L’Europa deve necessariamente affrontare la grande sfida della gestione dei rifiuti tessili, che entro il 2025 devono essere raccolti separatamente. Lo raccomanda un nuovo studio dell’Agenzia Europe per l’Ambiente “EU exports of used textiles in Europe’s circular economy“, che sottolinea come le capacità di riutilizzo e riciclaggio del tessile nell’Ue siano limitate e che la quantità di tessuti usati esportati (soprattutto in Africa e Asia), triplicata negli ultimi due decenni, abbia spesso esiti incerti.
La quantità di tessili usati esportati dall’Ue è triplicata negli ultimi vent’anni, passando da poco più di 550.000 tonnellate nel 2000 a quasi 1,7 milioni di tonnellate nel 2019. La quantità di tessili usati esportati nel 2019 è stata in media di 3,8 chilogrammi a persona, ovvero il 25% dei circa 15 kg di tessili consumati ogni anno nell’Ue.
La ricerca avverte che la percezione comune secondo cui le donazioni, soprattutto di abbigliamento usato, sono sempre utili nelle regioni che le ricevono, non riflettono la realtà. Una volta esportati, il destino di grandi quantità di rifiuti tessili è spesso inadeguato. Nel 2019, il 46% delle esportazioni Ue è finito in Africa, il 46% in Asia. In Africa tessuti vanno principalmente al riutilizzo locale, soddisfacendo una domanda di vestiti usati a buon mercato dall’Europa. Ciò che non è idoneo al riutilizzo finisce per lo più in discariche a cielo aperto e flussi di rifiuti informali. In Asia la maggior parte dei tessuti viene indirizzata a zone dedicate dove vengono smistati e lavorati per essere per lo più riciclati in stracci industriali o imbottiture, oppure riesportati per il riciclaggio in altri paesi asiatici o per il riutilizzo in Africa. I tessuti che non possono essere riciclati o riesportati probabilmente finiscono nelle discariche.
Il briefing mostra anche che le sfide relative a queste esportazioni sono ben presenti nelle attuali proposte politiche Ue, la strategia sui tessili sostenibili e circolari, pubblicata nel marzo 2022, lo dimostra. Cionondimeno il problema dovrebbe essere affrontato a monte, rimettendo in discussione modalità e quantità di produzione.
La ricerca EEA per esempio si interroga sui prodotti in fibra a base biologica: offrono un’alternativa “più verde”? Utilizzate nell’abbigliamento e in altri prodotti tessili, sono spesso considerate alternative più sostenibili, ma un nuovo rapporto tecnico del Centro tematico europeo sull’economia circolare dimostra che questo quadro richiede una certa cautela. Sebbene le fibre a base biologica offrano il potenziale per allontanarsi dai tessuti sintetici realizzati in plastica (principalmente derivati da petrolio e gas), causano altre pressioni ambientali, tra cui l’uso dell’acqua e del suolo correlato alle attività agricole, la deforestazione e la lavorazione delle fibre. Inoltre, il rapporto sottolinea che la loro origine biologica non li esonera dalle preoccupazioni ambientali legate alle microfibre, ai rifiuti e alla riciclabilità.