Lo scorso settembre la Commissione europea ha annunciato il piano d’azione sulle materie prime critiche, ovvero di tutte quelle materie prime che rivestono un’importanza economica decisiva, ma non possono essere prodotte in modo affidabile all’interno dell’UE e devono quindi essere in larga misura importate. In particolare per quanto riguarda le materie prime importanti per lo sviluppo della digitalizzazione e per le tecnologie orientate al futuro, l’Unione europea è fortemente dipendente dalle importazioni da altri paesi Ogni tre anni la Commissione pubblica una lista di materie prime “critiche” e, se nel 2011 la lista comprendeva solo 14 nomi nel 2020 sono diventate 30 le materie prime critiche, alcune delle quali come il litio e il cobalto stanno diventando sempre più importanti nel settore energetico (qui l’elenco delle materie prime). Allo strumento del Piano d’Azione la Ue ha messo in campo l’Alleanza europea per le materie prime, con l’obiettivo di riunire l’industria, gli Stati membri, le regioni e la società civile per ridurre la dipendenza dell’Europa dall’approvvigionamento di materie prime critiche provenienti da paesi terzi.
Per continuare a garantire lo stock europeo di materie prime critiche, anche gli enti locali e regionali dovrebbero avere un ruolo cruciale, data la necessità di potenziare l’estrazione di materie prime all’interno dell’UE e di migliorare il riciclaggio delle materie prime critiche. A questo link è possibile leggere, in italiano, le raccomandazioni contenute nel parere sul piano d’azione sulle materie prime critiche).
In quest’intervista Isolde Ries, prima vicepresidente del parlamento regionale del Saarland, risponde a cinque domande sul suo parere riguardante il piano d’azione sulle materie prime critiche, la cui adozione è prevista durante la sessione plenaria del Comitato europeo delle regioni che si terrà online dal 17 al 19 marzo,
Il Suo parere tratta soprattutto di come garantire il futuro stock di materie prime critiche nell’Unione europea. Quali misure concrete dovrebbero essere adottate dall’UE per proteggere le catene di approvvigionamento delle materie prime critiche e renderle meno dipendenti dai paesi terzi?
Dal punto di vista economico, è giusto e importante che il Comitato europeo delle regioni si pronunci riguardo alla comunicazione della Commissione sulla resilienza delle materie prime critiche, pubblicata all’inizio di settembre dello scorso anno. Le economie moderne con catene del valore lunghe non possono funzionare nel tempo senza un approvvigionamento di materie prime che sia sicuro, competitivo e rispettoso dell’ambiente. Dobbiamo ridurre la dipendenza dell’UE dalle materie prime critiche attraverso un uso più efficiente delle risorse, lo sviluppo di prodotti sostenibili e l’innovazione. Occorre sostenere politicamente e finanziariamente l’estrazione interna di materie prime nell’UE, e diversificare l’approvvigionamento dai paesi terzi. Le norme ambientali e sociali, ma anche la tracciabilità delle catene di approvvigionamento e distribuzione, devono essere garantite attraverso accordi internazionali. Sono inoltre favorevole alla creazione di un’Alleanza europea per le materie prime, proposta dalla Commissione europea, cui parteciperebbero rappresentanti dell’industria, della ricerca, degli Stati membri e della società civile. Quest’iniziativa può dare un valido contributo alla promozione del know-how tecnico, delle innovazioni e degli investimenti.
In che modo l’Unione europea può contribuire a una maggiore responsabilizzazione nelle catene di approvvigionamento delle materie prime e a un migliore utilizzo di queste ultime?
È fuor di dubbio che le catene di approvvigionamento delle materie prime presentino delle carenze. Abbiamo bisogno di approcci strategici, come ad esempio la costituzione di scorte adeguate, per evitare interruzioni della produzione e dell’approvvigionamento. Occorre inoltre prevedere fonti alternative di approvvigionamento, nonché creare partenariati più stretti tra le parti interessate del settore delle materie prime critiche. Tuttavia, la cooperazione con i partner deve anche essere collegata a un approvvigionamento responsabile. L’elevata concentrazione dell’offerta in paesi con standard sociali e ambientali più bassi non solo rappresenta un rischio per la sicurezza dell’approvvigionamento, ma può anche aggravare i problemi sociali e ambientali. Occorre pertanto puntare innanzitutto a concludere accordi internazionali a livello dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) volti a garantire un elevato livello di trasparenza delle catene di approvvigionamento e di distribuzione. La conclusione di tali accordi dovrebbe essere seguita quanto prima da negoziati sul miglioramento sistematico di questi standard.
Come aumentare l’efficienza dell’uso delle materie prime e migliorare l’economia circolare nei processi di produzione?
Il miglioramento dell’efficienza nell’uso delle materie prime e nei successivi processi di produzione è naturalmente molto importante, in quanto consente di conciliare al meglio gli obiettivi di competitività e di sostenibilità ambientale. Molto spesso, in Europa, dietro al termine “rifiuti” si celano risorse preziose e materie prime critiche. I materiali riciclati dovrebbero pertanto essere utilizzati in misura molto maggiore per ridurre l’uso di materie prime primarie e critiche. Quest’invito è rivolto contemporaneamente ai produttori, ai distributori e ai consumatori.
Quale ruolo possono svolgere le città e le regioni, in particolare le regioni minerarie europee, per aumentare l’estrazione di materie prime nell’UE?
Gli enti regionali e locali svolgono un ruolo chiave nel piano d’azione della Commissione europea sulle materie prime. Essi dispongono, ad esempio, di poteri di autorizzazione e vigilanza per i progetti industriali ed economici relativi alle materie prime, ed è livello locale che si situano la creazione di valore e l’occupazione associati all’estrazione di materie prime. Lo stesso vale, peraltro, anche per i progetti di ricerca e sviluppo.
In quanto esponente politica del Saarland, una regione in cui tradizionalmente l’attività estrattiva è fortemente radicata, tengo in particolare a sottolineare i seguenti aspetti: proprio le ex regioni minerarie e quelle ancora attive dispongono delle competenze tecniche necessarie per estrarre materie prime, e tali competenze dovrebbero continuare ad essere utilizzate anche in futuro. Certo, non è facile oggi riavviare l’estrazione di materie prime in superficie o nel sottosuolo, in quanto la popolazione locale mostra una sempre maggiore resistenza nei confronti dei progetti minerari. A tale riguardo dobbiamo aumentare, presso i cittadini, l’accettazione di questi progetti attraverso l’istruzione e l’informazione. Gli effetti negativi sull’ambiente devono essere il più possibile evitati o ridotti al minimo.
Quali insegnamenti si possono trarre dalla pandemia di COVID-19 e dai mesi di confinamento, che hanno rivelato la vulnerabilità di alcuni settori chiave?
La crisi della COVID-19 ha mostrato che, per le materie prime critiche, l’Europa è ampiamente dipendente dai fornitori di paesi terzi e che le interruzioni dell’approvvigionamento possono avere un impatto negativo sulle catene del valore industriali e su altri settori. In Europa le materie prime critiche sono necessarie in molti settori chiave, come, ad esempio, quello automobilistico, siderurgico, aeronautico, informatico, sanitario o delle energie rinnovabili. Prodotti e tecnologie orientati al futuro, quali la mobilità elettrica, la digitalizzazione, l’industria 4.0 e la transizione energetica, stanno trasformando e aumentando il fabbisogno di materie prime. Dobbiamo essere ben consapevoli che il Green Deal dell’UE non sarà possibile senza l’uso di materie prime critiche.