Clima, due cause legali contro la Commissione europea su emissioni di Co2 e tassonomia

Due gruppi di Ong hanno annunciato l'avvio di due cause per il clima contro la Commissione Ue, che riguardano le emissioni di Co2 e il quadro di tassonomia. Si tratta di Climate Action Network (CAN) Europe e di Global Legal Action Network (GLAN), le cui azioni legali fanno parte di un crescente movimento globale che ritiene i governi responsabili dei loro impegni ambientali. Per quanto riguarda le emissioni, le Ong affermano che Bruxelles stabilisce "limiti annuali illegali" al 2030 nei settori dell'edilizia, dell'agricoltura, dei rifiuti, della piccola industria e dei trasporti

Due gruppi di Ong hanno annunciato l’avvio di due cause per il clima contro la Commissione europea, che riguardano le emissioni di Co2 e il quadro di tassonomia Ue. Si tratta di Climate Action Network (CAN) Europe e di Global Legal Action Network (GLAN), le cui azioni legali fanno parte di un crescente movimento globale che ritiene i governi responsabili dei loro impegni ambientali e delle politiche attuate (o meno) per raggiungerli.

Le Ong sostengono che “l’ambizione climatica generale dell’Ue rimane fuori strada dal limite di 1,5°C dell’accordo di Parigi in maniera allarmante. Facciamo appello ai decisori politici ad accelerare l’azione per il clima e andare oltre il livello inadeguato di ambizione del pacchetto legislativo Fit for 55, consentendo così forti riduzioni delle emissioni a breve termine e ottenendo almeno il 65% di riduzioni delle emissioni lorde entro il 2030″.

Per quanto riguarda il caso specifico delle emissioni, le Ong affermano che la Commissione Ue stabilisce “limiti annuali illegali” al 2030 per ciascun paese membro, nei settori dell’edilizia, dell’agricoltura, dei rifiuti, della piccola industria e dei trasporti, che coprono circa il 57 per cento delle emissioni totali di gas climalteranti dell’Unione europea. Secondo CAN e GLAN “le assegnazioni decise sono contrarie al diritto ambientale e agli impegni internazionali, come l’accordo di Parigi, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e l’articolo 191 del trattato sul funzionamento dell’Ue”.

“La Corte europea dei diritti dell’uomo – spiega Gerry Liston, avvocato senior di GLAN – ha chiarito che gli Stati sono obbligati ad adottare obiettivi di emissione basati su studi coerenti con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C, mentre noi mostriamo come gli obiettivi Ue non siano derivati dalla migliore scienza del clima disponibile. Cosa che la Commissione non ha nemmeno contestato nella sua difesa”.

Una prima udienza presso la Corte Generale potrebbe svolgersi nella seconda metà del 2025, per arrivare ad una sentenza all’inizio del 2026. Il miglior risultato finale per le organizzazioni sarebbe l’obbligo per la Commissione di rivedere e aumentare i limiti annuali nazionali di emissioni.

Per quanto riguarda invece la causa sulla tassonomia, la richiesta delle ong è quella di costringere Bruxelles a rivedere le regole per i settori dell’aviazione e del trasporto marittimo relativamente agli investimenti privati per attività a zero emissioni. Le organizzazioni affermano che l’Ue ha agito illegalmente alla fine del 2023, quando ha introdotto “regole blande” che consentono di applicare un’etichetta verde a navi e aerei alimentati a combustibili fossili che soddisfano standard di efficienza “deboli”.

“Sono criteri che inviano un segnale completamente sbagliato agli investitori, indirizzando gli investimenti su mezzi che inquineranno il clima per i decenni a venire”, ha detto David Kay, direttore legale di Opportunity Green, che ha presentato la denuncia insieme a CLAW-Initiative for Climate Justice, Dryade e ONG olandese Fossielvrij.

L’Ue ha introdotto la sua “tassonomia per le attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale” nel 2020 con l’obiettivo di prevenire il greenwashing e guidare il capitale privato verso le tecnologie verdi più necessarie per la transizione a emissioni nette zero. Gli investimenti in “attività allineate alla tassonomia” ammontavano a 440 miliardi di euro tra gennaio 2023 – quando sono entrate in vigore le regole iniziali – e maggio 2024, secondo i dati dell’UE.