In Italia c’è grande interesse per la produzione e l’utilizzo del biometano, considerato una soluzione ad alto potenziale per la decarbonizzazione di diversi settori e tutto sommato semplice da adottare, perché non richiede cambiamenti tecnologici e investimenti infrastrutturali sostanziali per il suo sfruttamento, ma la semplice immissione nella rete esistente di distribuzione del metano. Sul nostro territorio insistono già 115 impianti di biometano allacciati alla rete del metano, di cui 77 al Nord, 13 al Centro e 25 al Sud, per una capacità produttiva totale di quasi 67.000 Smc/h (standard metri cubi all’ora): sono dati ufficiali che fotografano la grande maggioranza degli impianti, anche se non tutti.
“La produzione di biometano immessa in rete al momento equivale a circa 570 milioni di metri cubi/anno, un valore ben lontano dagli obiettivi contenuti nel PNIEC che la fissano a 5,7 miliardi di metri cubi/anno entro il 2030, con un focus sui consumi nei trasporti e nella produzione di energia termica per settori industriali difficili da decarbonizzare (hard-to-abate)”, commenta Paolo Maccarrone, Direttore scientifico dell’Outlook Biometano 2024, redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano e presentato il 27 novembre.
Per accelerare lo sviluppo del settore, il governo italiano ha quindi varato nel 2022 un apposito Decreto (DM del 15/09/2022) che disciplina l’accesso alle risorse stanziate nell’ambito del PNRR, pari a 1,73 miliardi di euro, tra il 2023 e il 2025, finalizzate sia alla riconversione di impianti di biogas già esistenti, sia alla costruzione di nuovi, attraverso un meccanismo di aste competitive. Il Decreto prevede due tipologie di incentivi: un sostegno in conto capitale e una tariffa incentivante per il biometano prodotto. Tuttavia, le 4 aste (su 5) finora concluse hanno registrato una capacità produttiva assegnata inferiore al contingente disponibile e pari a circa 176.000 Smc/h, valore a cui vanno sottratte le rinunce, per cui il contingente effettivo è pari al momento a 122.270 Smc/h (circa un miliardo di metri cubi/anno).
Un trend che vede l’Italia in ritardo rispetto alla capacità attuale delle vicine Francia e Germania. Il biometano infatti è anche al centro delle politiche europee: l’obiettivo al 2030 – sfruttando le risorse del piano REPowerEU – è raggiungere i 35 miliardi di metri cubi di produzione, per favorire la transizione energetica, ma anche rafforzare la sicurezza energetica del continente, priorità emersa con urgenza a seguito del conflitto russo-ucraino. Target specifici sono poi stati definiti per la penetrazione del biometano in settori chiave come quello marittimo e l’aviazione, per promuovere l’adozione di combustibili di origine biologica.
“In un contesto di transizione energetica sempre più urgente, il biometano rappresenta una straordinaria opportunità per combinare sostenibilità ambientale, sicurezza energetica e valorizzazione delle risorse locali – aggiunge Maccarrone – ma il pieno sviluppo di questa filiera richiede un impegno strategico condiviso, capace di superare barriere economiche, normative e logistiche per trasformare un potenziale promettente in un pilastro concreto della decarbonizzazione”.
Tornando alle richieste di autorizzazione, la maggior parte riguarda impianti di biometano di nuova realizzazione: pur condividendo le stesse materie prime, nonché parte del processo di produzione, la conversione (o “upgrade”) degli impianti a biogas per la produzione di biometano non è infatti né semplice (per l’incremento di spazio necessario a ospitare il sistema di upgrading, per lo stoccaggio del digestato) né conveniente sotto una soglia dimensionale minima (o sopra una determinata distanza dalla rete di distribuzione del metano). Inoltre, esistono sistemi di incentivazione anche per gli impianti a biogas, in particolare sotto forma di prezzi minimi garantiti (PMG) per l’energia immessa in rete. Questo “conflitto” tra sistemi di incentivazione è tra le ragioni che hanno portato a un numero di proposte di riconversione estremamente limitato nelle prime aste: i gestori di tali impianti, infatti, stavano attendendo la pubblicazione della nuova tariffa per l’immissione di energia elettrica in rete per valutare il da farsi.