Nuovo Codice della strada, operatori dello sharing: “Norma ideologica priva di competenze tecniche”

Tra i principali problemi, il VP for Southern and Western Europe and Middle East di Dott e vicepresidente di Assosharing sottolinea l'errato riferimento normativo per l'assicurazione, l'obbligo inapplicabile del casco per il servizio di sharing e la necessità di un approccio più tecnico per l'introduzione della targa, proponendo soluzioni ispirate al modello tedesco. Giaretta avverte che la normativa potrebbe incentivare l'uso clandestino dei monopattini, auspicando correttivi urgenti per migliorare la sicurezza e tutelare il settore della micromobilità in Italia

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Abbiamo intervistato Andrea Giaretta, VP for Southern and Western Europe and Middle East di Dott e vicepresidente di Assosharing (la prima Associazione di categoria del comparto sharing mobility in Italia), che ha espresso un giudizio negativo riguardo alla norma sui monopattini nel Nuovo Codice della Strada. Secondo Giaretta, la norma è puramente ideologica e, sebbene abbia un grande impatto mediatico e sia utile per pubblicare post sui social e guadagnare consensi, rappresenta un fallimento dal punto di vista regolatorio.

Uno dei problemi principali è la confusione normativa, che tocca tre ambiti chiave: assicurazione, casco e targa. Per quanto riguarda l’assicurazione, il Codice fa riferimento all’articolo 2054 del Codice civile, relativo alle Rc Auto, nonostante una sentenza della Corte europea ne dichiari l’inapplicabilità ai monopattini. Giaretta sottolinea che l’articolo corretto sarebbe il 2043, riferito alle due ruote: “Questo dimostra che si tratta di un pasticcio normativo“. Secondo lui, la soluzione più adeguata sarebbe fare riferimento alle polizze RCT, pensate per la responsabilità civile verso terzi.

L’introduzione della targa è l’unico aspetto sensato della nuova normativa, ma presenta comunque criticità. Giaretta spiega che è necessario adottare soluzioni proporzionate alle dimensioni dei veicoli: “Non possiamo pensare di aggiungere una piastra di metallo che, in caso di incidente, potrebbe trasformarsi in un’arma”. Come esempio virtuoso, cita il modello della Germania, dove le compagnie assicurative forniscono un codice identificativo per i monopattini, garantendo così una gestione più efficiente e meno burocratica.

Sul tema del casco, Giaretta ritiene che l’obbligo sia inapplicabile, soprattutto per i servizi di sharing. Aggiunge che le multe finora emesse per la mancata osservanza di questa norma sono facilmente contestabili dal punto di vista costituzionale. Pur ribadendo l’impegno per la sicurezza, Giaretta ricorda che, negli ultimi due anni e mezzo, senza obbligo di casco, non si sono registrati decessi legati all’uso di monopattini in sharing: “Fare meglio di così mi sembra difficile”. Giaretta auspica che l’obbligo del casco venga correlato alla potenza del monopattino, rendendolo obbligatorio solo per i modelli più potenti. Per i monopattini in sharing, che raggiungono una velocità massima di 20 km/h, l’uso del casco dovrebbe essere solo consigliato.

Giaretta conclude avvertendo che il Codice, così com’è formulato, rischia di produrre effetti controproducenti: “Chi ha elaborato questa norma mancava evidentemente di competenze tecniche. Questo Codice potrebbe diventare un boomerang che, invece di migliorare la sicurezza, incentiverà l’uso clandestino dei monopattini”.

Per evitare questo scenario, Giaretta auspica che vengano introdotti i correttivi già proposti in passato da Forza Italia e Fratelli d’Italia, ma finora ignorati per ragioni ideologiche. “Ci auguriamo che gli alleati di Governo intervengano per correggere questa Norma, che il Ministro Salvini ha voluto pubblicare senza apportare modifiche”.

Secondo Giaretta, per garantire un futuro sicuro e sostenibile alla micromobilità in Italia, è necessario un approccio più tecnico e meno ideologico, in grado di regolamentare il settore in modo chiaro ed efficace.