La proposta contenuta nello schema di decreto Rinnovabili (cosiddetto Ferx) del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ha diversi pregi, ma generalizzare lo strumento dei Contratti per Differenza (CfD) per tutti gli impianti di produzione di elettricità verde potrebbe disincentivare gli investimenti rivolti al mercato, come ad esempio gli impianti remunerati sui mercati all’ingrosso dell’energia oppure tramite contratti PPA. È quanto sottolinea Althesys, società di consulenza strategica indipendente specializzata nei settori energetici e ambientali, nel rispondere alla consultazione del ministero sui prossimi “incentivi per gli impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività di mercato”.
Al cuore della consultazione, che si è conclusa oggi (lunedì 25 settembre, ndr), c’erano due tipi di contratti per differenza a due vie: uno centralizzato e l’altro decentralizzato. Nel primo, lo Stato imporrebbe quantitativi di energia, localizzazione e tipo di impianti rinnovabili da installare attraverso procedure competitive dal 2024 al 2028. Nel secondo tipo di contratto, il suo ruolo sarebbe limitato a definire le quantità di energia e la localizzazione, mentre gli operatori sarebbero responsabili della scelta delle tecnologie, affidandosi ai costi minori, alla migliore efficienza e ai tempi più veloci consentiti dal mercato e dal principio di neutralità tecnologica.
“La bozza di decreto Ferx sui contratti per differenza per sostenere gli investimenti nelle rinnovabili – spiega Alessandro Marangoni ceo di Althesys – è sicuramente un passo avanti rispetto al precedente decreto Fer1, perché cerca di superarne alcuni limiti che ne avevano determinato l’insuccesso parziale. Tuttavia, è necessario gestire con attenzione l’equilibrio tra costi, rischi e obiettivi climatici al fine di garantire un futuro energetico sostenibile, dando certezze di medio-lungo periodo, e lasciando al contempo spazio a strumenti di mercato. Bisogna, poi, creare le condizioni perché gli investimenti previsti (che già sono molto consistenti) possano essere realizzati in tempi certi e brevi. Ciò che ancora oggi spesso non avviene a causa di complessità nei processi autorizzativi”.
L’insieme dei tre fattori (costi, rischio, clima), spiega ancora l’economista, rende anche evidente che la generazione è solo una parte nel disegno di una strategia di decarbonizzazione, strategia che richiede anche ingenti investimenti in infrastrutture, reti e accumuli. Le scelte non possono pertanto più basarsi solo sull’analisi del LCOE, cioè del costo per produrre il chilowattora, ma devono valutare l’intero costo “franco destino, cioè al punto di consumo”. È un concetto che Althesys sostiene da tempo e simile a quello di VALCOE introdotto dall’Agenzia internazionale dell’energia. La sfida è trasferire questo concetto, che è di sistema, nelle scelte di investimento degli operatori.