Per uscire dall’emergenza l’Unione europea deve ridurre la dipendenza dal gas. Si esprime così Greenpeace alla luce della presentazione da parte della Commissione Europea del piano per ridurre la dipendenza dell’UE dal gas russo, in risposta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e alla conseguente crisi energetica. Secondo l’associazione ambientalista, cercare nuove fonti di importazione di gas fossile o di combustibili alternativi lascerà comunque l’Unione vulnerabile agli shock energetici, accelerando la crisi climatica.
Da quanto emerge da una bozza che è trapelata del piano, la Commissione intende dare la priorità alla diversificazione delle importazioni di gas fossile e all’importazione di altri combustibili come idrogeno e biogas. Il piano esclude la graduale eliminazione dell’uso di gas fossile anche se propone di velocizzare lo sviluppo di fonti rinnovabili e delle misure di efficienza energetica.
«Il vero problema dell’Europa non è la provenienza del gas fossile importato, ma il fatto che ne bruciamo troppo. Le altre fonti proposte dal piano della Commissione, come l’idrogeno e il biogas, ci condannano a un futuro di shock imprevedibili e a bruciare ancora combustibili, aggravando la crisi climatica. Gli sforzi dell’UE devono concentrarsi sulla riduzione della domanda di questi combustibili, accelerando al massimo lo sviluppo di fonti rinnovabili. Solo così potremo ridurre le importazioni non solo di gas dalla Russia, ma anche di petrolio e carbone, e minimizzare l’impatto sui cittadini di questa transizione», commenta Silvia Pastorelli di Greenpeace EU.
In Italia, Elettricità Futura (associazione confindustriale del settore elettrico) ha dichiarato di essere pronta a investire 85 miliardi di euro per installare 60 GW di fonti rinnovabili, con una riduzione del 20 per cento delle importazioni di gas e la creazione di 80 mila posti di lavoro.
«È davvero incredibile che in Italia, dopo aver quasi bloccato per dieci anni lo sviluppo delle rinnovabili, continuiamo a impedire di fatto lo sviluppo dell’unica alternativa sensata e strutturale ai rischi economici e ambientali delle fonti fossili», dichiara Giuseppe Onufrio di Greenpeace Italia. «Invece di inventarsi false soluzioni, come l’aumento delle trivellazioni e nuovi impianti per bruciare gas fossile, il governo dovrebbe cominciare a fare sul serio con la transizione ecologica».
Nel 2019 due quinti delle importazioni europee di gas fossile provenivano dalla Russia, da cui dipendiamo per un quarto delle importazioni di petrolio e per quasi la metà di quelle del carbone. Nel complesso, nel 2020, le importazioni di queste fonti dalla Russia hanno raggiunto un valore di oltre 60 miliardi di euro.
I leader di governo dell’UE si riuniranno giovedì e venerdì prossimo a Versailles (Francia) per discutere ulteriormente le misure per ridurre le importazioni dell’UE di fonti fossili dalla Russia.