Caro direttore,
la decisione dell’Amministrazione comunale di Bari di ridurre a monodirezionale la pista ciclabile nata come bidirezionale su Viale Iapigia, tra Via Magna Grecia e Via Apulia, lunga m. 470 metri e larga m. 1,90 metri invece dei m. 2,50 metri, lascia esterrefatti, crea un pericoloso precedente e pone una serie di dubbi sulle scelte politiche e tecniche della Giunta Leccese su mobilità urbana di persone e merci.
Innanzitutto va evidenziato che il tratto di ciclabile in questione, concepita per non perdere neppure un posto auto, ha determinato un collo di bottiglia che non consente la doppia fila così come richiesta a gran voce dai commercianti.
Il tratto di ciclabile sotto accusa è una porzione di una nuova pista ciclabile monodirezionale per senso di marcia, voluta dalla precedente Amministrazione, con la sola segnaletica di corsie ciclabili valicabili (art. 3 comma 1, punto 12-bis del Codice della Strada) e quindi con un grado basso di protezione per il ciclista, da Via Gentile a Via San Giorgio Martire, per 7 km. Nel tratto tra la sede della Regione e Via Magna Grecia, a causa dei continui lavori stradali, la segnaletica è stata disegnata e cancellata svariate volte. La presenza di tombini sprofondati rappresenta un ulteriore pericolo per i ciclisti. In corrispondenza dell’intersezione con Via Magna Grecia, senza alcun intervento di messa in sicurezza, da monodirezionali le corsie ciclabili diventano all’improvviso bidirezionali. La pista finisce in corrispondenza con il marciapiede del sottopasso Marconi, mentre per chi arriva in bici da Via Oberdan, nessun segnale indica e consente di fare un pezzo contromano, attraversare e prendere la ciclabile.
Alcune domande sorgono spontanee:
1) Perché è stata adottata quella scelta tecnica invece di trasformare, fin dall’inizio, il tratto incriminato in “strada urbana ciclabile con doppio senso per le bici” (art 49 della legge 120/2020 di riconversione del Decreto Semplificazioni) che può essere ancora attuata?;
2) Non si possono aggiungere piste ciclabili se non si tolgono volumi di traffico dalle strade. La quasi totalità di spostamenti urbani in auto è inferiore a 5 Km. Allora perché il Comune di Bari è ancora in ritardo nell’applicare le norme sul mobility management (DM 27/03/1998 e segg. e Legge n. 77 del 17 luglio 2020 e segg.) secondo cui aziende ed istituzioni di ogni tipo con almeno 100 dipendenti/fruitori devono nominare un mobility manager aziendale incaricato di predisporre un piano degli spostamenti casa-scuola/università, casa-lavoro, finalizzato a ridurre traffico e uso individuale dell’auto privata a favore di altre modalità di trasporto meno impattanti, da attuare con l’assistenza, l’accompagnamento e il coordinamento del mobility manager di area?
3) Il PUMS della Città Metropolitana approvato alla vigilia delle scorse amministrative, se fatto bene, dovrebbe dare indicazioni su come e di quanto ridurre traffico, congestione e incidenti entro i prossimi 10 anni. Qualcuno lo sta consultando? O sta ancora nei cassetti?
4) La Consulta della Mobilità sostenibile, istituita con votazione del Consiglio Comunale nell’ultima seduta utile della scorsa consiliatura prima dello scioglimento per le amministrative e dopo 10 anni di inutili attese, che farà quando verrà insediata se nel frattempo proseguono a ritmi sostenuti tutti gli interventi viari già programmati dalla passata amministrazione?
Lello Sforza
Ex funzionario regionale del Dipartimento Mobilità, già mobility manager e già responsabile mobilità sostenibile. Certificatore europeo di qualità delle ciclovie