Per la Commissione Politiche europee del Senato la proposta di Regolamento imballaggi Ue non rispetta i principi di sussidiarietà e proporzionalità. Il giudizio è contenuto in un parere motivato nell’ambito della risoluzione approvata il 19 aprile scorso dalla Commissione stessa, che ha esaminato il provvedimento presentato lo scorso novembre da Bruxelles.
Ecco di seguito il testo completo della risoluzione adottata (sul sito del Senato):
La Commissione,
esaminata la proposta di regolamento COM(2022) 677, che aggiorna il quadro normativo dell’UE in materia di imballaggi e rifiuti di imballaggio, al fine di sostenere gli investimenti, ridurre i rifiuti e promuovere il riciclaggio di alta qualità;
premesso che:
– la proposta è ritenuta necessaria nel contesto attuale in cui la fabbricazione degli imballaggi, necessaria per proteggere e trasportare le merci, rappresenta un’attività economica di grande rilevanza nell’UE, che tuttavia è ostacolata da una frammentazione degli approcci normativi nazionali che differiscono da uno Stato membro all’altro, per esempio in materia di etichettatura, di riciclo e di responsabilità del produttore;
– la produzione di imballaggi è fonte di preoccupazione ambientale, in quanto rappresenta uno dei principali settori di utilizzo di materiali vergini (plastica e carta) e rappresenta il 36 per cento dei rifiuti solidi urbani, e l’aumento dell’uso degli imballaggi, insieme ai bassi tassi di riutilizzo e riciclaggio, ostacolano lo sviluppo di un’economia circolare a basse emissioni di carbonio e il raggiungimento degli importanti impegni assunti con il nuovo Piano d’azione per l’economia circolare e degli obiettivi del Green Deal europeo;
valutata la relazione del Governo, trasmessa il 3 aprile 2023 ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 234 del 2012;
tenuto conto delle audizioni svolte l’11 e il 18 aprile 2023, nonché di tutte le memorie ricevute;
ritiene di adottare un parere motivato ai sensi del Protocollo n. 2 allegato ai Trattati europei, poiché la proposta non rispetta i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, secondo le seguenti considerazioni.
a) La scelta di un regolamento, in sostituzione della direttiva, non appare necessaria per il raggiungimento dell’obiettivo di armonizzazione delle normative nazionali in materia di imballaggi, ai fini di sostenibilità ambientale e di miglioramento del funzionamento del mercato europeo degli stessi. La direttiva consente infatti agli Stati membri di definire a livello nazionale le misure più appropriate per il raggiungimento degli obiettivi e dei target definiti dalle norme europee, tenendo conto delle peculiarità nazionali e consentendo agli Stati più avanzati di perseguire una politica più ambiziosa per quanto riguarda la gestione di imballaggi e rifiuti di imballaggio, mantenendo i sistemi esistenti che già hanno dimostrato la loro efficacia, anche a fronte degli ingenti investimenti pubblici e privati.
In questo senso, la scelta di adottare un regolamento rappresenta un radicale cambio di direzione rispetto alla direttiva 94/62/CE che consentiva agli Stati membri di compiere scelte politiche, come per esempio quella dell’Italia di sviluppare maggiormente il riciclaggio rispetto al riutilizzo, per il miglior raggiungimento degli obiettivi di una crescita economica ambientalmente sostenibile.
L’Italia è infatti da anni fortemente impegnata nel settore dell’economia circolare e ha un modello di gestione dei rifiuti di imballaggio che rappresenta un’eccellenza a livello europeo, con un tasso di riciclo di oltre il 70 per cento e il conseguente raggiungimento degli obiettivi europei con 9 anni di anticipo. Lo stesso PNRR prevede investimenti per 2,1 miliardi di euro per migliorare ulteriormente la capacità di gestione del sistema di raccolta e riciclo, per ammodernare gli impianti esistenti e svilupparne di nuovi, nonché per colmare il divario esistente tra Nord e Sud Italia.
Si ritiene quindi che la vigente direttiva 94/62/CE debba essere rivista per rafforzare le capacità di raggiungimento degli obiettivi economici e ambientali relativi agli imballaggi, ma che questo debba essere ottenuto mantenendo lo strumento della direttiva e quindi salvaguardando le valide impostazioni che ciascuno Stato membro ha sviluppato in termini industriali e infrastrutturali a fini di sostenibilità ambientale, eventualmente imponendo soluzioni di complementarietà rispetto alle esistenti capacità di riciclaggio, recupero e smaltimento dei rifiuti di imballaggi.
b) Si ritiene in ogni caso necessario, alla luce degli obiettivi prioritari e delle numerose disposizioni di natura strettamente ambientale contenuti nella proposta di regolamento, l’introduzione di una seconda base giuridica, accanto a quella sul mercato interno, relativa alla politica ambientale dell’UE. La base giuridica ‘ambiente’ consentirebbe agli Stati membri che lo volessero di applicare requisiti più ambiziosi e di beneficiare di una maggiore flessibilità nella definizione delle misure di attuazione delle norme europee.
c) Si ritiene eccessivo il ricorso agli atti delegati, nella misura in cui non sembra limitato ai soli elementi non essenziali della proposta legislativa, come previsto dall’articolo 290 del TFUE, e nella misura in cui introduce ampi margini di indeterminatezza. La delegazione, che esula dalla procedura legislativa e dal controllo dei Parlamenti nazionali, andrebbe infatti utilizzata – ai sensi del citato articolo 290 del TFUE – solo per stabilire elementi non legislativi e non essenziali dell’atto legislativo, e in casi limitati e residuali, ovvero nel solo caso in cui non sia possibile stabilire con norma legislativa la disciplina in questione. Inoltre, le numerose deleghe previste sono prive di chiari criteri direttivi volti a delimitarne gli obiettivi, il contenuto, la portata e i tempi di esercizio, determinando un forte grado di incertezza normativa, che non consente alle imprese di poter pianificare e investire per tempo nella conferente attività industriale e commerciale.
d) Si ritiene che la proposta sia carente nella sua valutazione d’impatto, sia sul piano dell’impatto ambientale sia su quello dell’impatto socio-economico. La valutazione d’impatto svolta dalla Commissione europea appare infatti non sufficientemente basata su dati scientifici e non in grado di dimostrare che l’armonizzazione prospettata nella proposta possa garantire la just transition verso modelli più sostenibili di produzione e gestione degli imballaggi e rifiuti di imballaggio. Tale carenza appare anche con riferimento ai dati e alle proiezioni riferite all’Italia, che da anni è fortemente impegnata nell’economia circolare, con un modello di gestione dei rifiuti di imballaggio di eccellenza a livello europeo, e un tasso di riciclo di oltre il 70 per cento, grazie alle quasi 800 mila aziende impegnate nel settore degli imballaggi, con oltre 6,3 milioni di dipendenti e un fatturato di circa 2 mila miliardi di euro, su cui le nuove disposizioni previste dalla proposta di regolamento rischiano di produrre un impatto fortemente negativo in termini economici e occupazionali, che sembra essere largamente sottostimato nella valutazione di impatto della Commissione europea.
e) Anche la gradualità prevista dalla proposta non sembra essere sufficiente a garantire il rispetto del principio di proporzionalità, tenuto conto dei termini molto stringenti e vincolanti imposti per l’entrata in vigore della nuova disciplina e del livello di ambizione degli obiettivi fissati dalla proposta di regolamento, sia in termini economici sia in termini ambientali.
f) La proposta appare eccessivamente sbilanciata – in chiara violazione del principio di proporzionalità – in favore delle soluzioni di riutilizzo, a discapito delle attività di riciclo, senza fornire un’adeguata evidenza scientifica a sostegno del riutilizzo rispetto al riciclo. Il riutilizzo infatti non garantisce sempre il risultato migliore, sul piano della tutela dell’ambiente, della salute e dell’igiene, dovendosi effettuare, caso per caso, valutazioni di fattibilità e sostenibilità economica, lungo l’intero ciclo di vita del prodotto. Il riutilizzo implica spesso procedure inquinanti connesse con la necessaria sanificazione e sterilizzazione dell’imballaggio e rischia anche ricadute a danno della salute pubblica, soprattutto nel settore dell’alimentazione, in violazione del principio di neutralità tecnologica.
Con riguardo alla sproporzione in favore del riutilizzo, sono in particolare da valutare in senso fortemente critico:
1) l’obbligo di istituire sistemi di deposito cauzionale (DRS – deposit return system) per alcune tipologie di rifiuto di imballaggi (bottiglie per bevande in PET con capacità fino a tre litri e lattine in alluminio per bevande con capacità fino a tre litri) nonché l’impegno ad adoperarsi per la costituzione di analoghi sistemi di deposito cauzionale per il riutilizzo di imballaggi. La soglia del 90 per cento di raccolta differenziata, stabilita all’articolo 44, per poter derogare all’obbligo di istituire un sistema di deposito cauzionale, appare eccessivamente elevata. L’obbligo di riutilizzo, mediante il sistema di deposito cauzionale DRS, andrebbe reso flessibile e comunque complementare rispetto alle modalità di riciclo già validamente funzionanti negli Stati membri;
2) la previsione di elevati obiettivi di riutilizzo, in particolare quelli di cui all’articolo 26, senza concedere alternative per gli Stati membri che – come l’Italia – hanno elevati tassi di riciclo, metterebbe fuori mercato imballaggi sicuri e riciclabili ed escluderebbe soluzioni, materiali e tecnologie sulle quali si è già investito molto, con costi economici insostenibili per il rifacimento di intere filiere di gestione dei rifiuti e l’adeguamento delle linee di produzione. Gli obblighi di riutilizzo andrebbero quindi resi flessibili e comunque complementari rispetto alle modalità di riciclo già validamente funzionanti negli Stati membri;
3) la previsione di restrizioni di mercato per determinati formati di imballaggio monouso, che impatterebbe molto pesantemente su alcune filiere come l’agroalimentare nelle quali, in alcuni casi, gli imballaggi monouso sono fondamentali per la protezione e conservazione degli alimenti, per l’informazione al consumatore, per la tracciabilità e l’igiene dei prodotti, permettendone anche la commercializzazione e l’export. Inoltre, il previsto divieto degli imballaggi anche nei casi come quelli per i prodotti ortofrutticoli inferiori a 1,5 kg, già altamente riciclabili, con elevato contenuto di materiale riciclato e con capacità di conservazione del prodotto, comporterebbe un’emissione di CO2 superiore, dovuta allo spreco del contenuto, rispetto al non utilizzo dell’imballaggio;
4) le restrizioni imposte all’utilizzo di imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile in alternativa ad alcuni imballaggi monouso in plastica tradizionale.
g) Sarebbe quindi opportuno sostituire alcuni obblighi con forme di incentivazione, per alleggerire il pesante onere di adeguamento che incombe sui settori produttivi e quindi sui consumatori.
h) Inoltre, sarebbe importante introdurre una clausola di esclusione, per consentire agli Stati membri di rispettare gli eventuali divieti o obblighi imposti a livello nazionale, per esempio in materia sanitaria.
i) La proposta potrebbe inoltre prevedere incentivi al riciclo chimico, soprattutto quello della termolisi sopra i 1.000 gradi, che è a zero emissioni di carbonio, con produzione di syngas e di idrogeno a costi competitivi.
l) L’obbligo di compostabilità dell’etichettatura dei prodotti ortofrutticoli appare una misura sproporzionata, comportando pesanti oneri di adeguamento a fronte di scarsi vantaggi ambientali.
m) Perplessità desta, inoltre, l’introduzione della riciclabilità degli imballaggi primari, a contatto con i farmaci, prevista dall’articolo 6, paragrafo 10, a partire dal 2035, trattandosi di materiali con standard qualitativi scientificamente definiti e la cui composizione non sempre è compatibile con i rigidi obiettivi di riciclaggio, essendo elevato il rischio di contaminazione, in particolare nel caso di sostanze altamente potenti o mutagene come gli agenti citotossici. Il confezionamento primario dei medicinali dovrebbe quindi essere pienamente esentato dai requisiti di riciclabilità.
n) Si ritiene inoltre opportuno prevedere che gli oneri sull’industria, connessi con le norme sulla responsabilità estesa del produttore, siano accompagnati da forme di promozione e incentivazione ai consumatori volte a evitare la dispersione dei rifiuti di imballaggio nell’ambiente.
La presente risoluzione è da intendersi anche quale atto di indirizzo al Governo ai sensi dell’articolo 7 della legge n. 234 del 2012.