“Il recupero di energia dai rifiuti urbani può contribuire alla crisi energetica legata all’aumento del costo delle materie prime, e aggravata negli ultimi giorni dalla guerra in Ucraina”. Lo sostiene in una nota Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche), che dice: “Realizzando gli impianti di incenerimento con recupero di energia necessari alla corretta gestione dei rifiuti e al raggiungimento degli obiettivi delle direttive sull’Economia Circolare, e valorizzando al contempo tutto il potenziale del biometano dai rifiuti a matrice organica, si otterrebbe un risparmio nelle importazioni di gas dall’estero di quasi il 5%”.
“Attualmente i 37 inceneritori italiani in esercizio producono ogni anno circa 6,7 milioni di MWh (tra energia elettrica e termica) che corrispondono a circa il 2,2% del fabbisogno nazionale. Per poter conseguire gli obiettivi previsti dalle direttive sull’economia circolare (riciclaggio pari ad almeno il 65% e discarica pari al massimo al 10%) sarà necessario realizzare impianti di incenerimento con recupero di energia soprattutto al Centro e al Sud“. Secondo le stime di Utilitalia, il fabbisogno nazionale ulteriore relativo ai soli rifiuti urbani e di derivazione urbana da soddisfare sarà pari a 2,7 milioni di tonnellate. Questi nuovi impianti potrebbero produrre ulteriori 2,5 milioni di MWh/anno. Stimando in 10,69 KWh/Sm3 il potere calorifico del metano, ciò equivale a circa 2,34 miliardi di metri cubi, che sui 76,1 miliardi di metri cubi annui (2021) di consumo in Italia valgono circa il 3% sul totale delle importazioni di gas dall’estero.
Prosegue la nota: “Il PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030) stima che il potenziale di produzione di biometano da rifiuti a matrice organica (da FORSU e scarti agricoli) sia di quasi 1,1 miliardi di metri cubi l’anno (pari al totale dell’attuale consumo di metano nei trasporti, e a circa un terzo del metano estratto nel 2021 da giacimenti nazionali): si tratta di un dato superiore all’1,5% rispetto al totale delle importazioni di gas dall’estero. Di conseguenza, realizzando gli impianti di incenerimento con recupero di energia dai rifiuti e quelli per la produzione di biometano, si otterrebbe un risparmio nelle importazioni di gas dall’estero di quasi il 5%. Con la copertura del deficit impiantistico al 2035, stimato da Utilitalia per 3,2 milioni di tonnellate per il trattamento dell’organico e 2,7 milioni di tonnellate per il recupero eneregetico, il contributo aggiuntivo del biometano dal trattamento della frazione organica da rifiuti e dell’energia elettrica rinnovabile degli inceneritori potrebbe soddisfare rispettivamente le necessità energetiche di circa 230.000 e 460.000 famiglie, pari a circa, rispettivamente, 700.000 e 1,4 milioni di abitanti ogni anno”.
“Senza impianti – spiega Filippo Brandolini, vicepresidente vicario di Utilitalia – non è possibile chiudere il ciclo dei rifiuti in un’ottica di economia circolare. Procedere in questa direzione è fondamentale per centrare i target europei al 2035, per migliorare la qualità ambientale dei territori e per limitare i viaggi dei rifiuti tra regioni che comportano importanti costi economici e ambientali. Ma non solo: il recupero di energia dai rifiuti può contribuire in maniera concreta a ridurre le importazioni di gas. L’aumento dei prezzi delle materie prime e la crisi legata anche alla guerra in Ucraina ci impongono di mettere in campo interventi strutturali, avvalendoci di un ampio portfolio di tecnologie sostenibili che comprenda anche il teleriscaldamento e il biometano”.