Inquinanti, inefficienti e scarsamente disponibili: i dati di T&E bocciano biofuels ed e-fuels

L’analisi di Transport & Environment evidenzia i limiti dei carburanti biologici e sintetici in termini di emissioni, efficienza, volumi e impatto sulla qualità dell’aria. Carlo Tritto, (T&E Italia): “I governi siano realisti e puntino su politiche efficaci. Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione dei trasporti su strada l’elettrico resta la soluzione migliore”. L'impiego di biouels ed e-fuels dovrebbe  essere limitato ai comparti che non possono essere elettrificati facilmente, come i cosiddetti settori “hard to abate” del trasporto aereo e marittimo

shutterstock.com

Biofuels e combustibili sintetici (e-fuels) non rappresentano una soluzione praticabile per decarbonizzare il trasporto su strada. La piena realizzazione degli obiettivi di neutralità climatica per questo settore, invece, è conseguibile attraverso l’elettrificazione dei veicoli. È questa la conclusione dell’analisi pubblicata mercoledì 22 marzo da Transport & Environment, che giunge nel momento in cui a Bruxelles si riapre il dibattito sul ruolo che diverse tecnologie e vettori energetici potranno avere nella transizione ecologica. Lo studio dell’organizzazione ambientalista mette a confronto biofuels, e-fuels e auto elettrica, analizzando fattori di emissione di gas serra, efficienza, volumi produttivi (capacità di soddisfacimento della domanda) ed emissione di inquinanti locali. 

Biofuels e e-fuels, secondo T&E, mostrano limiti evidenti sotto diversi punti di vista. Nel corso dell’intero ciclo di vita, ad esempio, i veicoli alimentati con questi carburanti generano maggiori emissioni rispetto ai mezzi elettrici. Oltre a creare tensione sul mercato, entrando in competizione con le colture per uso alimentare, i biocarburanti tradizionali, inoltre, possono rilasciare un quantitativo di gas serra fino a tre volte superiore nel confronto con il diesel fossile. Per contro, i biocarburanti avanzati o prodotti a partire da rifiuti e residui sono in grado, in teoria, di ridurre le emissioni fino al 88% rispetto a un carburante fossile.

Questi vettori dunque, non conseguono un obiettivo zero-emission e, osserva T&E, scontano  la limitata disponibilità di quantitativi sostenibili delle materie prime da cui dipendono. Il loro impiego, di conseguenza, dovrebbe  essere limitato ai comparti che non possono essere elettrificati facilmente, come i cosiddetti settori “hard to abate” del trasporto aereo e marittimo.

Sul fronte delle emissioni non è meno netta la bocciatura degli e-fuels, peraltro tuttora inesistenti sul mercato. Essi genereranno, durante il ciclo di vita, il 53% di emissioni in più rispetto ai mezzi elettrici al 2030, anno in cui, secondo i dati dell’industria della raffinazione, gli e-fuels saranno disponibili presso i distributori, arrivando però a rappresentare appena lo 0.4% dell’offerta.

Le auto elettriche invece, già oggi e con l’attuale mix energetico, permettono di ridurre del 69% in media a livello UE (e del 62% in Italia) le emissioni di CO2 lungo il ciclo di vita nel confronto con le auto a benzina. 

Biocarburanti e combustibili sintetici, inoltre, evidenziano significativi problemi di efficienza, palesando rendimenti complessivi molto bassi dal processo di produzione fino alla combustione in un motore endotermico. A parità di chilometraggio, in particolare, alimentare un’auto a biocarburanti o a e-fuels può implicare un quantitativo di energia fino a cinque volte superiore rispetto a quello richiesto da un veicolo elettrico. 

Altro aspetto critico è la scarsa disponibilità di questi combustibili, una caratteristica che  ne pregiudica un impiego significativo nella decarbonizzazione del settore auto. Oggi l’uso in purezza di biocarburanti avanzati o da rifiuti e residui consentirebbe di alimentare appena il 5% del parco circolante italiano (1.9 milioni di auto), quota che potrebbe salire al massimo al 20% (6,9 milioni) nel 2030 se fossero confermate le stime di ENI, che conta di raggiungere una capacità di bioraffinazione annuale di 5 milioni di tonnellate di HVO (Hydrotreated Vegetable Oil) alla fine del decennio. Con la stessa energia e a parità di chilometraggio, osserva lo studio, si potrebbero alimentare già oggi – rispetto ai volumi di produzione attuali – 6.9 milioni di auto elettriche, per poi raggiungere quota 24 milioni, ovvero il 70% del circolante, nel 2030.

Gli e-fuels, secondo i dati diffusi dai loro stessi produttori, costituiranno, come detto, appena lo 0.4% dei carburanti disponibili al distributore nel 2030. La loro incidenza dovrebbe salire al 3% nel 2035 e al 16% nel 2040. Proprio a fronte dei limitati volumi disponibili, conclude T&E, i carburanti sintetici potrebbero essere utilizzati solo per decarbonizzare i cosiddetti settori “hard to abate” come il trasporto aereo e quello marittimo e sarebbero quindi sprecati se usati nelle auto. 

L’analisi, infine, sottolinea il forte impatto di biocarburanti e e-fuels sulla qualità dell’aria nelle città. Durante la combustione nei motori endotermici, infatti, entrambi i combustibili producono livelli di emissione di particolato (PM) e ossidi di azoto (NOx) del tutto simili, se non addirittura superiori, a quelli associati alla benzina fossile. Il loro impiego, in altre parole, non permette di risolvere il tragico problema delle morti premature registrate in Italia a causa dell’inquinamento atmosferico.

Mentre nella UE si riapre il dibattito sul percorso verso il fine vendita delle auto endotermiche nel 2035, alcuni governi, tra cui quello italiano, vorrebbero preservare il principio della neutralità tecnologica”, sottolinea Carlo Tritto, Policy Officer di T&E Italia. “Noi, per contro, riteniamo che occorra applicare prima di tutto i principi del realismo e dell’efficacia delle politiche. Il confronto con i biocarburanti e gli e-fuels in termini di prestazioni energetiche, emissioni e potenziale industriale evidenzia come l’elettrico rappresenti la soluzione migliore per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione in modo più efficace, con minore spesa e maggiore potenziale occupazionale”.

Quella elettrica, ribadisce quindi T&E, è l’auto del futuro. Lo dimostrano gli annunci dell’industria, intenzionata a elettrificare interamente le proprie linee produttive spesso in netto anticipo rispetto alla scadenza del 2035; e lo evidenziano gli oltre 1.200 miliardi di dollari di investimenti annunciati dalle case automobilistiche per la produzione di auto elettriche e batterie. In un contesto di maggiore competizione globale – segnato tanto dalla pressione concorrenziale cinese quanto dalla capacità di attrazione degli investimenti da parte degli Stati Uniti, dopo l’approvazione dell’Inflation Reduction Act – adottare politiche confuse, senza un chiaro indirizzo verso le soluzioni tecnologiche migliori, genera incertezza secondo l’organizzazione ambientalista.

Alla luce di tutto questo, puntare su soluzioni scarsamente disponibili rischia quindi di ritardare il raggiungimento degli obiettivi imposti dall’emergenza climatica: “Le battaglie di retroguardia, quando in gioco ci sono sviluppi tecnologici di grande impatto, si rivelano spesso perdenti” conclude Tritto. “Se il Governo vuole tutelare i posti di lavoro dell’automotive, allora deve capire che il mercato si sta orientando verso l’elettrico  e deve  accompagnare la forza lavoro in quella direzione, affiancando a quella energetica anche una transizione sociale e occupazionale”