Il 2023 è stato un anno record per l’Italia nell’installazione di capacità di energia rinnovabile: ben 5,7 GW, quasi interamente attribuibili al fotovoltaico (5,2 GW), che fanno salire l’installato complessivo a 69 GW. Un notevole salto in avanti rispetto agli anni precedenti, quando si è arrivati ad appena 1,3 GW, nel 2021, e a 3 GW, nel 2022, e che tuttavia non permette al paese di essere allineato con gli obiettivi di decarbonizzazione fissati per il 2030 (9 GW l’anno di installazioni secondo il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima). Sono questi i dati fondamentali contenuti nel Renewable Energy Report 2024 (RER) redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, presentato mercoledì 29 maggio in ateneo, in linea con quanto certificato anche da Legambiente nel suo Comuni Rinnovabili.
La ragione di questo mancato allineamento, spiega il report del Politecnico, sta soprattutto nella difficoltà a sviluppare il segmento degli impianti di grande taglia, stretti tra le polemiche legate al possibile effetto sul consumo di suolo e su un sistema di aste per le tariffe di remunerazione dell’energia prodotta che non è più in linea con il reale costo degli impianti e con l’andamento di mercato del prezzo dell’energia. Il rischio concreto è che la “vampata” di crescita del triennio 2021-2023 svanisca e con essa molto dell’indotto: fotovoltaico ed eolico infatti hanno contribuito a generare un volume d’affari di 9-10 miliardi di euro nel 2023.
I commenti delle aziende partner del report
“Gli impianti di grande taglia non crescono – conferma Davide Chiaroni, co-fondatore di E&S e responsabile dello studio – sia nel fotovoltaico (gli impianti di piccola taglia sono oltre il 95% delle nuove installazioni e coprono quasi la metà della potenza addizionale) sia nell’eolico, che infatti ha contribuito con soli 500 MW al record del 2023. Ciò accade anche perché le aste fissate dal Decreto ministeriale FER 1 del 2019 non hanno mai rappresentato un vero acceleratore del mercato, nonostante ben 13 bandi aperti da allora: la maggior parte di essi, per una combinazione di fattori quali la complessità e la lungaggine dei sistemi autorizzativi e l’inadeguatezza della base d’asta per le tariffe, sono andati deserti o quasi”.
“Nel 2025-2026 ci attendiamo quindi un forte rallentamento delle installazioni – continua Chiaroni – dovuto ai ritardi normativi nell’approvazione dei decreti incentivanti e delle misure abilitanti necessari agli impianti di grande taglia. Questo ci porta a stimare che nel prossimo biennio non si andrà oltre gli 1-1,5 GW l’anno per il fotovoltaico e ai 400-500 MW per l’eolico, ben distanti dai 7 GW e 2 GW, rispettivamente, imprescindibili per raggiungere gli obiettivi del PNIEC al 2030. È un rischio che non possiamo correre, anche per l’impatto positivo che le rinnovabili hanno sull’economia del Paese: solo nel 2023 hanno contribuito a generare un volume d’affari di 9-10 miliardi di euro, il 60% dei quali, secondo la nostra analisi, rimasto ad aziende localizzate in Italia, e un altro 20% comunque in Europa. Abbiamo oltre 25.000 imprese impegnate in attività legate a sviluppo, gestione e manutenzione degli impianti di rinnovabili o che producono componentistica, dagli inverter agli altri componenti elettrici, a strutture e materali necessari alle installazioni (purtroppo non si può dire lo stesso di elementi fondamentali come moduli e turbine). Senza un impegno continuo e coordinato da parte dei decisori politici, delle istituzioni e degli attori del settore non realizzeremo il nostro pieno potenziale”.
Il valore congruo del Levelized Cost of Electricity per gli impianti fotovoltaici ed eolici di grande taglia
Un aspetto cruciale da considerare è il Levelized Cost of Electricity (LCOE) per gli impianti fotovoltaici ed eolici di grande taglia che secondo l’analisi condotta da Energy & Strategy si attesa tra i 65 e gli 80 €/MWh, nel primo caso, e tra i 90 e i 100 €/MWh, nel secondo. Se però si aggiunge la necessità di remunerazione del capitale di chi fa un investimento di questo tipo, l’LCOEadjusted, ossia il “valore soglia”, perché sia redditizio cresce di altri 5-10 €/MWh per ogni punto percentuale aggiuntivo di costo del capitale da remunerare. Come evidenziato anche in precedenza, non è quindi un caso che con una base d’asta fissata a 70 €/MWh il Decreto FER 1 del 2019 non abbia negli ultimi anni prodotto risultati importanti, e che solo nell’ultima asta, con il valore alzato a 77,6 €/MWh, si sia vista una partecipazione più nutrita di impianti, permettendo l’avvio di progetti – probabilmente in attesa da tempo – per circa 1 GW. Lo stesso problema, se le tariffe di base non verranno aggiustate di conseguenza, potrebbe verificarsi con il nuovo Decreto FER X, di cui si attende a breve l’uscita.
I valori in gioco, poi, devono essere ancora più alti se si vuole supportare lo sviluppo di applicazioni innovative come l’agrivoltaico (che ha un LCOE tra i 95 e i 115 €/MWh per i maggiori costi di investimento) o l’eolico offshore (che registra valori compresi tra 115-135 €/MWh nella configurazione fissa e tra 150-180 €/MWh in quella galleggiante). E non è soltanto la base d’asta del FER X a rappresentare una criticità, sono tanti i punti non chiari della normativa italiana, come i ritardi cumulati dal decreto Aree Idonee e l’incertezza sul futuro del meccanismo dello Scambio sul posto (SSP).
Bisogna infatti prestare attenzione anche agli impianti di taglia piccola e media: quelli fotovoltaici (residenziali, commerciali e industriali) garantiscono una buona redditività anche alle attuali condizioni di mercato, con un ritorno dell’investimento intorno ai 10 anni per le casistiche analizzate. Tuttavia, qualora uno dei principali strumenti incentivanti, ossia lo Scambio sul posto (SSP), dovesse davvero terminare a fine 2024, i risultati di tutti i casi analizzati, specialmente in ambito commerciale e industriale, sarebbero significativamente peggiori: si stima che il tempo di ritorno dell’investimento crescerebbe da 10 a 17-18 anni.
E non bisogna dimenticarsi dell’installato: tra il 2016 e il 2020 la perdita di generazione “reale” degli impianti fotovoltaici in Italia è stata pari all’8%, circa il doppio della degradazione fisiologica. In questo contesto, rifacimenti, potenziamenti e interventi di integrale ricostruzione degli impianti diventano elementi essenziali per la decarbonizzazione. I 13 bandi per i rifacimenti hanno incentivato appena 15 MW circa di capacità eolica, che sale a 210 MW per le aste relative alle ricostruzioni integrali e ai potenziamenti degli impianti. Numeri ancora “risibili” se si pensa che l’installato complessivo del solo eolico supera i 10 GW.