Alcuni tra i principali Paesi produttori di carbone, petrolio, carne e mangimi animali stanno cercando di far eliminare dal prossimo rapporto dell’International Panel on Climate Change (IPCC) informazioni e conclusioni che minaccerebbero gli interessi delle loro aziende.
È quanto rivela un’inchiesta realizzata da Unearthed, il team di giornalismo investigativo creato da Greenpeace UK, sulla base di decine di migliaia di documenti, normalmente secretati, con commenti da parte di governi, aziende, scienziati sulle bozze del prossimo rapporto dell’IPCC “Working Group III”.
Gli esperti dell’IPCC non hanno alcun obbligo di accettare questi commenti, che sono sottoposti a una rigorosa analisi scientifica sulla base dei dati disponibili. Tuttavia, alcuni commenti analizzati da Unearthed svelano le inquietanti posizioni assunte, dietro le quinte, da alcuni Paesi importanti.
L’analisi di questi documenti, pubblicata a pochi giorni dall’inizio di un vertice cruciale come la COP26 sul clima che si terrà a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre, mostra infatti come alcuni Paesi – tra cui Brasile, Argentina, Australia, Giappone, Arabia Saudita e gli Stati membri dell’OPEC – stiano cercando di annacquare il prossimo rapporto IPCC.
«Queste rivelazioni dimostrano che un piccolo gruppo di Paesi produttori di carbone, petrolio, gas e carne continuano a mettere i profitti di poche aziende davanti agli interessi di tutte le persone», dichiara Jennifer Morgan, Direttrice Esecutiva di Greenpeace International. «Invece di eliminare gradualmente la produzione di fonti fossili e gli insostenibili allevamenti intensivi, continuano a usare ogni occasione per proteggere gli interessi di pochi e continuare a fare affari come sempre, mentre il pianeta brucia».
Ad esempio, Paesi come Australia, Arabia Saudita, e l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC), stanno facendo pressioni sull’IPCC per eliminare o indebolire la parte conclusiva del report che afferma che dovremmo rapidamente cessare l’estrazione di fonti fossili come carbone, petrolio e gas fossile. Tutto questo, mentre continuano a reclamizzare soluzioni fasulle come la cattura e lo stoccaggio sotterraneo della CO2 (CCS). Una tecnologia costosa e fallimentare di cui al momento, su tutto il pianeta, esiste un solo impianto in funzione, peraltro con efficacia ben al di sotto dell’atteso.
Vari governi hanno inoltre chiesto di eliminare le critiche alle attività di “carbon offsetting”, la compensazione delle emissioni di gas serra tramite schemi di protezione forestale. A dispetto della mole crescente di evidenze che dimostrano l’inutilità e la pericolosità di queste pratiche, Paesi come Regno Unito, Canada e Stati Uniti hanno contestato la posizione dell’IPCC su questi progetti (come il noto REDD+, utilizzato anche da ENI), sfruttati come “un greenwashing a basso costo”.
Brasile e Argentina – tra i maggiori produttori di carne e mangimi – hanno invece fatto pressione sull’IPCC per eliminare alcuni passaggi sui benefici per il clima della riduzione del consumo di carne, e la promozione di diete con ridotto consumo di prodotti di origine animale.
«Mentre si stanno per accendere i riflettori sul vertice di Glasgow, gli altri leader del pianeta devono sapere fin dove possono arrivare certi governi per sabotare le nostre possibilità di mantenerci entro l’obiettivo di 1,5°C», continua Morgan. «Il test cruciale per tutti loro adesso è se saranno o meno in grado di concordare la rapida eliminazione delle fonti fossili, come ci indica la scienza. La storia non sarà tenera con loro se falliranno, e noi staremo lì a sorvegliarli».