Il sistema produttivo italiano è all’avanguardia rispetto ad altre economie nella transizione verso modelli di produzione e consumo circolari, grazie ad una cultura diffusa che punta a preservare il valore dei materiali e dei prodotti nel tempo riducendo fra l’altro la produzione di nuovi rifiuti. A dirlo è il nuovo brief di Cassa Depositi e Prestiti dal titolo “Economia circolare: una leva per la competitività delle imprese”.
Una gestione delle risorse “sostenibile” risulta particolarmente opportuna vista la dipendenza dell’Italia dalle importazioni pari al 48% (a fronte di una media europea del 22%) e alla necessità di ridurre il rischio di interruzione delle catene del valore, ad esempio, nel caso di metalli e materie prime critiche.
Nel 2024 quasi metà delle imprese italiane ha già avviato un percorso verso l’economia circolare, con una diffusione maggiore nel Nord del Paese e tra le aziende di dimensione più grande, prevalentemente attraverso la pratica del riciclo ma anche adottando soluzioni per prolungare la durata d’uso dei prodotti.
Il risparmio che le aziende ottengono da questo genere di pratiche è quantificato in oltre 16 miliardi di euro rispetto ai costi di produzione, con notevolissimi spazi di crescita se verrà dispiegato il potenziale di innovazione delle imprese manifatturiere adottando nuove tecnologie, processi produttivi e modelli di business.
Le statistiche evidenziano, inoltre, come l’attenzione alla circolarità si rifletta positivamente anche sulla performance economico-finanziaria delle aziende, in particolare diminuendo la probabilità di default e il ricorso all’indebitamento, e aumentando al contempo la generazione di cassa da destinare a nuovi investimenti.
Le condizioni per una effettiva accelerazione in questo percorso sono essenzialmente legate alla capacità innovativa delle imprese, dove l’Italia si distingue per numero di brevetti registrati – oltre la metà dei quali vengono depositati in Italia dalle PMI.
Per sostenere la forza propulsiva delle PMI italiane nella transizione ad una economia circolare sono indispensabili programmi di supporto pubblico agli investimenti in macchinari, tecnologie e/o asset immateriali, un sempre maggiore accesso alla finanza sostenibile grazie all’operatività degli Istituti Nazionali di Promozione e nuovi progetti strategici con “reti produttive circolari”.
I punti salienti dello studio:
- I modelli di produzione e di consumo circolari ‒ che mirano a preservare il valore di materiali e prodotti più a lungo possibile, riducendo al minimo la produzione di rifiuti ‒ possono contribuire sia ad una gestione più sostenibile delle risorse sia a una riduzione del rischio di interruzione delle catene del valore.
- L’Italia si distingue in Europa come uno dei Paesi più virtuosi nella transizione verso un’economia circolare, trasformando la limitata disponibilità di risorse naturali sul territorio in un punto di forza.
- Nel 2024, quasi metà delle imprese italiane ha già adottato almeno una pratica di economia circolare, con una diffusione maggiore nel Nord del Paese e tra le aziende di dimensione più grande. Il riciclo emerge come strategia predominante, mentre sono meno diffuse le soluzioni volte a prolungare la durata d’uso di prodotti e componenti.
- Complessivamente, le pratiche adottate hanno generato un risparmio rispetto ai costi di produzione delle imprese manifatturiere superiore a 16 miliardi di euro, pari però solo al 15% del potenziale teorico stimato al 2030.
- In termini di performance economico-finanziarie, le aziende circolari hanno evidenziato una maggiore capacità di coprire il costo del debito tramite il risultato operativo, una maggiore generazione di cassa da destinare all’investimento e un minor livello di indebitamento.
- Negli ultimi tre anni, le imprese circolari hanno registrato, inoltre, una probabilità di default più bassa, anche in periodi contraddistinti da forti shock esogeni legati alle materie prime.
- Mostrano, inoltre, un più elevato potenziale innovativo, dovendo far leva su nuove tecnologie, nuovi processi produttivi e nuovi modelli di business. L’Italia risulta al 2° posto in Europa per numero di brevetti circolari, di cui oltre la metà depositati da PMI.
- Pur registrando ottimi livelli di circolarità, l’Italia sta faticando a migliorare le proprie performance, anche per via di un livello di investimento inferiore rispetto agli altri principali Paesi europei. Questo risultato, in parte condizionato dal difficile contesto economico degli ultimi anni, riflette anche la struttura imprenditoriale italiana, composta principalmente da piccole e microimprese con una limitata capacità di investimento.
- Occorre, quindi, valorizzare, in particolare, la forza propulsiva delle PMI per la transizione ad un’economia circolare tramite:
- un miglior accesso agli investimenti in macchinari e tecnologie nonché per i beni intangibili;
- la finanza sostenibile per colmare i gap di investimento, attività in cui gli Istituti Nazionali di Promozione, con la loro visione a lungo termine, svolgono un ruolo centrale;
- il coinvolgimento in eco-sistemi che consentono la collaborazione e lo scambio di pratiche e conoscenze.