Il rientro degli Stati Uniti nell’Accordo di Parigi sul clima, uno dei primi atti firmati dal nuovo presidente Joe Biden, è stato accolto con ottimismo nel mondo. Decisamente meno entusiasmo, soprattutto in patria, ha suscitato invece il ritorno di Tom Vilsack a capo del dipartimento dell’Agricoltura (Usda), già guidato durante la doppia presidenza Obama, a causa delle sue politiche di sostegno all’agricoltura industriale e totalmente a svantaggio di quella biologica, delle piccole aziende, ma anche dei contadini e degli allevatori afroamericani.
Da un parte, quindi, il rinnovato impegno degli Stati Uniti nel tornare a lavorare attivamente contro i cambiamenti climatici, insieme agli altri paesi del mondo, dopo l’amministrazione negazionista di Donald Trump. Un impegno testimoniato non solo dal rientro nel Paris Agreement ma anche altri piccoli segnali. Ad esempio dalle dichiarazioni del nuovo estabilishment Usa di voler essere protagonista alla Cop26 del prossimo novembre a Glasgow, rimandata di un anno a causa della pandemia: “È una delle ultime opportunità che abbiamo per rafforzare il taglio delle emissioni di gas serra” ha affermato John Kerry, l’ex segretario di stato nominato da Biden inviato presidenziale per il clima. Oppure dalla proposta di convocare un summit sui cambiamenti climatici con i leader delle maggiori economie, già durante i primi 100 giorni della nuova presidenza. Anche il ministro dell’Ambiente italiano, Sergio Costa, ha rilevato che “poter avere nuovamente accanto in questo percorso un alleato fondamentale come gli Stati Uniti fa ben sperare che riusciremo a mantenere gli impegni presi, a vincere la sfida di lasciare in eredità ai nostri figli un pianeta migliore e una società più giusta”.
Dall’altra parte però c’è una nomina che, proprio alla luce di tutto ciò, delude e preoccupa fortemente ambientalisti e attivisti climatici sia americani che internazionali. Il ritorno all’Usda di “Mr. Monsanto”, com’è stato soprannominato Tom Vilsack negli Usa, era una scelta nell’aria da tempo, visto il suo impegno negli stati agricoli a favore della candidatura di Biden, con il quale ha una lunga relazione umana e politica. “La possibile nomina di Vilsack è un enorme passo indietro nel nostro urgente bisogno di sostenere i sistemi agricoli che proteggano la salute pubblica, l’ambiente e mitigare la crisi climatica in corso”, affermava a dicembre Jaydee Hanson, direttore delle politiche del Center for Food Safety, organizzazione no profit con sede a San Francisco che si occupa di “responsabilizzare le persone, sostenere gli agricoltori e proteggere la terra dagli impatti dannosi dell’agricoltura industriale”.
L’agricoltura intensiva, quella caratterizzata dalle monocolture e destinata a soddisfare soprattutto il fabbisogno alimentare degli allevamenti animali e che non ha mai risolto la fame nel mondo, è uno dei settori che emette più CO2 in atmosfera. Contribuisce cioè in maniera decisiva al cambiamento climatico in atto. Questo a causa delle massicce dosi di fertilizzanti chimici di cui necessita, ma anche della continua deforestazione per conquistare spazio, che limita sempre di più la capacità di riassorbire in maniera naturale la CO2 in esubero, innescando un circolo vizioso va poi a danneggiare l’agricoltura stessa.
“Mentre prestava servizio come segretario sotto il presidente Obama – prosegue Hanson – il signor Vilsack ha sostenuto l’agricoltura industriale chimicamente dipendente che ha portato a milioni di libbre in più di pesticidi rilasciati nell’ambiente, contaminando la nostra acqua e il suolo e danneggiando la salute umana e la fauna selvatica”.
Secondo l’Organic consumers association (Oca), un’altra organizzazione americana senza scopo di lucro che promuove il biologico, Vilsack da segretario all’Agricoltura avrebbe approvato più organismi geneticamente modificati (ogm) di qualunque altro suo predecessore. Tra questi, molti sono stati sviluppati dalla Monsanto. Ecco spiegato il suo soprannome.
“CFS nutre profonde preoccupazioni per il conflitto di interessi di Vilsack – aggiunge Hanson – . Durante il suo mandato come governatore dell’Iowa, è stato nominato due volte ‘governatore dell’anno’ dall’industria biotecnologica (è stato governatore dell’Iowa, ndr). Da quando ha lasciato l’Usda, ha rappresentato le attività lattiero-casearie aziendali nella promozione delle loro esportazioni. Vilsack non è ciò di cui l’Usda e il nostro paese hanno bisogno per contribuire a rendere l’agricoltura statunitense più sostenibile e resiliente nel tempo della crisi climatica: ‘più grande è meglio’ non è sicuramente la risposta”.