Il 20 febbraio a Bruxelles si decidono le sorti della nuova Direttiva europea sulla Qualità dell’aria ambiente, con la riunione del trilogo composto da Consiglio, Parlamento e Commissione Ue, che deve trovare un’accordo sulla revisione della norma.
Le posizioni sembrano piuttosto distanti. La Commissione ha proposto di rivedere la legislazione introducendo un obiettivo di inquinamento zero al 2050 e standard di qualità dell’aria per il 2030 che siano più vicini – anche se non in linea – alle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità.
I governi invece vorrebbero periodo di transizione che potrebbe ritardare l’attuazione dei nuovi limiti fino al 2040. Il Parlamento ha indicato che prenderebbe in considerazione la possibilità di un periodo transitorio di dieci anni se l’esenzione fosse accompagnata da “condizioni molto più rigorose” e misure di salvaguardia. Anche altre questioni, come la durata dell’elaborazione dei piani, dell’attuazione e dell’aggiornamento, dividono i colegislatori.
E l’Italia che fa? Come denunciato più volte dagli ambientalisti, il governo Meloni sostiene il rinvio al 2040 dei nuovi limiti. “Un rinvio che verrebbe invocato per la Pianura Padana dove da decenni le politiche pubbliche hanno mancato di affrontare con misure adeguate e efficaci e che farebbe dei cittadini padani cittadini di serie B, – sottolinea Cittadini per l’Aria – con un diritto alla tutela della salute affievolito rispetto al resto d’Europa. In Italia, la cattiva qualità dell’aria è responsabile di oltre 70.000 morti premature per il Pm2.5 e oltre 30.000 per l’NO2. Le morti premature in Italia rappresentano 1/5 della mortalità totale in Europa. Una situazione che impone azioni decise e urgenti per proteggere la popolazione”.
“Quella di domani – aggiunge la onlus – rappresenta un’opportunità unica per dare a milioni di cittadini Europei e al nostro paese una qualità dell’aria che non sia nociva per la salute umana, per l’ecosistema e il nostro patrimonio artistico. E per ridurre al più presto il danno economico che questo problema ambientale rappresenta”.
Secondo l’ultima valutazione sulla qualità dell’aria effettuata dall’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) pubblicata il 24 novembre, in Europa l’inquinamento atmosferico è ancora ben al di sopra dei livelli raccomandati dall’Organizzazione mondiale della Sanità e rappresenta un rischio significativo per la salute. “Sono 253.000 i decessi nell’Unione che si sarebbero potuti evitare se le concentrazioni di particolato fine fossero state conformi alle raccomandazioni dell’Oms – scrive l’EEA -. In base alle nuove stime sugli effetti sulla salute, l’esposizione all’inquinamento atmosferico causa o aggrava alcune malattie quali il cancro al polmone, cardiopatie, asma e diabete”.
“Tra il 2005 e il 2021 il numero di decessi nell’UE attribuibili al particolato fine (PM2,5), uno degli inquinanti atmosferici più dannosi, è diminuito del 41%. – ha aggiunto l’EEA – Tuttavia, l’inquinamento atmosferico continua a rappresentare il principale rischio ambientale per la salute degli europei (seguito da altri fattori quali l’esposizione al rumore, alle sostanze chimiche e ai crescenti effetti sulla salute dovuti alle ondate di calore) ed è responsabile di malattie croniche e decessi, in particolare nelle città e nelle aree urbane”.