Una revisione “green” della tassazione applicata alle auto aziendali in Italia può generare in tempi brevi notevoli benefici dando un impulso importante al mercato dell’elettrico e alla decarbonizzazione del trasporto su strada. Agendo sugli strumenti fiscali da qui al 2030 sarebbe infatti possibile incrementare il numero delle auto pulite circolanti, riducendo di conseguenza le emissioni di CO2 e l’import di petrolio, e generare entrate aggiuntive per le casse dello Stato. Lo evidenzia una nuova analisi di Transport & Environment.
Lo studio T&E quantifica gli effetti delle proposte di riforma in merito ad alcuni dei principali strumenti fiscali, dalla tassa di acquisto alla deducibilità del costo dell’auto aziendale fino ai fringe benefit per i dipendenti. Secondo il modello di calcolo utilizzato, se applicate contemporaneamente nel periodo 2023-2030 le revisioni suggerite potrebbero portare alla messa in strada di 606.000 auto elettriche in più (quasi quattro volte tanto rispetto al totale odierno), a un taglio aggiuntivo di un terzo delle emissioni di CO2 (meno 4,3 milioni di tonnellate) e a una riduzione del 26% delle importazioni di petrolio (meno 1,4 milioni di tonnellate) dal comparto aziendale e, infine, a un miglioramento del saldo fiscale quantificato in 1,1 miliardi di euro.
L’indagine evidenzia come una rapida elettrificazione delle flotte aziendali non rappresenti soltanto una strategia di mitigazione climatica capace di rendere la transizione ecologica più accessibile ai consumatori ma anche uno strumento per garantire un sostegno all’industria automobilistica italiana, un aumento dell’indipendenza energetica nazionale e un beneficio per i conti pubblici.
Sono tre le riforme fiscali suggerite dallo studio. Secondo T&E, innanzitutto, è necessario introdurre una tassa di immatricolazione basata sul costo del veicolo e sulle emissioni di CO2. Inoltre, precisa l’indagine, occorre rivedere le imposte sui fringe benefit sostenendo il dipendente che sceglie le auto in base all’impatto ambientale delle stesse e introducendo una nuova categoria a bassa tassazione per i veicoli a emissioni nulle. Infine è opportuno favorire le imprese che optano per una flotta a zero CO2 con una deducibilità integrale del costo dei veicoli elettrici, disincentivando la scelta di mezzi inquinanti con una graduale riduzione dei loro margini di deduzione fiscale.
“Le auto aziendali dovrebbero essere il primo obiettivo dell’elettrificazione stradale, grazie all’effetto di rimbalzo positivo sul mercato dell’usato e sull’accessibilità della transizione ecologica per le famiglie medie”, spiega Elena Lake, responsabile flotte elettriche di T&E Italia. “Il nostro Paese, tuttavia, è ancora in ritardo rispetto alle azioni degli altri governi europei e continua a garantire un trattamento privilegiato alle imprese dotate di flotte inquinanti attraverso la concessione di generosi incentivi fiscali. Una scelta che spiega la lentezza della diffusione dei veicoli elettrici nel canale aziendale”.
Più facili da elettrificare rispetto alle quelle private e capaci di generare un mercato dell’usato in tempi brevi, le flotte aziendali rappresentano un volano strategico per l’accelerazione della mobilità elettrica. Il loro ruolo di traino nella transizione verso modelli di trasporto più sostenibili, peraltro, è riconosciuto da diversi Paesi europei che, da anni, sostengono il settore con riforme capaci di produrre risultati significativi. Le iniziative fiscali condotte nel Regno Unito, ad esempio, hanno consentito alle auto elettriche di acquisire a oggi una quota di mercato del 20% nel comparto dei veicoli aziendali contro il 6% registrato attualmente nella Penisola.
In questo quadro, l’Italia resta indietro. Politiche errate (come gli incentivi per i mezzi inquinanti fino a 135 gCO2/km) e scelte mancate sul piano fiscale stanno ostacolando la transizione elettrica del parco auto nazionale. Il mese scorso, uno studio di T&E ha dimostrato che la tassazione delle auto aziendali nel nostro Paese fa ben poco per promuovere l’adozione di veicoli elettrici da parte delle imprese. Una caratteristica che contrasta con la tendenza generale sperimentata nelle principali nazioni europee.
In risposta alle richieste del mercato continentale e di quello globale, sempre più orientati verso l’acquisto di veicoli a zero emissioni, Stellantis si è impegnata a elettrificare l’intera produzione di veicoli a marchio FIAT entro il 2030. Un chiaro messaggio del governo faciliterebbe la pianificazione della riconversione industriale. E offrirebbe inoltre un supporto alle imprese che potrebbero avere un ruolo decisivo nel sostegno a un’industria nazionale che necessita di una maggiore domanda di auto elettriche per affrontare la transizione. Gli obiettivi di riduzione della CO2 potranno infatti essere raggiunti anche grazie ad aziende responsabili e sostenibili che, tramite la conversione elettrica delle loro flotte, ridurranno drasticamente il loro impatto stimolando al contempo la domanda nazionale di veicoli puliti.
“Nonostante i timori di molti, il passaggio ai veicoli elettrici non danneggerà l’occupazione a livello nazionale. Il governo ha l’opportunità di aumentare i posti di lavoro a livello locale con il sostegno indiretto a un settore automotive che necessita di ambiziose riforme fiscali per l’elettrificazione delle flotte aziendali. La verità è che le scelte sensate e utili all’economia sono tali anche per il clima e viceversa”, conclude Elena Lake.