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Sembra inarrestabile la corsa della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera. A confermare questo record negativo sono i dati provenienti da Manua Loa (Hawaii, Usa) e dal Monte Cimone dove è presente il CAMM (Centro Aeronautica Militare di Montagna). Due luoghi non a caso in quanto sono i primi posti al mondo nel quale da più tempo vengono registrate le concentrazioni di CO2 in atmosfera.
“Nel mese di luglio 2021 sul Monte Cimone – scrivono i militari dell’Aeronautica – la media mensile della concentrazione di anidride carbonica (CO2) è stata di 411.73 ppm (parti per milione)”. Un dato in crescita dell’1,09% rispetto allo stesso mese del 2020 quando il valore medio registrato è stato di 407.26 ppm. Durante il mese di luglio 2021 le misure di CO2 al CAMM sono state effettuate in 31 giorni su 31. Il massimo tra le medie giornaliere è stato misurato il giorno 27 ed è stato pari a 414.82 ppm. Mentre il valore minimo è stato misurato il giorno 17 pari a 407.41 ppm.
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Dai 2165 metri della cima più alta dell’Appennino settentrionale ci spostiamo ai 3400 metri del vulcano hawaiano di Manua Loa dove è presente il progetto dell’ESRL’s Global Monitoring Laboratory (GML) del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration). Anche qui i dati rilevati non sono buoni, infatti la media misurata nel mese di luglio 2021 è di 416,96 ppm mentre a luglio 2020 era di 414,62 ppm.
Anche i dati della concentrazione di CO2 in atmosfera nel mese di agosto 2021 non sono buoni. Gli ultimi rilevamenti parlano di 414,97 ppm (18 agosto 2021) a Manua Loa e di 411,79 ppm sul Monte Cimone (17 agosto).
Se a livello locale le cose non vanno bene a livello globale vanno anche peggio. Infatti la media realizza utilizzando i dati provenienti da Manua Loa, Barrow (Alaska), dall’arcipelago delle Samoa Americane nel pacifico meridionale e dal Polo Sud ci parlano di un mese di agosto 2021 dove la concentrazione di CO2 è stata sempre sopra le 415 ppm. Senza dimenticare il record raggiunto nel mese di gennaio di quest’anno sul Monte Cimone quando è stata di fatto superata la soglia delle 420 ppm (con un picco l’11 gennaio di 427,15 ppm). O a maggio quando a Manua Loa si sono sfiorate le 420 ppm, il dato più altro mai registrato alle Hawaii da quando 63 anni fa sono cominciate le rilevazioni.
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La specie umana, di fatto, si sta muovendo in un territorio sconosciuto. Secondo l’IPCC una concentrazione di CO2 pari a 430 ppm potrebbe comportare un aumento di temperatura medio di 1,5 °C (Accordo di Parigi), mentre se si arriva e supera la soglia dei 450 ppm l’aumento di temperatura sarebbe superiore ai 2 °C. Uno scenario che manderebbe a monte qualsiasi accordo fatto tra gli stati e che esporrebbe il genere umano a gravi rischi per la sua felice e prosperosa sopravvivenza sul pianeta.
Se a questo scenario si aggiungono i dati provenienti da Copernicus che parlano addirittura di una crescita della concentrazione di CO2 di 2,3 ppm all’anno (dato 2020) il punto di non ritorno è davvero vicino e l’appuntamento, tra poco più di due mesi alla COP26 di Glasgow, sembra davvero l’ultima spiaggiaper salvare il nostro stile di vista sul pianeta.
Se si fallirà come a Madrid nel 2019, questa volta sarà colpa anche dell’Italia che insieme alla Gran Bretagna organizza la conferenza delle parti.
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