Nel Giorno della Giornata Mondiale per la Biodiversità è stato presentato, presso l’Orto Botanico di Roma, il IV Rapporto sul Capitale Naturale predisposto dal Comitato Capitale Naturale. Un documento destinato a rappresentare il faro che avrà il compito di guidare la strategia italiana nella gestione del Recovery Plan, con l’obiettivo di lasciare i sistemi naturali e la biodiversità dell’Italia in uno stato migliore di quello che abbiamo ereditato.
“La mitigazione è l’obiettivo del Recovery Plan: non abbiamo un secondo appello – ha spiegato il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani – e c’è poco da discutere, dobbiamo adottare norme efficaci e agire in favore della biodiversità, con grande intensità, entro i prossimi 5 anni”.
Alla conferenza, condotta dalla giornalista Sveva Sagramola, hanno partecipato anche Antonella Polimeni, rettrice dell’Università di Roma La Sapienza, Fabio Attorre direttore del Museo Orto Botanico di Roma, Antonio Maturani DG PNA del MiTE, Carlo Blasi direttore scientifico del Centro Interuniversitario “CIRBISES“, Roberto Danovaro presidente stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli, Ivan Faiella della Banca d’Italia ecoord. task force G20 finanza sostenibile, Alessandra Stefani DG economia montana e foreste del Mipaaf, Barbara Mazzolai direttore del laboratorio di robotica bioispirata IIT.
Il Capitale Naturale è l’intero stock di risorse naturali, organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche che contribuisco alla produzione di “servizi ecosistemici” (es. depurazione delle acque, stoccaggio del carbonio, rifornimento di materie prime, protezione dal dissesto idrogeologico e moltissimi altri) da cui noi stessi siamo strettamente dipendenti per il nostro benessere e la nostra economia. Compromettere la natura e i suoi servizi significa compromettere la nostra stessa società, con gravi conseguenze non solo dal punto di vita della salute, ma anche da quello economico (si veda in fondo per alcuni dati esemplificativi). Quantificare dal punto di vista economico questi servizi è quindi fondamentale perché solo comprendendo il reale valore della natura è possibile tutelarla e valorizzarla.
Il Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale nasce proprio a questo scopo. Istituito dalla legge 221 del 2015, è un appuntamento annuale che serve a fare un bilancio dello stato di salute dei nostri sistemi naturali e a dare una quantificazione biofisica ed economica dei beni e servizi forniti dall’ambiente. Il Rapporto deve, inoltre, dare indicazioni concrete su come integrare queste considerazioni all’interno delle politiche del Paese affinché il Capitale Naturale da cui dipendiamo sia preservato e, dove necessario, ripristinato.
I Rapporti sul Capitale Naturale non sono quindi uno strumento una tantum, ma costituiscono un processo continuo di integrazione del Capitale Naturale in tutte le politiche italiane, per contribuire a porre il paese sulla strada della sostenibilità.
Anche il Quarto Rapporto si inserisce in questo processo e giunge in un momento particolarmente importante per l’Italia, che sta per mettere a punto la nuova Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030.
Il Quarto Rapporto è presentato in occasione della Giornata Mondiale della Biodiversità proprio per mettere in luce il ruolo centrale della tutela della biodiversità per il benessere della nostra società.
La Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030
La necessità di preservare il capitale naturale per garantire la resilienza dei nostri sistemi socioeconomici, e la stretta interconnessione tra sviluppo sostenibile, contrasto ai cambiamenti climatici e conservazione della biodiversità sono riconosciuti dai diversi impegni internazionali cui l’Italia ha aderito, quali l’Agenda ONU per lo Sviluppo Sostenibile al 2030, il Green Deal europeo e le Strategie Europee per la Biodiversità al 2030 e Farm to Fork.
In attuazione degli impegni internazionali, nel corso del 2021 sarà definita la nuova Strategia Nazionale per la Biodiversità per il 2030, che verrà impostata proprio a partire dai contenuti e dalle indicazioni derivanti dal Quarto Rapporto sul Capitale Naturale, oltre che dalle lezioni apprese dalla precedente Strategia (2011-2020), come analizzati nel Rapporto conclusivo della stessa.
Biodiversità e servizi ecosistemici in Italia
Si riportano di seguito alcuni dati, estratti dal Quarto Rapporto, sullo stato della biodiversità e sulle valutazioni biofisico-economiche dei servizi ecosistemici.
– Su 85 tipologie di ecosistemi italiani censiti, ben 29 risultano ad alto rischio, e sono per lo più quelli legati agli ambienti umidi, quelli di alta quota, alla fascia costiera e alle pianure interessate da agricoltura e zootecnia intensiva. Ad esempio, nella Ecoregione Padana solo l’8% della superficie ospita ecosistemi naturali e seminaturali.
– L’Italia possiede un ricco patrimonio forestale che copre il 40% della superficie nazionale (12 milioni di ettari) ed è tra i più ricchi di biodiversità tra quelli europei. Molte foreste sono però in uno stato ecologico non ottimale e sono minacciate da incendi, tempeste ed epidemie.
– Le foreste italiane immagazzinano un totale di 4,5 miliardi di tonnellate di C02 e ogni anno ne fissano 46,2 milioni di tonnellate (il 12% di tutte le emissioni italiane).
– Il 63% delle specie di uccelli nidificanti in Italia risulta in uno stato di conservazione cattivo o inadeguato, e più di un quarto delle specie di uccelli valutate dalla recente Lista Rossa nazionale risulta a rischio di estinzione.
– Gli ecosistemi marini e costieri sono minacciati dall’impermeabilizzazione del suolo, dal turismo non sostenibile, dall’inquinamento da plastica e dal depauperamento delle risorse ittiche. Le praterie di Posidonia oceanica sono fondamentali per la protezione dall’erosione costiera, come nursery per molte specie oggetto di pesca e per la regolazione del clima grazie al carbonio immagazzinato. Nell’ultimo secolo il 30% delle praterie sottomarine, corrispondente a circa 226.000 tonnellate di carbonio sequestrato all’anno, è andato perso.
Nel Quarto Rapporto è stato stimato che nel periodo 2012-2018 l’entità di molti servizi ecosistemici e il conseguente valore economico sono diminuiti. Tra questi:
– perdite economiche fino a 146 milioni di € associate all’aumento dell’erosione del suolo;
– riduzione di 72 milioni di metri cubi di risorsa idrica disponibile nelle falde acquifere, corrispondente a circa 15 milioni di euro;
– perdita di quasi 2,5 milioni di tonnellate di carbonio immagazzinato nella vegetazione e nel suolo a causa di cambiamenti nell’uso del suolo, con una conseguente perdita di benefici economici che vanno da 491 a 614 milioni di euro;
– perdite potenziali fino a 3,8 miliardi di euro dovute alla riduzione del servizio di regolazione del regime idrologico che comporta 259 milioni di metri cubi di acqua in eccesso.