Il WWF Italia traccia un bilancio dell’anno che sta per finire. Ecco una sintesi tra vincitori e vinti delle belle e brutte notizie del 2021 per Clima e Ambiente.
POLLICE IN SU
Clima. Cominciamo dalla COP 26, che ritroveremo anche tra gli sconfitti: da Glasgow esce rafforzato il limite di 1,5°C al riscaldamento globale, e vengono presi importanti impegni volontari tra alcuni Paesi, tra cui la Beyond Oil & Gas Alliance (BOGA). Il Portogallo dice addio al carbone con 9 anni di anticipo.
European Green Deal. Il Parlamento Europeo ha approvato la Strategia la Strategia UE Biodiversità 2030 e la Strategia “Farm to Fork”, che fissano importanti obiettivi per la tutela del 30 per cento delle nostre terre e dei nostri mari entro il 2030 e per la transizione ecologica della nostra agricoltura (nonostante che su quest’ultima sia registrata un’intensa campagna delle lobby contrarie).
Suolo. Il 17 novembre 2021 la Commissione Europea ha presentato la nuova Strategia dell’UE per il suolo per il 2030, “Raccogliere i benefici di suoli sani per le persone, il cibo, la natura e il clima”: un altro importante strumento per l’attuazione del Green Deal in Europa.
Eco-risveglio. Un rapporto realizzato dal WWF in collaborazione con il team l’“Intelligence Unit” dell’Economist emerge come sia in forte crescita in tutto il mondo la consapevolezza sui temi ambientali.
Cibo. In occasione del vertice ONU sui sistemi alimentari (UNFSS – UN Food Systems Summit), il WWF ha presentato un report sull’impatto degli allevamenti intensivi su clima e biodiversità, indicando le soluzioni per una transizione ecologica del settore alimentare.
Foreste. A novembre è arrivata finalmente al Parlamento Europeo la tanto attesa proposta di legge contro la deforestazione “importata” cioè legata alla produzione di beni o commodities (carne bovina, cioccolato ecc).
Re-Nature. L’Unione Europea anticipa la prossima uscita della “Restoration Law” focalizzata proprio sul ripristino degli ecosistemi naturali, in coerenza con quanto stabilito dal Green Deal europeo.
L’impegno internazionale sulla Biodiversità. Il 2021 doveva essere l’anno in cui l’umanità si era ripromessa di prendere impegni decisivi per fermare la drammatica scomparsa di specie ed ecosistemi. Qualcosa si è mosso, come l’iniziativa “Nature Compact” dei Paesi del G7, il comunicato conclusivo del G20 e la “Dichiarazione di Kunming”, in occasione della I Sessione della COP 15 sulla Biodiversità, in cui si è dato un forte impulso alla richiesta di “un obiettivo globale per la natura” da adottare entro il 2022.
Mediterraneo. La commissione Generale per la Pesca in Mediterraneo (CGPM) ha preso decisioni importanti per la gestione sostenibile degli stock ittici, mitigare le catture accidentali di squali e altre specie, contrastare la pesca illegale e creare nuove zone chiuse alla pesca e rafforzare le politiche di salvaguardia della piccola pesca.
POLLICE VERSO
Clima. Alla COP26 non c’è stato il cambio di passo che tutti auspicavano e si aspettavano. Nel 2021 gli eventi estremi si sono moltiplicati in tutto il mondo. Tra i più eccezionali va ricordata l’ondata di calore che a giugno ha investito il Canada, mentre in Italia (Siracusa) abbiamo sfiorato i 49 gradi. Luglio 2021 è stato il mese più caldo di sempre.
Biodiversità. La perdita di natura continua ad un ritmo senza precedenti: nel periodo agosto 2020 – luglio 2021 la deforestazione in Amazzonia ha fatto registrare un aumento del 22%. Secondo l’IUCN negli ultimi 10 anni si sono estinte almeno 160 specie.
Incendi. Nel Mediterraneo, e in particolare in Grecia e Turchia la stagione degli incendi 2021 è stata una delle peggiori degli ultimi decenni, in Italia la peggiore dal 2008. Raggiunti record anche in Siberia dove un solo incendio ha cancellato 1,5 milioni di ettari di foresta.
Agricoltura UE. Si è chiuso a livello europeo il percorso della riforma della Politica Agricola Comune (PAC) post 2022: una pessima riforma che non recepisce gli obiettivi del Green Deal europeo.
PNRR. Un Piano davvero poco verde, bassissimi gli investimenti per mettere in sicurezza il capitale naturale. Appena lo 0,5% dell’ammontare complessivo del PNRR (1,19 miliardi su 195,5 miliardi complessivi) è dedicato alla biodiversità. Limitati e con luci e ombre anche gli interventi sulla decarbonizzazione.
Plastica. Ennesimo rinvio per la “plastic tax” nel Documento programmatico di bilancio per il 2022. L’imposta entrerà in vigore solo nel 2023.
Pesticidi. Dopo aver completato la discussione nelle Commissioni Agricoltura di Senato e Camera la Legge nazionale sull’agricoltura biologica resta incomprensibilmente bloccata alla Camera dei Deputati. E la Commissione Europea rilascia un parere favorevole all’uso del glifosato.
Mare. Nonostante i passi incoraggianti nella gestione regionale, il Mediterraneo è un mare sotto assedio. Lo stato degli stock ittici è ancora drammatico: il 75% è sovrasfruttato, mentre le temperature fanno registrare un + 20%. Ancora lontani i piani di cogestione sperimentati solo in alcuni lungimiranti paesi rivieraschi come la Spagna.
Suolo. Ancora un miraggio la legge sul consumo del suolo in Italia. Ancora una volta il parlamento perde la grande occasione di fermare la cementificazione selvaggia e mettere in sicurezza il territorio.
Il 2021 doveva essere l’anno che ci avrebbe traghettato fuori dalla pandemia. L’anno della transizione ecologica, della ripresa green indotta dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – PNRR, della conferenza sul clima e di quella sulla biodiversità. L’anno che avrebbe dovuto partorire una riforma delle politiche agricole con attenzione a salute e ambiente. L’anno del grande accordo globale contro l’inquinamento da plastica, ma anche l’anno in cui su scala globale finalmente gli accordi di Parigi si sarebbero dovuti trasformare in una serie stringente di azioni e piani per fermare il cambiamento climatico e in cui, a Kunming – in Cina -, ci si riprometteva di definire il quadro di intervento per fermare la perdita di biodiversità terrestre e marina. La non uscita dalla pandemia, ma soprattutto la mancanza di un’effettiva volontà di cambiare economia, politiche e stili di vita, continuando a sottovalutare gli effetti sul clima, sugli ecosistemi e sulla nostra salute, hanno dimostrato come sia difficile conciliare i tempi delle politiche e della consapevolezza con quelli della crisi ecologica e climatica. I ritardi accumulati rischiano così di avvicinarci ad un pericoloso game-over, oltre il quale anche le migliori intenzioni non potranno più fermare l’irreversibilità dei processi.
Ci lasciamo alle spalle un anno difficile, in cui abbiamo misurato sul nostro territorio gli effetti della crisi climatica e ambientale: incendi, ondate di calore, alluvioni, riduzione delle produzioni agricole, siccità hanno un unico comune denominatore, ovvero lo sconvolgimento del clima e la distruzione degli ecosistemi naturali.
In questo difficile quadro l’Italia ha dato segni di vitalità che, però, si devono consolidare e chiarire. Come ad esempio quelli colti nelle parole del presidente del Consiglio Mario Draghi dedicate, nel suo discorso d’insediamento, alla crisi climatica e alla biodiversità. Le attese create con la trasformazione del ministero dell’Ambiente in ministero della Transizione Ecologica per rispondere alle sfide internazionali ed europee o con il varo di un PNRR, che destina alla Rivoluzione Verde e alla Transizione ecologica ben 59,3 miliardi di euro dei 191,5 miliardi assegnati dall’Italia all’Europa.
Ma la trasformazione del nostro Paese è a malapena cominciata e non si percepisce il coraggio politico-istituzionale necessario per intraprendere con decisione e chiarezza la strada verso la decarbonizzazione dell’economia, per conseguire, come indicato dall’Europa la neutralità climatica al 2050 (ed abbattere almeno del 55% le emissioni di gas serra al 2030): anzi, si enfatizzano solo le difficoltà e non le molte e vitali opportunità. Troppo marginale risulta anche essere l’impegno per salvare il nostro capitale naturale e troppo modesti i fondi per realizzare interventi diffusi per la conservazione della natura, con l’obiettivo di tutelare entro il 2030 il 30% del nostro territorio e dei nostri mari, come previsto dalla Strategia Europea per la Biodiversità.