In occasione della Giornata Internazionale Rifiuti Zero 2025, che si è celebrata il 30 marzo, le Nazioni Unite lanciano un chiaro appello globale affinché governi, aziende e consumatori adottino modelli sostenibili e circolari, con particolare attenzione al settore della moda e del tessile, tra i più impattanti a livello ambientale e sociale.
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) e l’UN-Habitat, che promuovono congiuntamente questa giornata, è urgente intervenire radicalmente per arginare l’enorme quantità di rifiuti generata ogni anno. Complessivamente, l’umanità produce infatti tra 2,1 e 2,3 miliardi di tonnellate di rifiuti solidi urbani. Se non verranno intraprese misure immediate, avverte l’ONU, questa cifra rischia di aumentare fino a 3,8 miliardi di tonnellate entro il 2050.
L’inquinamento causato dai rifiuti rappresenta oggi una grave minaccia per la salute umana, un peso economico enorme (valutato in centinaia di miliardi di dollari ogni anno) e un fattore che intensifica drammaticamente la crisi planetaria, comprendendo il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e l’inquinamento del suolo.
Il tema scelto per il 2025, “Verso rifiuti zero nella moda e nel tessile”, risponde all’urgente necessità di modificare radicalmente le attuali dinamiche produttive e di consumo della filiera tessile. Il modello lineare basato sulla sovrapproduzione e il consumo eccessivo dell’industria della moda sta causando, infatti, gravi danni ambientali e sociali, sottolineano le Nazioni Unite. Ogni anno vengono generati oltre 92 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, equivalenti a un camion pieno di vestiti inceneriti o mandati in discarica ogni singolo secondo. Un fenomeno reso ancora più allarmante dal raddoppio della produzione di abbigliamento tra il 2000 e il 2015, parallelamente a una riduzione del 36% della durata media d’uso degli indumenti.
A ciò si aggiunge l’uso intensivo di fibre sintetiche derivanti da combustibili fossili, responsabile della diffusione nell’ambiente di microplastiche, sostanze che danneggiano gravemente ecosistemi e salute umana. L’ONU segnala, inoltre, come la maggior parte degli indumenti scartati dai paesi più ricchi finisca nel Sud del mondo, dove sistemi inadeguati di gestione dei rifiuti causano discariche a cielo aperto, incendi tossici e conseguenze devastanti per l’ambiente e per la salute di comunità già vulnerabili.
Di fronte a tale scenario, per raggiungere l’obiettivo ambizioso di zero rifiuti nella moda e nel tessile occorre un cambiamento sistemico profondo. Le Nazioni Unite invitano il settore a ridurre drasticamente la sovrapproduzione, adottare approvvigionamenti responsabili e garantire standard etici lungo tutta la catena produttiva.
Allo stesso modo, sarà fondamentale prolungare la vita utile dei prodotti attraverso la promozione della riparazione, del riutilizzo e del riciclo, oltre che investire in nuove tecnologie e infrastrutture più efficienti per la gestione dei rifiuti tessili. In questo contesto, il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha esortato i governi a ogni livello ad attuare politiche concrete per costruire vere economie circolari, fondate sul recupero, la rifabbricazione, il riutilizzo e soprattutto la prevenzione dei rifiuti stessi.
Per raggiungere questo obiettivo, ha precisato Guterres, è indispensabile un impegno diretto non solo da parte delle istituzioni, ma anche da parte del mondo imprenditoriale, della società civile, delle comunità locali e di ogni singolo cittadino. Solo attraverso uno sforzo collettivo e consapevole sarà possibile transitare verso modelli sostenibili capaci di tutelare l’ambiente, la salute umana e i diritti sociali, ponendo fine al preoccupante spreco di risorse naturali preziose.
Per le Nazioni Unite, affrontare efficacemente la crisi globale dei rifiuti è una responsabilità condivisa, ma anche una grande opportunità per ripensare radicalmente il modo in cui produciamo, consumiamo e viviamo, con un orizzonte di sostenibilità reale e duratura.