Quando mi venne la balzana idea – forse perché eravamo da troppo tempo chiusi in casa – di scrivere una specie di Diario dalla quarantena nel mio racconto che poi, più che altro, è anche una specie di rassegna stampa commentata degli articoli usciti dal gennaio 2020 sino a maggio dello stesso anno, sulla pandemia, avevo sfiorato il tema della raccolta differenziata con la considerazione che si dovesse proseguire nel farla e che, anche in un periodo così difficile, andava assolutamente potenziata, nel nostro paese, l’economia circolare.
Il dibattito avviato in questi Giorni da Paolo Hutter che ha rigorosamente ragione dimostra invece il contrario. Ovvero che in molte città per i positivi al COVID si è imposto di abbandonare la raccolta differenziata, atteggiamento che trovo assurdo. Ma poiché vorrei sempre che le mie decisioni fossero supportate da evidenze scientifiche, mi sono permessa di sottoporre il quesito al Comitato scientifico dell’Ecoistituto ReGe che ho l’onore di presiedere e che è composto da medici epidemiologi, statistici, fisici, matematici, biologi, oncologi, giornalisti che si occupano d’ambiente, docenti. E la loro reazione mi ha tranquillizzato. Intanto non è chiaro che differenza ci sia in termini di contagio tra raccolta differenziata e non e non pare proprio ci siano evidenze scientifiche in merito. Naturalmente se ci fossero sono le benvenute. Mi scrive un componente del comitato: “Vorrei conoscere la letteratura scientifica che viene chiamata in causa per sostenere una tesi così balzana. Oggi giustamente si tende a tenere i malati cioè positivi con sintomi a casa. Giustamente il ricovero è riservato ai pochi che hanno grossi problemi. I malati a casa usano normalmente gli scarichi igienici che quindi contengono i virus e quindi sono usati come indicatori scientifici dell’andamento della epidemia.”
Ed anche la mia amica Giovanna, matematica, esperta di riuso mi scrive: “Oggi ho letto un post su linkedin che dice quanta carta viene sprecata a causa della pandemia. Per non parlare del materiale usa e getta . Se ora non si fa nemmeno più la differenziata… i medici del gruppo dovrebbero dire su quali basi scientifiche si basi questa balzana indicazione “. Non è forse perché ai centri di raccolta fanno un sorting A MANO (!) per eliminare frazioni estranee, per cui devono toccare i rifiuti. Invece l’indifferenziato non lo tocca nessuno. Questo è un lavoro terribile, che andrebbe meccanizzato.
Quando andammo in visita a Oslo tutti i sistemi per dividere i rifiuti prevedevano una selezione ottica e meccanica, con nastri che più e più volte selezionavano il materiale, tanto che alla fine non restava quasi nulla (organico residuo, carta, plastica, metalli, materiale legno cellulosico ecc). Per non parlare della scuola. È disarmante la testimonianza dei colleghi docenti: “La stessa indicazione è stata data nella mia scuola. Non so se il preside si sia basato su qualche indicazione proveniente da autorità sanitarie o se sia stata una sua iniziativa precauzionale. Comunque, sta di fatto che negli anni scorsi – dopo un’articolata attività di informazione alle classi sulle modalità di raccolta differenziata – si chiedeva a uno/ due studenti per classe di prendere l’impegno di svuotare i cestini della differenziata posti nelle classi nei contenitori più grandi collocati nei corridoi. La logica di questa richiesta stava nel tentativo di evitare che i bidelli – che quasi sempre hanno a disposizione un tempo ridotto per pulire le aule tra la fine delle lezioni e il termine del loro orario di servizio – ricorressero all’escamotage (tutt’altro che teorico) di gettare tutto nell’unico sacco dell’indifferenziato. Ora invece il preside ha dato precise indicazioni ai docenti sul fatto che questa operazione NON deve più essere richiesta agli studenti. L’unico tra i bidelli della mia scuola veramente sensibile rispetto a questi temi mi ferma di continuo per dirmi che i cassonetti dell’indifferenziato assegnati alla scuola scoppiano…”
Ora a me sembra che tutte le scuse siano state buone per non fare la raccolta differenziata. Sono stata a Glasgow alla Cop26 nella Green Zone ed ho seguito alcuni eventi sulla gestione sostenibile dei rifiuti, realizzati dalla Fondazione Ellen Mc Arthur. Il contributo del settore dei rifiuti al contenimento dell’aumento della temperatura e alla riduzione della CO2 è importante. Non possiamo nel nostro paese fare come i gamberi. Passi indietro non ci sono concessi. Me sembra che oggi sia velleitario parlare di transizione ecologica, se poi si ritorna a quel passato, fatto più di rigidità culturale e di arretratezza di pensiero rispetto alle sfide globali e locali del clima e dell’ambiente.