare il problema della sostenibilità dell’industria della moda.
La ricerca si inserisce in un crescente scetticismo nei confronti delle strategie economiche, ancorate alla crescita del PIL a tutti i costi, mentre dal canto suo la Commissione europea si prepara a intensificare gli sforzi per regolamentare il settore tessile attraverso una nuova strategia di sostenibilità.
L’adesione del settore della moda alla crescita economica ha contribuito a renderlo una delle industrie più inquinanti, dispendiose e con il più alto tasso di sfruttamento. Tuttavia, le strategie esistenti per affrontarne l’insostenibilità, come l’utilizzo di materiali più facilmente riciclabili per il fast fashion, evitano di mettere in discussione la problematica dominante del modello economico del settore.
La ricerca, guidata dall’Institute for Sustainable Futures dell’Università di Tecnologia di Sidney, sostiene che la moda deve andare oltre la crescita economica e dirigersi verso un sistema in cui la salute umana ed ecologica vengano messe al primo posto.
Utilizzando il concetto di “economia di benessere”, termine generico per descrivere concetti economici alternativi alla crescita, la ricerca ha individuato quattro principi guida per costruire un percorso post-crescita per il settore della moda. Questo con lo scopo di farlo funzionare nell’interesse del bene comune:
- stabilire limiti per ridurre quanto viene prodotto e consumato, in linea con i confini planetari
- promuovere l’equità per garantire la giustizia sociale a livello globale
- creare una governance sana e giusta per garantire che la transizione sia inclusiva e partecipativa
- abbracciare nuovi sistemi di scambio in cui abbigliamento e tessuti siano forniti in modi che non dipendano dalla sovrapproduzione e dal consumo eccessivo
La dott.ssa Samantha Sharpe, direttrice dall’Institute for Sustainable Futures dell’Università di Tecnologia di Sidney, ha dichiarato che tutti sono consapevoli degli impatti ambientali del settore – emissioni di carbonio, inquinamento dell’acqua e del crescente problema dei rifiuti tessili e di abbigliamento – oltre al problema fin troppo familiare con gli scarsi standard di sostenibilità sociale lungo tutta la filiera del settore. Questo dopo anni e, in alcuni casi decenni, di tentativi per affrontare il problema. La Sharpe ha aggiunto che è urgente guardare il settore in un modo nuovo, spostando l’attenzione della crescita economica che ha causato sovrapproduzione e consumo a scapito del benessere.
A far eco alla dott.ssa Sharpe si è aggiunta anche Emily Macintosh, responsabile delle politiche tessili dell’Ufficio europeo per l’ambiente. La Macintosh ha dichiarato che mostrare l’ossessione dell’industri della moda per la crescita economica è l’unico modo per fermare la sovrapproduzione che è dannosa sia per l’ambiente che per le condizioni dei lavoratori. Macintosh ha aggiunto che i politici hanno la responsabilità di garantire che le nuove regole dell’UE per l’industria tessile siano più di un greenwash di pratiche business-as-usual.