“La nostra mentalità nazionale tende spesso a occuparsi dei problemi solo quando succedono, ma poiché ormai non si può più parlare di imprevedibilità del rischio idrogeologico, il messaggio fondamentale che l’ASviS vuole dare con questo policy brief è quello di cercare di invertire questa tendenza, spendendo meglio e di più per la prevenzione, e che, in caso di ricostruzione, questa deve seguire il concetto della resilienza trasformativa”. Con questa introduzione Walter Vitali, co-coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 11 “Città e comunità sostenibili”, ha aperto l’evento di presentazione del policy brief dell’Alleanza “Politiche di prevenzione e contrasto al dissesto idrogeologico. Proposte per un approccio integrato”, tenutosi il 4 marzo a Palazzo Chigi.
Subito dopo a prendere la parola è stato Fulvio Bonavitacola, vicepresidente e assessore all’Ambiente della Regione Campania e coordinatore della Commissione infrastrutture della Conferenza delle Regioni e delle Provincie autonome, che ha parlato della necessità di stabilire una scala di priorità degli interventi “perché non possiamo mettere in sicurezza tutto il territorio italiano”. L’assessore ha insistito sull’importanza di creare una catena di comando che faccia capo alle Regioni, ma affiancate da strutture di supporto tecniche, e sull’opportunità di utilizzare l’accordo quadro Stato-Regioni quale strumento flessibile che non richiede preventivamente di avere già tutti i progetti definiti, ma prevede un disciplinare da seguire.
Paola Mercogliano, esperta del Cmcc, il Centro euro-mediteranno per i cambiamenti climatici, ha ricordato che ormai “la ricerca sui cambiamenti climatici è in grado di dare delle priorità e quindi di supportare chi deve dare attuazione a questi adattamenti sul territorio, perché oggi sappiamo individuare le zone precise dove gli eventi estremi si verificheranno. Ma per essere efficaci, occorre un programma di monitoraggio e finanziare enti che fanno l’allertamento, perché è necessario coinvolgere la popolazione attraverso l’informazione.”
Rischio idrogeologico in Italia, senza prevenzione costi triplicati in 13 anni
Sismi, alluvioni, dissesto: nel tempo i costi dell’inazione sono aumentati, come dimostrano i dati Ance-Cresme. Piani di adattamento climatico e soluzioni basate sulla natura possono aiutare le città a prepararsi al futuro. 21/12/23
A seguire è intervenuto anche il Commissario delegato per Ischia Giovanni Legnini, il quale ha sottolineato come “la durata del ciclo degli interventi in media è di cinque anni: sono troppi. Se gli eventi sono prevedibili, non ci possiamo permettere questi tempi. Serve più protezione e meno ricostruzione”. Il Commissario ha anche posto l’accento sulla necessità di rivedere l’assetto normativo: “io non penso che le norme risolvano tutto, ma noto che il nostro ordinamento ha troppi aspetti di inadeguatezza” sul tema.
Prima di lasciare la parola al ministro Nello Musumeci, titolare della Protezione civile e delle politiche del mare, Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, ha ricordato brevemente alcune delle proposte riportate nel Policy brief: un testo unico in materia di mitigazione del rischio idrogeologico; un sistema assicurativo obbligatorio sia per il settore delle imprese che per quello residenziale, “anche se c’è il rischio di una ‘giungla’ delle assicurazioni perché non è facile ‘prezzare il rischio’”; un ‘censimento intelligente degli interventi’, che stabilisca delle priorità; l’utilizzo del fondo rotativo; una conferenza dei servizi tra Stato, Regioni e un soggetto tecnico; stabilire una responsabilità primaria; adottare una standardizzazione dei procedimenti di intervento; pianificare; ricostruire secondo il principio di resilienza trasformativa, ma “serve informare la popolazione, non si può pensare di ricostruire tutto subito, serve spiegare bene alle persone il messaggio onde evitare che scatti una reazione di ‘protezione’”.
Infine le parole del ministro Musumeci: “L’obiettivo essenziale è pianificare prima ancora di intervenire [quando non si è in emergenza, ndr], con 100 interventi, 100 infrastrutture strategiche di carattere nazionale, identificati dalle Autorità di bacino che sono quelle che conoscono meglio i territori. […] E poi occorre una sub-pianificazione di infrastrutture a livello locale, meno strategiche, che possono essere gestite dalle Regioni”. Il ministro ha poi ricordato le diverse criticità che interessano le azioni di prevenzione: innanzitutto la frammentazione delle risorse e una confusa ripartizione delle competenze, in quanto sono ben sette i ministeri e i soggetti incaricati di messa in sicurezza dei territori; in secondo luogo una mancata trasparenza dei dati e una conseguente lacuna informativa degli interventi realizzati o in corso di realizzazione; i tempi necessari alla Tesoreria dello Stato per erogare risorse di fronte alle emergenze; la presenza di un “problema culturale”, ovvero la difficoltà di far passare il messaggio dell’importanza della messa in sicurezza dei territori alle comunità locali. Secondo Musumeci serve quindi una piattaforma unica che raccolga i dati sugli interventi; restituire l’adeguata dignità istituzionale alle Autorità di bacino, pur restringendone i confini attualmente troppo ampi e di conseguenza inefficaci; coinvolgere le comunità locali, formandole e informandole adeguatamente su come comportarsi in casi di emergenza. “A conclusione di quest’evento mi prendo l’impegno di lavorare al Testo unico con tutti i ministri interessati, abbiamo bisogno di snellire alcune procedure, di omologarle laddove possibile […]. Anticipo che noi chiederemo ad ASviS di collaborare nell’elaborazione di alcuni nostri progetti di legge perché per il legislatore è importante avere a disposizione degli esperti”.