“La transizione ecologica costa” ripete da settimane il ministro della medesima, Roberto Cingolani, per giustificare l’aumento dei prezzi del gas fossile e del caro bollette che si prospetta. “Una scusa” rispondono gli ambientalisti e la stessa Commissione Europea, nella figura di Frans Timmermans, che al Parlamento Europeo ha detto chiaramente che se si fosse avviata una vera transizione energetica cinque anni fa, abbandonando progressivamente le fonti fossili, oggi non saremmo in questa situazione.
Giovedì 16 settembre, Cingolani aggiusta il tiro e in un’intervista a Radio anch’io su Rai Radio Uno dice: “La cosa più importante è accelerare sull’installazione di rinnovabili, così ci sganciamo più rapidamente possibile dal costo del gas – come riporta l’Ansa – Stimiamo che il Decreto Semplificazioni porti i giorni necessari per autorizzare un impianto per energia rinnovabile da 1200 giorni a circa un quinto. Sulle bollette dell’energia c’è da mitigare l’aumento del trimestre, che c’è in tutto il mondo, e all’80% dipende dall’aumento del gas. Poi c’è da mettere in piedi un intervento più strutturale. Bisogna ragionare su come è costruita una bolletta, va riscritto il metodo di calcolo. Lo stiamo facendo in queste ore”.
Una spiegazione che tuttavia non soddisfa gli ambientalisti, anzi. Come spiega il direttore di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio, è vero che “il prezzo del gas fossile oscilla di continuo, ma questa impennata – che riguarda l’intera Europa – è dovuta a diversi fattori” tra cui “una forte ripresa dell’economia” e “una contestuale riduzione delle forniture dalla Russia, non si sa se per ragioni tecniche o se legate alla polemica sul gasdotto Nordstream. Di certo c’è che il prezzo del gas, e dunque dell’elettricità prodotta con questo combustibile fossile, è schizzato alle stelle. Ma, va ricordato, il prezzo della componente energia influenza le bollette per circa il 50 per cento. In Italia le rinnovabili, dopo un breve momento di boom, sono state ‘frenate’ proprio perché avevano invaso quote di mercato che erano coperte dalla produzione di elettricità da gas fossile”.
“Per raggiungere i nuovi obiettivi europei di riduzione delle emissioni di gas serra e di quota prodotta con le fonti rinnovabili” – aggiunge Onufrio – avremmo dovuto installare già da tempo 6-7 GW all’anno, dunque fare come nel biennio 2011-2012. Invece, da circa dieci anni, andiamo a rilento. Uno scenario energetico commissionato da Greenpeace Italia dimostra che è possibile portare il Paese a emissioni zero con uno piano di sviluppo sostenuto dalle fonti rinnovabili, mentre il consumo di gas può diminuire e progressivamente arrivare a zero nel 2040. Ma questa prospettiva non è ovviamente gradita ad aziende come ENI, che continuano a fare della ricerca di nuovi giacimenti di petrolio e gas la loro attività principale”.
Greenpeace e altri ambientalisti dicono in sostanza che le argomentazioni di Cingolani, riprese quotidianamente da tutti i media, siano una scusa per non avviare una reale transizione energetica: “Una campagna di sbarramento che ha come obiettivo fermare tutto. L’inazione è la nuova forma di negazionismo climatico: lasciare le cose come stanno, e dunque gas fossile e petrolio al centro del sistema energetico, per bloccare ogni serio cambiamento. Tutto questo nonostante nel PNRR, almeno a parole, l’Italia dica di voler dare una spinta seria alle rinnovabili”.