La distruzione e lo smaltimento deliberati di beni invenduti o restituiti da parte di produttori e rivenditori online europei contraddicono il Green Deal dell’Unione Europa e il piano d’azione per l’economia circolare e devono essere vietati. Lo chiedono esplicitamente, in un nuovo documento politico pubblicato lunedì 25 ottobre, Ökopol, l’Istituto per le Strategie Ambientali di Amburgo che si occupa da oltre 20 anni della politica ambientale europea, e lo European Environmental Bureau (EEB), la grande rete di circa 140 organizzazioni di cittadini ambientalisti con sede in più di 30 paesi.
Dall’abbigliamento all’elettronica, dai giocattoli, al cibo e ai farmaci: “la pratica negligente di buttare via i prodotti invenduti affligge la maggior parte dei settori, come evidenziato dai recenti scandali in tutta l’Unione Europea” – dicono gli attivisti nel presentare il documento – “i tessili e l’elettronica invenduti o restituiti hanno maggiori probabilità di essere distrutti, e con l’aumento dell’e-commerce e delle strategie commerciali come il fast fashion, la tendenza è destinata a peggiorare drasticamente, a meno che non intervenga la Commissione europea”.
Le ONG chiedono che il divieto di distruzione delle merci invendute e gli incentivi a mantenere i prodotti sul mercato o a promuovere donazioni invece della distruzione siano inclusi nell’iniziativa della Commissione sui prodotti sostenibili, da pubblicare entro la fine del 2021 come parte del Piano d’azione per l’economia circolare.
Belgio, Francia e Germania hanno adottato misure per affrontare la distruzione dei beni invenduti nella loro legislazione nazionale, ma gli attivisti avvertono che tali iniziative devono essere potenziate a livello del mercato unico per essere efficaci.
Stéphane Arditi, direttore dell’economia circolare presso l’EEB, ha dichiarato: “Questo oltraggio non può essere risolto a livello nazionale, finché i prodotti possono essere esportati e distrutti altrove. La Commissione deve vietare la distruzione delle merci invendute a livello dell’UE. Non possiamo permetterci di mandare allo spreco prodotti perfettamente buoni mentre le risorse preziose vengono esaurite per farne di nuovi”.
Se tutte le spedizioni di abbigliamento ed elettronica distrutte in Europa nel 2020 fossero allineate una dopo l’altra, coprirebbero una volta e mezza la circonferenza della Terra, come stimato dalla policy brief, e questa scala potrebbe aumentare fino a raggiungere 6 volte la circonferenza nel 2030, spiega EEB.
Le proiezioni mostrano che il valore dell’elettronica e dell’abbigliamento distrutti nell’UE ammonterà a 21,74 miliardi di euro entro il 2022, che è superiore all’intero PIL di Cipro per l’anno 2020. Se non verranno prese misure politiche, questo potrebbe aumentare fino a 71,29 euro. miliardi entro il 2030, tanto quanto le entrate generate dall’intero mercato dell’e-commerce tedesco nel 2019.
La distruzione delle merci invendute ha un costo estremamente elevato per le persone e per l’ambiente, poiché comporta l’estrazione e il consumo inutili di risorse naturali, le emissioni di CO2 dall’estrazione delle risorse alla distruzione del prodotto, le emissioni di sostanze pericolose durante la fase di produzione, nonché impatti ambientali negativi del trattamento dei rifiuti – tutto questo per prodotti il cui potenziale effettivo non sarà mai realizzato.