I cambiamenti climatici causati dalle attività umane hanno un impatto significativo sulla frequenza e sull’intensità degli eventi meteorologici estremi con conseguenze negative sulla salute umana. Fenomeni come le ondate di calore prolungate, periodi di siccità estesi, incendi boschivi di vasta portata e alluvioni devastanti sono collegati ad un aumento del rischio di decessi, lesioni gravi e necessità di ricoveri ospedalieri, sia nell’immediato che nelle settimane successive al verificarsi di tali eventi.
A queste evidenze scientifiche, un nuovo studio pubblicato sulla rivista Environment International e condotto dal team di ricerca dell’Università di Torino e dell’Unità di Epidemiologia AOU Citta della Salute e della scienza di Torino, ora aggiunge che gli eventi estremi legati al cambiamento climatico hanno un impatto sulla salute respiratoria già nelle prime fasi di crescita dei bambini. Nello specifico, lo studio ha rivelato un’associazione preoccupante tra esposizione a eventi estremi nel primo anno di vita e aumento del rischio di respiro sibilante.
La ricerca ha analizzato i dati di 5.704 bambini nati tra il 2005 e il 2016 e partecipanti del progetto NINFEA, uno studio di coorte che ha coinvolto donne in gravidanza e i loro figli su tutto il territorio nazionale. I ricercatori hanno incrociato i dati relativi alla salute respiratoria dei bambini con le informazioni climatiche relative al luogo di nascita, valutando l’esposizione a ondate di calore, siccità, precipitazioni estreme e livelli di particolato fine (PM2.5) derivante da incendi boschivi nel primo anno di vita.
Ondate di calore e siccità: un rischio per la salute respiratoria
I risultati dello studio hanno evidenziato una correlazione significativa tra l’esposizione a ondate di calore e siccità nei primi 12 mesi di vita e l’aumento del rischio di sviluppare respiro sibilante tra i 6 e i 18 mesi di età. In particolare, ogni ondata di calore aggiuntiva nel primo anno di vita è risultata associata a un aumento del 16% del rischio di respiro sibilante. Un risultato allarmante, soprattutto se si considera che il cambiamento climatico in corso sta aumentando la frequenza e l’intensità di questi eventi estremi.
Il ruolo del particolato fine e delle precipitazioni estreme
Lo studio ha anche preso in considerazione l’esposizione al particolato fine (PM2.5) derivante dagli incendi boschivi, un altro fattore di rischio per la salute respiratoria. Tuttavia, in questo caso i risultati sono stati meno chiari, probabilmente a causa del numero limitato di bambini esposti a livelli elevati di PM2.5. Per quanto riguarda le precipitazioni estreme, invece, non è stata riscontrata alcuna associazione con il respiro sibilante.
Implicazioni e prospettive future
La ricerca apre nuove prospettive sulla prevenzione delle malattie respiratorie nei bambini e sottolinea l’importanza di adottare politiche di mitigazione del cambiamento climatico per proteggere la salute delle future generazioni. Come ha sottolineato Silvia Maritano, prima autrice dell’articolo e ricercatrice del dell’Università di Torino presso l’Unità di Epidemiologia AOU Città della Salute e della Scienza di Torino: “I risultati sottolineano l’importanza di considerare le conseguenze del cambiamento climatico come potenziali determinanti di patologie croniche in ottica longitudinale. Questo lavoro apre la strada a nuove ricerche sui rischi a lungo termine del cambiamento climatico, mettendo in luce l’urgente necessità di politiche congiunte di mitigazione e prevenzione volte a ridurre l’esposizione ai fenomeni meteorologici estremi fin dalle prime fasi di vita delle persone”.