Centodieci milioni di tonnellate di CO2: sono quelli che mancano all’obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030, e che non verrà centrato se non mutano drasticamente le condizioni. Il contributo alla decarbonizzazione che ragionevolmente l’Italia potrà mettere in campo, infatti, è un risparmio di sole 44 milioni di tonnellate di CO2, all’incirca un quarto del dovuto, cosa che rende impossibile raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 non solo per l’Italia, ma per l’intera Europa. Stime non certo incoraggianti e che tuttavia non devono distrarre dallo sforzo di tenere la barra dritta sul processo di decarbonizzazione, realizzando una serie di interventi che, una svolta smaltito l’effetto della attuale crisi, potranno garantire la necessaria accelerazione del percorso e la revisione al rialzo delle cifre.
È questo l’obiettivo del primo Zero Carbon Policy Agenda, realizzato dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e presentato oggi: un report in cui si analizza perché siamo “solo” a questo punto, ma soprattutto si offre ai policy maker una possibile agenda di interventi a lungo termine desunti dal confronto con i tanti partner dell’Osservatorio e con i principali operatori di mercato, oltre che dalla collaborazione con ADL Consulting, assumendo una inedita prospettiva trasversale.
“Se siamo così lontani dai target – commenta Davide Chiaroni, vicedirettore dell’Energy & Strategy – è anche perché non siamo stato in grado di affrontare il tema con sufficiente trasversalità: sono almeno sei le aree di intervento che ci permetterebbero, e ci hanno finora permesso, di ridurre le emissioni e riguardano la produzione di energia rinnovabile, l’adeguamento delle infrastrutture di rete, l’efficientamento energetico, la mobilità sostenibile, lo sviluppo di configurazioni efficienti (energy communities) e l’adozione del paradigma di economia circolare. Lungo ciascuno di questi pilastri, in Italia, ci si è già mossi, ma senza una visione sinergica e una sufficiente rapidità, nonostante gli investimenti (circa 17 miliardi nell’ultimo anno, suddivisi come in figura) e gli interventi di natura normativa che però non identificano target chiari per tutti i pilastri. E la crisi ha aumentato la consapevolezza dell’urgenza, ma ponendo l’attenzione sul breve termine a discapito dei temi chiave e di più ampio respiro”.
Gli investimenti nell’ultimo anno in Italia nei 6 pilastri fondamentali per la decarbonizzazione
In Europa, dal 1990 a oggi le emissioni sono diminuite del 26% e negli ultimi anni la curva di riduzione si è fatta più ripida: -21% rispetto ai livelli del 2005. In Italia invece il 2005 è stato l’anno con le maggiori emissioni dal 1990 (ben 591 MtCO2eq emesse in atmosfera) e il calo complessivo si è fermato al 20%, 6 punti percentuali in meno. Un dato che solleva qualche preoccupazione, soprattutto se si guarda, come riportato nel grafico seguente, la distribuzione delle emissioni nel nostro Paese.
I trasporti su strada, soprattutto le auto, e la produzione di energia e calore contribuiscono da soli al 47% delle emissioni di CO2 in Italia: è quindi oggettivamente enorme lo sforzo da fare per arrivare a ridurre del 55% le emissioni al 2030, ben 184 MtCO2eq da eliminare in questi settori in 8 anni, mentre finora in più del doppio del tempo ne sono state eliminate 172 MtCO2eq. Ed è solo la prima parte del tragitto, propedeutica al raggiungimento degli obiettivi di Net Zero Emissions definiti dalla Long Term Strategy al 2050.
Attraverso uno scenario di riferimento denominato BAU (business as usual), che tiene conto di un’azione normativa in continuità con quanto fatto finora, si è calcolato pilastro per pilastro il gap tra il target fissato e l’obiettivo ragionevolmente raggiungibile. Ci si attende da qui al 2030 un miglioramento delle prestazioni in ciascun settore, a partire da quello della produzione di energia e calore, che vedrà una riduzione delle emissioni grazie all’incremento della potenza installata da fonti rinnovabili, ma restando a 23 MtCO2 di distanza dall’obiettivo: fotovoltaico ed eolico, infatti, per essere in linea con gli obiettivi definiti dal pacchetto Fit-for-55 dovrebbero raggiungere rispettivamente una potenza installata di oltre 68 e 23 GW, invece nello scenario BAU si fermano a oltre 28 e 15 GW.
Anche sul fronte della mobilità sostenibile la situazione è purtroppo analoga: le emissioni del trasporto su strada, nello scenario BAU, si riducono grazie al progressivo passaggio verso le autovetture ad alimentazione elettrica, ma la differenza con il target resta di circa 38 MtCO2. Se mettiamo insieme tutte le azioni previste nello scenario BAU si arriva a un risparmio di 44,3 MtCO2, decisamente non sufficiente. Le emissioni complessive, considerando i pilastri della decarbonizzazione di cui il Report si occupa, passerebbero nel 2030 dalle circa 353 MtCO2 attuali a 309 MtCO2 mentre per raggiungere i target normativi dovrebbero ammontare a circa 199 MtCO2 cioè circa 110 MtCO2 in meno.
La proposta di policy agenda
Per colmare le distanze e avvicinarsi agli obiettivi di decarbonizzazione viene proposta al legislatore una policy agenda che identifica aree di intervento secondo tre macro-aree in ordine di rilevanza: proposte “trasversali”, che considerano la tematica della decarbonizzazione in modo olistico e rappresentano il presupposto indispensabile per la transizione; proposte “pillar-specific”, rilevanti per completare la normativa esistente sui singoli pillar; proposte “ancillari”, che possono agire da ulteriore acceleratore del processo.
Si va dalla necessità di predisporre una vera e propria roadmap per la decarbonizzazione con orizzonte temporale di lungo periodo (che però definisca con chiarezza anche gli obiettivi intermedi e il percorso per raggiungerli, identificando tutti gli strumenti a supporto, le leve tecnologiche disponibili e i necessari sistemi di incentivazione e finanziamento) alla realizzazione di un’etichetta emissiva che integri quella energetica con un riferimento all’impronta carbonica dei prodotti e degli edifici, spostando così il focus dai consumi di energia alle emissioni; dalla semplificazione dell’iter di autorizzazione e installazione per gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili all’introduzione di meccanismi di incentivazione per l’idrogeno e i biocombustibili, nonché per lo sviluppo della rete di trasmissione e distribuzione che dovrà supportare il trend di elettrificazione.
E ancora: a livello di efficienza energetica si dovranno fissare obiettivi di riduzione delle emissioni e dei consumi di energia primaria, facilitare l’accesso agli incentivi legandoli a risultati misurabili, limitare le emissioni massime per i nuovi edifici e introdurre normative chiare per tutte le tecnologie; riguardo alla mobilità sostenibile, si dovranno fissare obiettivi e incentivi anche per la decarbonizzazione del trasposto merci e “off-road”, così come si dovranno promuovere le comunità energetiche e le filiere circolari, a partire da quelle a maggiore potenziale, garantendo la libera circolazione delle risorse tra chi appartiene alla stessa filiera e superando le attuali barriere legare alla definizione di “waste” e “end of waste”.
“Queste proposte, meglio dettagliate nel Report, contribuiranno al raggiungimento dell’obiettivo solo se applicate in modo sinergico e non, come è stato spesso fatto finora, considerando le diverse azioni in maniera mutuamente esclusiva – conclude Davide Chiaroni -. Il nostro auspicio è che possano essere uno spunto di riflessione innovativo per il policy maker rispetto alle politiche già in atto e che permettano di compiere quell’auspicato cambio di passo che ricondurrebbe il nostro Paese sulla corretta via della decarbonizzazione, insieme all’attivo coinvolgimento di tutta la società, dai cittadini alle aziende”.