Bologna Città 30, il Tar dichiara inammissibile il ricorso dei tassisti e riconosce l’importanza della misura

Il cuore della motivazione è la mancata dimostrazione di una lesione effettiva e attuale agli interessi economici e di un danno concreto all’attività imprenditoriale dei tassisti per l’abbassamento della velocità a 30 km/h, e perciò l’assenza di una utilità per loro dall’eventuale annullamento della misura, che, viceversa, viene esplicitamente riconosciuta come funzionale alla tutela della pubblica incolumità

Il TAR Emilia-Romagna ha respinto con sentenza, dichiarandolo inammissibile, il ricorso proposto da due tassisti per annullare i provvedimenti di “Bologna Città 30”, contro il quale si era costituito in giudizio anche il Ministero dei Trasporti.

Il TAR in via definitiva ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire. Il cuore della motivazione è la mancata dimostrazione di una lesione effettiva e attuale agli interessi economici e di un danno concreto all’attività imprenditoriale dei tassisti per l’abbassamento della velocità a 30 km/h e perciò l’assenza di una utilità per loro dall’eventuale annullamento della misura, che, viceversa, viene esplicitamente riconosciuta come funzionale alla tutela della pubblica incolumità.

I Giudici hanno riconosciuto espressamente che – al contrario di quanto affermato dai ricorrenti – il provvedimento, oltre a non comportare alcun danno economico provato, non viola il diritto costituzionale alla mobilità né ostacola il lavoro: secondo la sentenza, infatti, l’applicazione dei 30 km/h non limita la libertà per i cittadini di muoversi, vivere e lavorare in città, ma semplicemente – come da sempre sostenuto dall’Amministrazione comunale, supportando la scelta con piani internazionali, europei e nazionali, evidenze scientifiche e dati statistici – stabilisce una regola di natura tecnica, non politica, per garantire la sicurezza stradale, la vita umana e un traffico urbano più ordinato.

La sentenza afferma infatti testualmente: “(I ricorrenti) lamentano la lesione del diritto costituzionalmente tutelato alla libertà di circolazione. Quest’ultima, però, non è configurabile, dal momento che i provvedimenti impugnati non colpiscono il bene tutelato dalla Costituzione, in quanto non pongono limiti alla possibilità di muoversi, risiedere e lavorare liberamente sul territorio, ma dettano esclusivamente delle regole tecniche per garantire l’ordinata circolazione e l’incolumità pubblica”.