“Il mare, la musica, un territorio incredibile. Vogliamo ripartire da qui, insieme, tra le onde – così aveva parlato Samuel Romano direttore artistico di Eolie Music Fest prima dell’avvio della manifestazione – Dopo l’esperienza del lockdown, che ha coinciso con la produzione del mio album, rinchiuso in uno studio, ho sentito la necessità di spazi aperti. Le Eolie sono speciali: qui le persone non vengono solo in vacanza, vengono qui per dare forma a progetti, studi e ricerche. In tanti scelgono questo luogo per viverci. La mia prima volta nelle Eolie è stata a Stromboli, al Teatro Ecologico, un luogo magico, capace di attirare persone straordinarie, con una visione forte. Per questo il programma di Eolie Music Fest vede protagonisti artisti accomunati da una grande passione, che hanno dimostrato subito la loro disponibilità verso un format nuovo e coraggioso.”
Il coraggio c’è stato e in questa avventura Samuel si è trascinato dietro Marea Eventi, il Ministero della Cultura e quello del Turismo, ENIT, Regione Siciliana Assessorato Sport Turismo e Spettacolo, il Comune di Malfa, il Comune di Lipari, Arpa Sicilia e addirittura la Siae. E forse questa volta la formula “concertino” avrebbe avuto davvero senso.
Scherzi a parte, la prima impressione dell’Eolie Music Fest sembrava un film già visto, qualcosa simile al concerto dei Pink Floyd a Venezia, ovviamente con i dovuti distinguo.
Ma siamo nel 2021 e il mondo dell’organizzazione di eventi è cresciuto come è cresciuta l’attenzione per la sostenibilità e l’impatto ambientale di queste manifestazioni. Già nel 2019 gli stessi Subsonica avevano rivoluzionato (per la media dei concerti italiani) il palco con il concerto del 14 febbraio al Pala Alpitur di Torino e in quell’occasione Cino Bidon aveva constatato l’impegno della band nel ridurre al massimo la “dissipazione energetica” dell’impianto luci rimanendo deluso dalla gestione rifiuti che, ovviamente, non spetta direttamente agli artisti.
Per scoprire cosa si è inventato questa volta Samuel abbiamo chiesto a Caterina Torretta, fondatrice della Marea Eventi e organizzatrice della rassegna musicale svoltasi dal 21 al 30 giugno nell’arcipelago siciliano, di spiegarci quali soluzioni sono state adottate per preservare, tutelare o comunque ridurre l’impatto ambientale della manifestazione.
Partiamo dal palco o meglio dal caicco. Già perché gli artisti si sono esibiti su un inedito palco galleggiante: un caicco (una barca bialbero di origine turca, costruita in legno e lunga 26 metri e nato come barca da pesca e carico). Praticamente un palco orfano dell’impianto luci. Infatti gli eventi in barca si sono svolti al pomeriggio, dalle 16 al tramonto, e così il sogno di Samuel di contenere la dissipazione energetica è diventato più che una realtà non avendo praticamente energia da dissipare. Una scelta importante se si pensa che le Isole Eolie non sono connesse alla rete elettrica nazionale e quindi, nonostante gli importanti impianti fotovoltaici installati nelle isole, l’elettricità viene prodotta prevalentemente con centrali elettriche a gasolio.
Si potrebbe obiettare che l’evento abbia richiamato frotte di fan/turisti e che l’uso di barche a motore da parte degli spettatori ha creato una pressione maggiore sull’ecosistema marino. Senza dimenticare anche l’annoso fenomeno dell’attracco selvaggio che alle Eolie incide negativamente sul fondale ricoperto di posidonia.
Alle Eolie ogni anno arrivano secondo le stime ufficiali circa 700 mila turisti (anche se alcuni studi che si basano sulla produzione rifiuti fanno schizzare questa cifra a più di 1,2 milioni di persone) mentre l’evento in questione è pensato per ospitare poche persone.
Infatti allo spettacolo musicale di apertura del 23 giugno a Lipari gli spettatori paganti sono stati 120 e le altre location non sono state scelte dagli organizzatori ma dalla Capitaneria di Porto, limitando a 80 il numero massimo di barche consentite (compreso il caicco). Un numero davvero irrisorio se si pensa che nel solo mese di agosto circolano circa 33.479 mezzi da diporto nell’intero arcipelago (fonte Regione Sicilia, il dato è del 2004 ma rende l’idea dell’impatto del turismo di massa su queste isole). In totale il festival ha visto una affluenza di pubblico di 5000 persone dal 21 al 30 giugno: 2500 spettatori registrati nell’arco dei 5 live sul caicco (tra pubblico pagante che ha assistito allo show dalle barche turistiche e coloro che hanno preferito noleggiare una barca o partecipare con la propria imbarcazione privata) e altri 2500 fruitori stimati durante gli eventi a terra.
Altro aspetto da tenere in considerazione è quello della produzione di rifiuti che si è cercato di limitare al massimo e, senza farlo a posta, era già in linea con lo spirito della direttiva SUP che sarebbe dovuta entrare in vigore il 3 luglio. Infatti a detta degli organizzatori tutti i bicchieri erano riutilizzabili ed è di fatto stato bandito l’uso di plastica monouso e i pochi prodotti monouso in circolazione erano tutti compostabili.
Ma non è finita qui qui. Infatti il 28 giugno la giornata è stata tutta dedicata all’ambiente con ECO-ISLANDS, una iniziativa che a tutti gli effetti rappresenta una giornata di restituzione e compensazione ambientale per le isole.Una giornata cominciata alle ore 10,30 con una tavola rotonda da Panarea con le associazioni ambientaliste Aeolian Preservation Fund, Filicudi Wildlife Conservation, l’ARPA Sicilia e i partner della manifestazione. A seguire una vera e propria caccia ai rifiuti sulle spiagge Lipari in collaborazione con l’associazione Magazzino Mutuo Soccorso.
L’iniziativa dell’Eolie Music Fest sembra pensata per essere sostenibile ma una precisazione va fatta. Normalmente preferiamo andarci agli eventi e raccontare la loro sostenibilità toccandola con mano, ma non possiamo che strizzare l’occhio a una iniziativa che senza troppo clamore (non è mica il Jova Beach Party) fa del rispetto dell’ambiente una sua priorità. Soprattutto in un momento importante di ripartenza del settore degli eventi che, se non attenzionato, rischia di dimenticarsi dell’ambiente e del relativo impatto perché ritenuto a torto un mero costo da abbattere.