Decarbonizzare le costruzioni, la nuova sfida del settore edilizio nel report di Legambiente e Kyoto Club

Presentato ad Ecomondo il report si concentra su norme e buone pratiche: oltre il 50% delle emissioni di carbonio delle costruzioni tra 2020-2050 sarà dovuto alle fasi di trasporto dei materiali e di cantiere. Ristrutturarli, anziché edificarne di nuovi, fa risparmiare fino al 75% di CO2. In Italia manca una normativa sul carbonio incorporato per tutti gli edifici, mentre la richiesta di materiali da costruzione ha pesanti impatti ambientali e paesaggistici

ANSA/ DANIELE MASCOLO

Quando si parla di emissioni di COin edilizia, il riferimento principale è a quelle derivanti dall’utilizzo degli edifici, siano essi residenziali, commerciali o per uffici: quasi nessuno menziona, invece, il concetto di carbonio incorporato che include le emissioni derivanti dall’origine dei materiali da costruzione, il loro trasporto e le fasi di gestione del cantiere. Eppure, stima il Green Building Council, oltre il 50% delle emissioni globali di carbonio di tutte le nuove costruzioni tra il 2020 e il 2050 sarà dovuto proprio al carbonio incorporato negli edifici. Per ovviare a una scarsa diffusione di informazioni, ma anche per creare una rete e spingere il nuovo Governo ad agire concretamente su un tema cruciale, Legambiente e Kyoto Club firmano insieme un nuovo report dal titolo “Il settore edilizio verso una nuova sfida: la decarbonizzazione delle costruzioni”, presentato negli spazi di Ecomondo a Rimini, in cui fanno il punto sulla situazione normativa e sulle migliori pratiche già in atto in Italia e all’estero.

Accelerare la decarbonizzazione degli edifici in tutte le fasi e componenti, sostengono le due associazioni, è un punto chiave per raggiungere gli obiettivi climatici al 2050. Benché il settore delle costruzioni sia tra quelli che più contribuiscono alle emissioni climalteranti, nel nostro Paese manca la consapevolezza delle fasi in cui un edificio emette gas climalteranti. In parallelo, bisogna considerare il concetto di embodied energy (energia incorporata) che misura l’impatto energetico dell’edificio, ossia l’energia che include le fasi di estrazione delle materie prime, il trasporto, la manifattura, l’assemblaggio, l’installazione della componentistica e il fine vita dell’edificio stesso.

Secondo la Commissione europea, il settore delle costruzioni è responsabile da solo del 40% della domanda di energia primaria nell’Ue e del 36% delle emissioni di gas serra. In Italia, nello specifico, il comparto contribuisce per il 27,9% alla domanda di energia e per il 24,2% alle emissioni climalteranti. Senza tenere conto degli impatti paesaggistici e ambientali dovuti alla richiesta di materiali da costruzione, specie in Italia dove si trovano materiali litoidi di particolare pregio, con 4.168 cave autorizzate, 14.141 dismesse o abbandonate, e dove si estraggono ogni anno 29 milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia (Rapporto Cave 2021 Legambiente), cui aggiungere 26,8 milioni di metri cubi di calcare e 6,2 milioni di pietre ornamentali.

Tra i passaggi fondamentali da considerare, c’è la riqualificazione degli edifici che consente di risparmiare fino al 75% di emissioni rispetto a una nuova edificazione, specie nel caso in cui fondamenta e strutture rimangano intatte. Anche l’utilizzo di miscele cementizie a basso contenuto di CO2 può contribuire in maniera significativa a ridurre le emissioni, grazie a materiali come ceneri leggere, argilla calcinata o calcestruzzo riciclato. Fondamentale, poi, la massimizzazione dell’efficienza della struttura portante, la parte maggiormente responsabile delle emissioni di CO2 incorporate. Tra i sistemi che hanno spinto all’abbassamento delle emissioni climalte­ranti nel settore, il report Legambiente-Kyoto Club segnala poi la certificazione CasaClima Nature che certifica un edificio non solo a livello energetico, ma anche in relazione agli impatti sull’ambiente, sulla salute e il benessere delle persone che vi abitano.

Carbonio ed energia incor­porata sono due parti cruciali del ragionamento verso un settore edile con impatti ambienta­li sempre più ridotti e il progressivo azzeramento delle emissioni di CO2. L’obiettivo principale di questo nuovo rapporto redatto con Kyoto Club è quello di portare all’attenzione delle agende politiche un tema di cui si parla troppo poco e di costruire una rete di associazioni, imprese, amministrazioni e istituti scientifici che spinga il nuovo Governo ad agire in maniera sistemica sul tema, stabilendo obiettivi e standard minimi nel solco di un percorso già iniziato a livello europeo – dichiara Katiuscia Eroe, responsabile Energia di Legambiente – Al contempo, vogliamo diffondere le informazioni e le innovazioni tecniche che si stanno già portando avanti in diverse realtà italiane e nel resto del mondo, replicabili attraverso la fissazione di obiettivi intermedi, come avviene in molti Paesi, e l’adozione di una normativa nazionale di riferimento sul carbonio incorporato che contempli tutti i cantieri e gli edifici, pubblici e privati”.

“Gli edifici in tutta l’UE rappresentano il 40% dell’energia totale consumata, mentre le emissioni “incorporate” contribuiscono tra il 10% e il 20% dell’impronta di carbonio totale. Il comparto edile entro il 2050 dovrà diventare climaticamente neutrale ed è proprio su questo punto che Kyoto Club e Legambiente insistono affinché ci possa essere una maggiore presa di coscienza dei decisori politici”, sostiene Sergio Andreis, Direttore di Kyoto Club.

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Norme, lo stato dell’arte in Europa e in Italia. In Europa la normativa per la valutazione dell’energia e del carbonio incorporati negli edifici è la EN 15978:2011 che indica le fasi necessarie a realizzare un edificio e suddivide gli impatti relativi ai livelli di carbonio incorporato in iniziali, ricorrenti e di fine vita, di recupero. Un altro dei punti fondamentali di intervento è la revisione del Regolamento sui Prodotti da Costruzione, che stabilisce i requisiti d’informazione obbligatoria sulle emissioni incorporate nei materiali da costruzione: una prima discussione, al riguardo, si è tenuta il 15 giugno scorso. Obiettivo principale è realizzare un mercato unico ed efficiente per i materiali da costruzione e contribuire alla transizione verde e digitale.

Molto si sta già facendo a livello di singoli Stati, ad esempio in Francia, dove la normativa richiede che tutti i nuovi edifici pubblici siano costruiti con almeno il 50% di legno o altri materiali naturali a base biologica realizzata con materia da organismi viventi come canapa e paglia, o nei Paesi Bassi, dove dal 2013 è in vigore un Decreto che richiede il calcolo delle emissioni climalteranti, incluso il carbonio incorporato, per tutti i nuovi edifici residenziali e gli uffici di oltre 100 metri quadri. In Italia, da alcuni anni, sono stati introdotti i Criteri Ambientali Minimi obbligatori in diversi ambiti, compreso quello delle costruzioni edili: un riferimento importante per contribuire alla decarbonizzazione del settore e a una maggiore trasparenza sui dati e sulla provenienza dei materiali che, però, al momento interessa solo i cantieri pubblici e che necessiterebbe di richieste più coraggiose, secondo Legambiente e Kyoto Club.

Tra gli esempi positivi in ambito nazionale, c’è Bologna che ha stabilito incentivi per la sostenibilità degli interventi edilizi e fissato livelli prestazionali migliorativi: con un rapporto di almeno il 15% tra il volume di inerti provenienti da impianti di recupero (o di riutilizzo in sito) e il volume totale degli inerti, si ottiene un ampliamento del 10% del volume utile; con un rapporto che supera il 35% si può ottenere un ampliamento del 20% del volume totale. A Prato il Regolamento edilizio prevede l’erogazione di incentivi, con un sistema a punteggio in base alla quantità impiegata di materiali riciclati e/o di recupero, per diminuire il consumo di risorse naturali. Molta attenzione viene data alla progettazione mirata alla selettività e allo smantellamento sistematico dei componenti dell’edificio, così da riutilizzarne e riciclarne la maggiore quantità possibile.

Progetti ed edifici realizzati: le migliori praticheOslo, nel 2019, è stato inaugurato il primo cantiere al mon­do a emissioni zero, dove ogni macchinario, dalle gru agli escavatori ai montacarichi, è alimentato elettricamente, eliminando inquinamento atmosferico e acustico: entro il 2030 lo stesso dovrebbe applicarsi a tutti i cantieri, comunali e privati. A Londra, la pianificazione dell’hotel “room2 Chiswi­ck” ha previsto zero emissioni nette deri­vanti dalla costruzione, dal funzionamento e dall’eventuale decostruzione dell’edificio. Per la parte di emissioni ritenute inevita­bili, l’impatto ambientale è compensato con la riforestazione di alcune aree in Nicaragua. Sempre nel Regno Unito, a Bristol, dove l’amministrazione locale obbliga i costruttori a vendere almeno il 30% delle nuove costruzioni a prezzi accessibili, l’azienda Boklok ha elevato questa percentuale al 46% e realizza in fabbrica fino al 90% delle case: il che si traduce in meno persone che lavo­rano in sito per meno tempo, meno rifiuti prodotti e meno trasporti, con abitazioni che presentano meno del 4% del carbonio incorporato rispetto a quelle tradizionali, grazie anche all’uso del legno.

Milano l’ampliamento del campus dell’Università Bocconi sui 35mila mq dell’ex Centrale del Latte è un esempio d’intervento edilizio e paesaggistico in chiave sostenibile: il 97% dei materiali di costruzione utilizzati è riciclabile, il 32% degli stessi proviene già da riciclo, mentre il 47% è di provenienza regionale. A Ferrara, nel cantiere del progetto urbanistico “Le Corti di Medoro” oltre il 99% del rifiuto è stato inviato a centro di recu­pero dei materiali da C&D, ben oltre la per­centuale del 70% prevista dal Criterio Minimo Ambientale di riferimento. Un intervento di Acer Ferrara che ha scelto volontariamente di adottare tale soluzione di sostenibilità, realizzando 233 unità immobiliari a prezzi calmierati, destinati a studenti, giovani cop­pie e famiglie in difficoltà.