Il 3 marzo nuovo sciopero globale per il clima indetto da Fridays For Future

Il Global Strike for Climate è un evento internazionale che si basa sulla partecipazione di milioni di giovani in tutto il mondo, impegnati nella lotta contro il cambiamento climatico e che richiedono azioni concrete dai propri governanti. Questo evento rappresenta una data fondamentale per il futuro del nostro pianeta. “Ci hanno derubato sfruttando la guerra: distribuiamo quella ricchezza in servizi per le nostre città invivibili!”

Il movimento per la giustizia climatica Fridays For Future lancia lo Sciopero Globale per il Clima, che si terrà il 3 marzo 2023. Di seguito il comunicato che spiega i motivi dello sciopero:

“Le città diventano sempre più invivibili, con temperature estreme e stili di vita non consoni a una vita basata sul benessere personale e collettivo. Vediamo come, nei mesi successivi alla guerra, le grandi compagnie del fossile abbiano innalzato alle stelle i loro ricavi a causa della guerra e del rincaro dei prezzi. Gli Stati si sono lasciati trovare impreparati e i governi sono dovuti andare al riparo, cercando di aiutare le famiglie e le imprese (stesse imprese energivore alle quali andavano parti dei soldi). Abbiamo visto Eni fare utili superiori al 700%, in tutto questo periodo, anche ben prima che la guerra scoppiasse. Mentre il costo di vita è già aumentato tantissimo, il governo si è dovuto uniformare alle decisioni europee e prevedere di alzare la tassa sugli extraprofitti con l’aggiunta, quindi, del “contributo di solidarietà” (in legge di bilancio) entro marzo. Anche così però Eni pagherebbe circa 3,7 su 10,4 mld di profitti netti nel 2022. Un dato di fortissima disuguaglianza. 

Questi fondi extra non sono stati tuttavia reinvestiti in progetti legati alle energie rinnovabili ma perlopiù in buyback. Questo meccanismo prevede il riacquisto delle azioni stesse per distribuire dividendi agli azionisti. Si è quindi scelto così di andare totalmente contro a quanto scriveva l’Ipcc (pag. 56): “Le emissioni cumulative future di CO2 previste per il periodo di vita delle infrastrutture per combustibili fossili esistenti e attualmente pianificate senza ulteriori abbattimenti, superano le emissioni totali cumulate di emissioni nette di CO2 nei percorsi che limitano il riscaldamento a 1,5°C”

Una classe dirigente che decide di ignorare o non affrontare un problema ormai sotto gli occhi di tutti, è una classe dirigente da cui non ci sentiamo rappresentati. È una scelta politica ignorare o decidere di non  affrontare il problema. È una posizione politica precisa: un conto economico di voti che questo o quell’altro partito si fa, e alla fine l’intera scena politica prende una posizione. Una posizione a nostro parere ben poco lungimirante perché non tiene conto delle evidenti disparità sociali, delle disuguaglianze e dell’inflazione stessa.

Per risolvere le sfide sociali, economiche e ambientali che affrontiamo oggi, dobbiamo ripensare lo status quo. I governi e le altre istituzioni di tutto il mondo devono abbracciare nuovi modi di pensare e impegnarsi attivamente nell’innovazione dei sistemi diffusi per compiere progressi reali verso un mondo più sano e più prospero. Eppure la maggior parte continua a inquadrare il proprio lavoro all’interno di modelli economici tradizionali, senza riconoscere il danno che sta causando alla società e al pianeta. Questa inquadratura si manifesta spesso in misure a valle, come il trattamento delle malattie respiratorie esacerbate dall’inquinamento atmosferico, piuttosto che investire nel trasporto pubblico; ricostruire dopo le inondazioni causate dai cambiamenti climatici, piuttosto che disinvestire dai combustibili fossili e investire in energia pulita; o concentrarsi su interventi sanitari legati alla cattiva alimentazione, piuttosto che migliorare le filiere agricole e incoraggiare la domanda dei consumatori di alimenti sani. Sebbene gli sforzi per mitigare gli effetti di problemi più grandi siano di vitale importanza, non si occupano delle loro cause profonde e dell’interconnessione.

Il 3 marzo nuovo sciopero globale per il clima di Fridays For Future

Gli scioperi. Le manifestazioni. Poi la pandemia. Poi ancora la guerra. Ma queste cose hanno una base comune: la direzione iniqua, consumista e ingiusta che il sistema economico globale ha preso. Possiamo ridirezionare le risorse per assicurare alle persone una vita più dignitosa, un’esistenza serena e appagante, piena di stimoli, di sogni e di speranze. Portiamo avanti le nostre rivendicazioni, che sono la nostra energia che sempre si rinnovano.

La scienza, come sempre, rappresenta un terreno solido ma soffice allo stesso tempo, così come le nostre colonne d’Ercole moderne. Se facciamo quello che dobbiamo, gli obiettivi, anche i più ambiziosi, sono ora alla nostra portata. Ma se andassimo a finire sull’onda sbagliata e la corrente ci trasportasse via, allora potremo esplorare territori sconosciuti dei quali non si conoscono i rischi. E su questo la scienza è sempre stata molto  chiara. Non solo ci ha sempre dato una panoramica e una prospettiva netta sulle cose da fare a livello globale, ma ci dà una visione illuminante su come possiamo vivere le nostre città ogni giorno, su quanto la nostra qualità di vita sia migliorabile e le comunità possano rigenerare risorse.

La scienza ci indica come certi servizi nelle città possono migliorare esponenzialmente la nostra qualità di vita. Allora, è necessario, quanto prima, che i profitti delle grandi aziende del fossile, destinati a ingrassare le tasche degli azionisti, vadano invece a sostenere i servizi. Si, ma quali? I servizi nelle città, le CERS e i trasporti rinnovabili, sostenibili e capillari”.