La Regione Piemonte a partire dal 15 settembre vieta la circolazione dei veicoli diesel Euro 5 a Torino e in buona parte dei Comuni della provincia. Lo stop, che era previsto per il 2025, è stato anticipato di due anni per ridurre l’inquinamento atmosferico. Questo provvedimento, a febbraio 2023, su proposta di Matteo Marnati, assessore all’Ambiente e all’Energia della Regione Piemonte, è stato messo in discussione e ha rischiato di essere rinviato.
I veicoli coinvolti sono i diesel Euro 5 e quelli a benzina Euro 4. I diesel Euro 2 e quelli a benzina Euro 3 potranno circolare solo nei giorni festivi e nei weekend. I veicoli Euro 1 e quelli a benzina Euro 2 non potranno circolare per tutta la settimana. Il divieto sarà in vigore dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 19. Sono coinvolti anche i mezzi per il trasporto merci. Le multe per chi viola il divieto vanno da 163 a 659 euro.
In totale, saranno circa 620.000 i veicoli soggetti al divieto di circolazione, inclusi quelli con motore a benzina fino alla normativa Euro 2 e i veicoli alimentati a Gpl/metano fino alla normativa Euro 1. Per quanto riguarda queste categorie di veicoli, il divieto di circolazione sarà sempre in vigore, e ulteriori restrizioni diventeranno operative nel caso in cui vengano attivati i livelli di allarme arancione o rosso a causa del superamento dei livelli di inquinamento.
In merito al blocco dei diesel Euro 5, negli ultimi giorni imperversa la polemica, infatti, come spiega il Comitato Torino Respira, “la misura comprensibilmente porterà dei disagi ai possessori di questi veicoli come li ha portati a quelli di categoria inferiore già fermati negli anni precedenti”. Per il Comitato paghiamo vent’anni di ritardi della politica ed è quindi necessario ridurre l’inquinamento da traffico per proteggere la salute dei cittadini e non perché ce lo chiede l’Unione europea.
Torino respira spiega che, se la rabbia dei cittadini colpiti da questa misura è comprensibile, non lo sono per niente le dichiarazioni di assessori e ministri responsabili di queste decisioni, che si difendono dicendo che questa misura “è colpa di Bruxelles” e che va fatta perché “ce lo chiede l’Europa”.
Di seguito il comunicato completo del Comitato Torino Respira
A Torino, il 70% delle emissioni di ossidi di azoto sono dovute al traffico e i due terzi delle polveri sottili sono di origine secondaria, cioè si formano per una reazione tra ossidi di azoto e zolfo e l’ammoniaca prodotta dalle attività agricole delle campagne circostanti, in particolare dagli allevamenti intensivi e dall’uso di concimi azotati.
Certo, il riscaldamento e le attività industriali contribuiscono, ma ormai è dimostrato che lo fanno in parte minore, e, che se non si ridurranno in modo molto drastico le emissioni da traffico e agricoltura il problema non si risolverà mai.
Nonostante questo, anziché portare avanti politiche efficaci di riduzione del traffico privato, di sostegno al trasporto pubblico ed alla mobilità sostenibile e di transizione ad una gestione sostenibile dell’agricoltura, chi governa ed ha governato in passato la Regione, ha sempre guardato altrove.
Pochi sanno, ad esempio, che il Piemonte è stata l’ultima tra le regioni del nord Italia ad approvare il Piano Regionale per la Qualità dell’Aria, e che in Piemonte esistono 14 linee ferroviarie sospese, che la Regione stessa voleva chiudere definitivamente anziché trovare soluzioni per il loro rilancio. Non è all’Europa che dobbiamo la riduzione dell’inquinamento dell’aria, è ai cittadini italiani, soprattutto a quelli più deboli, come i bambini che soffrono di malattie croniche e gli anziani che muoiono prematuramente. Lo dobbiamo anche ai nostri figli e nipoti, perché quasi ogni azione per ridurre le emissioni di inquinanti dell’aria è anche un’azione per ridurre le emissioni di gas ad effetto serra e combattere il cambiamento climatico, e non c’è momento migliore della peggiore ondata di caldo estremo di sempre per capire l’importanza di questo obiettivo.
Decisioni come questa però pesano soprattutto sui cittadini economicamente più deboli, che spesso vivono anche nei luoghi serviti peggio dal trasporto pubblico. Per questo non possono arrivare all’improvviso, devono essere spiegate bene e accompagnate da misure di sostegno per evitare che si consolidino sentimenti contrari ad una transizione ecologica sempre più indispensabile e urgente.