Con l’hashtag #peoplenotprofit Fridays for Future lancia il nuovo “Sciopero Globale per il Clima” in programma il 25 marzo, chiedendo a politici e leader mondiali di dare priorità alle persone e non ai profitti e che “vengano garantiti i risarcimenti climatici da parte del Nord del mondo, che ha le maggiori responsabilità” per la crisi climatica in corso. “Questi risarcimenti non dovrebbero essere prestiti, ma finanziamenti per le comunità indigene ed emarginate; per la restituzione delle loro terre, per l’adattamento e le perdite e i danni” spiegano gli attivisti per il clima.
“Lo scenario climatico catastrofico in cui stiamo vivendo – prosegue il comunicato per la manifestazione – è il risultato di secoli di sfruttamento e oppressione attraverso il colonialismo, l’estrattivismo e il capitalismo, un modello socio-economico sostanzialmente imperfetto che deve essere urgentemente sostituito. Un sistema in cui le nazioni ricche sono responsabili del 92% delle emissioni globali e l’1% più ricco della popolazione mondiale è responsabile del doppio dell’inquinamento prodotto dal 50% più povero. Guidati da lotte storiche ed esperienze vissute, guidati dalle persone e dalle aree più colpite (MAPA), chiediamo riparazioni per il clima”.
Fridays for Future chiede delle riparazioni per il clima: “Non come carità, ma come processo di giustizia trasformativa in cui il potere politico tornerà al popolo. Questo non dovrebbe essere sotto forma di prestiti, ma un seguito alle richieste delle comunità indigene, nere, antipatriarcali e diverse emarginate di riavere le loro terre, dando risorse alle comunità più colpite dalla crisi climatica per l’adattamento, la perdita e danni – una ridistribuzione (e nella maggior parte dei casi, collettivizzazione) di ricchezza, tecnologia, informazioni, lavoro di cura e potere politico sia da nord a sud, sia dall’alto verso il basso.
“La lotta per il clima è lotta di classe – aggiungono gli attivisti – per anni la classe dirigente, principalmente attraverso le corporazioni e i governi del nord globale dominati da uomini cis-maschi ricchi, bianchi ed eterosessuali, hanno esercitato il loro potere, conquistato attraverso il colonialismo, il capitalismo, il patriarcato, la supremazia bianca e lo sfruttamento , per distruggere la terra ei suoi occupanti senza rimorsi. Sacrificano deliberatamente gli ecosistemi e i popoli del Sud del mondo per il bene del loro cosiddetto ‘sviluppo’ e della loro eterna ‘crescita economica’. Nel frattempo, la classe operaia viene utilizzata come strumento per costruire il sistema stesso che la sta distruggendo”.
E ancora: “Colonizzatori e capitalisti sono al centro di ogni sistema di oppressione che ha causato la crisi climatica. La decolonizzazione, utilizzando lo strumento delle riparazioni climatiche, è il miglior tipo di azione per il clima. L’1% dei capitalisti più ricchi deve essere ritenuto responsabile delle proprie azioni e dell’ignoranza volontaria. Il loro profitto è la nostra morte. Il loro profitto è la nostra sofferenza. Insieme a diversi settori della società in tutto il mondo, guidati dai più emarginati, riportiamo il potere alle persone il cui potere è stato rubato. Insieme, costruiamo un sistema e una casa in cui diamo la priorità a #PeopleNotProfit”.
“Le persone al potere peggiorano questa crisi con i loro discorsi falsamente ‘verdi’ e le bugie che portano avanti nel nome della ‘Transizione ecologica’. Abbiamo bisogno di una vera azione climatica, ed è per questo che torniamo in piazza” spiega Martina Comparelli, da Milano, una delle portavoce dei Fridays for future italiani. Sofia Gutierrez, dalla Colombia, parlando delle comunità più colpite, avverte: “Non abbiamo tempo per aver paura, ma abbiamo bisogno di reagire, di fermare la distruzione delle nostre comunità devastate dall’attuale sistema estrattivista e di lavorare allo stesso tempo, la paura non può essere sentita quando hai una pistola vicino alla testa per farti lasciare il tuo territorio”. Dalle piazze questa volta verrà chiesto anche di “creare sistemi basati sull’amore, l’empatia e la cura della comunità che mettano al primo posto la cura delle persone piuttosto che il denaro”.