Negli ultimi cinque anni il numero di discussioni, dibattiti e articoli legati all’economia circolare è quasi triplicato, eppure il tasso di circolarità globale è sceso dal 9,1% al 7,2%. È quanto emerge dal Circularity Gap Report 2024, lanciato a fine gennaio dalla Circle Economy Foundation. Il rapporto “passa dalla teoria all’azione” identificando come i tre principali fattori abilitanti della politica, della finanza e del lavoro possono invertire questa tendenza e “guidare il progresso sostenibile in tutto il mondo”.
Negli ultimi cinque anni l’umanità ha consumato ben 500 miliardi di tonnellate di materiali, quasi pari a quanto consumato durante l’intero XX secolo. Il tasso di circolarità globale è sceso costantemente, passando dal 9,1% del 2018, quando la Circle Economy Foundation ha iniziato a misurarlo, fino al 7,2% del 2023. Ciò significa che stiamo consumando più materiali vergini che mai, mentre il consumo delle materie prime-seconde è in calo.
“Accelerare il progresso verso un’economia circolare significa affrontare le cause profonde degli impatti lineari e cambiare le regole del gioco” dice il rapporto, che delinea come le riforme politiche, finanziarie e occupazionali possono rimodellare i sistemi globali per promuovere la circolarità.
“Sfruttando il Circularity Gap Report, gli addetti ai lavori possono stabilire le priorità della loro tabella di marcia circolare con un’analisi basata sui dati. I politici, i leader del settore e le istituzioni finanziarie possono concordare le aree di interesse e lavorare in collaborazione sul cambiamento sistemico necessario per rimanere entro i confini del nostro pianeta”, afferma Ivonne Bojoh, CEO della Circle Economy Foundation. “Per garantire che la transizione verso un’economia circolare sia giusta ed equa, è necessario progettare soluzioni circolari pensando alle popolazioni più vulnerabili del mondo, in modo da ridurre le disuguaglianze tra la forza lavoro e aumentare le opportunità di lavoro in tutto il mondo”.
In definitiva, il rapporto propone una strategia per liberarsi da pratiche economiche imperfette, note per essere sfruttatrici a livello sociale e ambientale. Ciò richiede “lo sblocco di capitali, l’attuazione di politiche coraggiose e adeguate al contesto e la chiusura del divario di competenze sostenibili e circolari”.
Paesi ricchi, a reddito medio e poveri
“I paesi ricchi potrebbero ottenere il massimo impatto adeguando le normative nei settori dell’edilizia e della produzione – suggerisce il rapporto – . Gli esempi includono l’incentivazione dell’ammodernamento e del riutilizzo degli edifici (e dei loro componenti e materiali), lo sviluppo di certificazioni e garanzie per i materiali da costruzione secondari, la definizione di standard per la durabilità dei prodotti e il rafforzamento della legislazione sul diritto alla riparazione”.
“Nei paesi a reddito medio invece, la promozione dell’agricoltura e della produzione circolare dovrebbe essere una priorità assoluta. I governi locali potrebbero, ad esempio, imporre e far rispettare divieti pubblici e limiti all’inquinamento, imporre schemi di responsabilità estesa del produttore e richiedere una quantità minima di materiali recuperati per tutta la nuova produzione, indirizzando i fondi all’agricoltura rigenerativa”.
“I paesi a basso reddito infine, potrebbero dare priorità allo sviluppo sostenibile attraverso politiche circolari nell’edilizia e nell’agricoltura. Questi includono la riduzione del debito e il miglioramento dell’accesso allo sviluppo e al capitale di transizione, garantendo i diritti dei piccoli agricoltori e incentivando l’uso di materiali locali, organici e secondari nelle costruzioni”.
Infine lo studio sottolinea “la necessità di consentire una transizione giusta colmando il divario di manodopera e competenze”. Ciò significa che i programmi di studio, soprattutto quelli dell’istruzione professionale, dovrebbero includere discipline e competenze “verdi”. I corsi a breve termine potrebbero essere una soluzione per soddisfare la domanda immediata e crescente di lavori verdi, dai tecnici delle energie rinnovabili agli specialisti delle riparazioni.
Inoltre, i paesi in via di sviluppo potrebbero formalizzare l’occupazione informale e concentrarsi sul rendere i lavori emergenti dignitosi, inclusivi e ben retribuiti per garantire una transizione giusta per tutti.
Leggi il rapporto su https://www.circularity-gap.world/2024