Il periodo storico in cui viviamo impone un ripensamento dei nostri consumi energetici. Se risparmiare in bolletta è diventata un’urgenza sociale, farlo in modo sostenibile è una necessità dettata dai cambiamenti climatici in corso. E se a questo si aggiungesse la possibilità di creare impatto sociale nelle comunità di appartenenza, rispondendo ai bisogni soprattutto alle fasce più fragili della popolazione? È questa la ricetta immaginata da Fondazione CON IL SUD, che ha lanciato a giugno di quest’anno il “Bando per le comunità energetiche e sociali al Sud” mettendo a disposizione 1,5 milioni di euro. L’obiettivo è di favorire la nascita di “comunità energetiche” nelle regioni meridionali che favoriscano processi partecipati di transizione ecologica dal basso e riducano la povertà energetica in cui vivono le famiglie che si trovano in situazioni di difficoltà economica e sociale. Si tratta di sistemi innovativi di condivisione e auto consumo dell’energia incentivati anche dalla legislazione attuale, i cui incentivi sono però al momento in stallo in attesa dell’approvazione di alcuni decreti attuativi.
Il bando è scaduto lo scorso 21 settembre ed è già possibile fare una prima valutazione dell’impatto di questa iniziativa.
Riprendiamo il discorso delle comunità energetiche con un’intervista a Valerio Cutolo, vice coordinatore bandi e iniziative di Fondazione CON IL SUD.
Da dove nasce questa esigenza e in che modo le comunità energetiche possono essere “sociali”?
Il bando nasce dall’esperienza della prima Comunità Energetica e Solidale d’Italia a San Giovanni a Teduccio, a Napoli Est, un modello che sta avendo successo da più punti di vista, in particolare per la capacità di rispondere ai bisogni del quartiere e nello specifico del Rione Villa. Qui nella primavera del 2021 è stato installato un impianto con pannelli solari sul tetto della Fondazione Famiglia di Maria, integralmente finanziato dalla Fondazione CON IL SUD con un importo a fondo perduto di 100mila euro.
Di sicuro la situazione attuale in cui ci troviamo è stato un ulteriore incentivo a investire in questo settore. Parlare di modalità alternative di produrre energia rispetto alle grandi utilities e corporate che la producono da lontano e la trasportano e distribuiscono a livello locale, e immaginare di favorire una produzione che parta dal basso ci sembrava utile perché genera processi partecipati di transizione energetica.
Quali sono le caratteristiche di questo bando?
Si tratta di un’iniziativa necessariamente di nicchia in quanto non è facile avviare una comunità energetica. Al momento può sembrare che ci siano diversi strumenti e incentivi per avviarla, primo fra tutti il Pnrr che destina 2,2 miliardi alla realizzazione delle Comunità energetiche nei Piccoli Comuni al di sotto dei 5 mila abitanti, dislocati soprattutto nelle aree interne, ma non è così. Servono non solo risorse ma anche competenze, conoscenza e radicamento nel territorio. Da questo punto di vista, il Terzo settore è il soggetto privilegiato nell’acquisire la giusta fiducia da parte dei cittadini. Ad oggi al Sud sono circa 12 le Comunità energetiche effettivamente avviate e sono arrivate 21 proposte in risposta al bando, di cui riusciremo a finanziare circa la metà. Da una prima analisi dei progetti, sono equamente distribuiti tra aree urbane, aree periurbane e aree interne. Si tratta soprattutto di zone spesso marginali o in condizioni di fragilità. In generale, i numeri sono in linea con il percorso nazionale dove, secondo il report di Legambiente, a maggio 2022 erano in tutto 35 quelle effettivamente avviate.
Il bando ricalca il modello del progetto pilota di San Giovanni a Teduccio, con i dovuti accorgimenti dettati dalle stesse difficoltà riscontrate in questa esperienza. L’obiettivo è quello di avviare comunità energetiche in cui il volano centrale è il Terzo settore, sia come animatore della comunità che in termini di luogo di riferimento per i cittadini. In questo modo crediamo che si crei un rilevante impatto sociale, oltre che ambientale ed economico. Se gli impianti che producono energia da fonte rinnovabili, in primis quelli di energia solare, vengono installati su immobili del Terzo settore al cui al suo interno vengono svolte attività sociali, socio-assistenziali, culturali o educative, si permette un risparmio in termini di auto-consumo che permette di liberare risorse finanziarie da investire in nuove attività e servizi e per ampliare la platea di destinatari.
Le persone che aderiscono alla comunità energetica diventano parte di una comunità e partecipano ai processi decisionali in qualità di soggetti attivi e questo contribuisce a tenerli legati alla comunità energetica stessa. Questo è fondamentale: al momento il gestore dei servizi energetici, il Gse, ha attivato pochissime comunità energetiche che possano accedere al sistema di incentivi ma nessuno li ha ancora ricevuti. La mancanza di ritorno economico crea sfiducia e allontana le persone, ma il ritorno in termini sociale per la comunità è un deterrente ad abbandonare il progetto.
E se un progetto dovesse investire nella creazione di impianti anche per l’auto consumo privato?
Noi siamo aperti a tutte le possibilità. Se i partenariati proponenti hanno risorse proprie da investire o ulteriori impianti coerenti con il quadro legislativo, da installare sulle singole abitazioni o altri beni pubblici come le scuole, è un importante valore aggiunto. Il contributo a fondo perduto di 150mila euro – quindi piccole esperienze pilota – di Fondazione CON IL SUD, però, andrà ad impianti gestiti dalle organizzazioni del Terzo settore.
Come funziona nello specifico una comunità energetica di questo tipo?
Innanzitutto, si costituisce come organizzazione senza scopo di lucro, solitamente associazioni o cooperative a mutualità prevalente, e avrà dei membri che potranno essere soci o meno. Una volta costituita, si definisce chi sono i produttori e chi è i consumatori – talvolta possono coincidere – e si presenta istanza al Gse, il gestore dei servizi energetici per accedere a quel sistema di incentivi. Avuta l’autorizzazione, il gestore paga l’energia che viene condivisa o venduta al gestore stesso. Quella che viene condivisa tra i membri della comunità viene pagata con un incentivo in più. Si tratta solitamente di risparmi in bolletta o entrate per l’associazione che poi andranno reinvestite in attività di utilità sociale.
Considerando che il sistema degli incentivi è al momento fermo, si tratta soprattutto di un investimento per il futuro, giusto?
Si. La speranza è che si sblocchi presto questa situazione. Ci sono molte pressioni in questo senso, come ad esempio dalla Rete delle Comunità energetiche rinnovabili e solidali, di cui Fondazione fa parte. L’impasse è legato al Decreto legislativo 199 del 2021 che ha apportato delle modifiche sul tema, ma mancano ancora i decreti attuativi per poter realizzare pienamente una comunità energetica. L’investimento per il futuro non riguarda solo il risparmio economico, ma anche lo sviluppo di competenze e professionalità, nonché il miglioramento delle precarie condizioni di vita in cui molte persone si trovano.
Considerando la situazione attuale sembra un processo complesso ma anche molto urgente. Quali sono i tempi per l’avvio dei progetti del bando?
Entro febbraio terminerà la prima fase di valutazione delle idee progettuali. Quelle più interessanti passeranno alla seconda fase di progettazione esecutiva in cui Fondazione CON IL SUD, coadiuvata da una serie di esperti, e la rete proponente svilupperanno una proposta esecutiva non solo in termini di partenariato, attività e costi, ma anche per individuare eventuali ulteriori fonti energetiche che potrebbero essere sviluppate a partire dalle potenzialità dei singoli territori. Questo processo terminerà entro l’estate, quando dovrebbero partire le prime comunità energetiche, sperando che per il prossimo autunno l’iter legislativo sul tema sia pienamente concluso.