Giovedì 30 novembre prende il via la 28esima Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP28). Quest’anno la grande conferenza internazionale si tiene a Dubai (Emirati Arabi) e, dopo i dati che parlano di un 2023 come l’anno più caldo di sempre, non mancheranno discussioni sulle tante questioni controverse su cui i Paesi dovranno trovare un terreno comune per affrontare la crisi climatica in atto.
Tra le questioni chiave che verranno trattate ci sarà quindi un focus su come eliminare gradualmente i combustibili fossili e su come finanziare la transizione energetica nei Paesi in via di sviluppo. Di fatto, il compito principale della COP28 è quello di valutare i progressi dei vari Paesi per il raggiungimento dell’obiettivo posto dall’Accordo di Parigi nel 2015 e cioè: limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto di 2 gradi Celsius, puntando ad 1,5.
Il dibattito sui combustibili fossili
Per quanto riguarda il ruolo dei combustibili fossili nell’innalzamento della temperatura globale, I Paesi già durante la COP26 hanno concordato di ridurne l’utilizzo in maniera graduale senza, però, accettare di abbandonarli del tutto nonostante siano la principale fonte di emissioni che contribuiscono a riscaldare il pianeta. Ecco perché tra le previsioni, c’è quella secondo cui i vari Stati dovrebbero aggiornare i propri piani nazionali entro il 2025. Stati Uniti e Unione Europea insistono per un accordo finale che impegni tutti i Paesi a raggiungere l’eliminazione graduale dei combustibili fossili, mentre altre nazioni (tra cui la Russia), sono ancora contrari a questa eliminazione. Inoltre, il presidente entrante degli Emirati Arabi Uniti (Sultan al-Jaber), ha dichiarato che questa eliminazione graduale è “inevitabile”.
Gli stessi Emirati Arabi Uniti, ma anche altri Paesi che dipendono economicamente dai combustibili fossili hanno spinto affinché nella COP28 venga incluso un focus sulle tecnologie per catturare e immagazzinare le emissioni di CO2 nel sottosuolo. Di contro, sia l’UE che altri Stati hanno espresso il timore che tali tecnologie verrebbero utilizzate per giustificare l’utilizzo dei combustibili fossili. Gli Emirati Arabi Uniti, poi, vorrebbero anche lanciare un impegno da parte delle compagnie petrolifere e del gas a ridurre le emissioni, tentandi di coinvolgere l’industria dei combustibili fossili nella lotta al cambiamento climatico.
L’energia pulita
Non mancherà, poi, il focus sull’impiego dell’energia rinnovabile. Per questo non potrà non essere presa in considerazione, la possibilità di inserire negli obiettivi dei piani nazionali, proprio di triplicarne le capacità nazionali, raddoppiando il risparmio energetico entro il 2030. Proposta, questa, che è stata avanzata dall’Unione Europea, dagli Stati Uniti e dalla presidenza COP28 degli Emirati Arabi Uniti.
I finanziamenti per i costi del cambiamento climatico
Tra le tematiche affrontate dai diversi Paesi, non mancherà quella sugli investimenti che servono a mitigare le conseguenza del cambiamento climatico in atto. Di fatto, date le conseguenze catastrofiche a cui stiamo assistendo negli ultimi anni, dovrà essere molto di più rispetto a quanto stanziato fino ad oggi.
Stanto all’ONU: “I Paesi in via di sviluppo avranno bisogno di almeno 200 miliardi di dollari ogni anno entro il 2030 per adattarsi al peggioramento degli impatti climatici come l’innalzamento del mare sulle coste o le tempeste. Inoltre, avranno bisogno di finanziamenti per contribuire a sostituire l’energia inquinante con fonti pulite”.
Non vanno dimenticati, poi, i costi dei danni già causati dai disastri climatici. Il compito dei Paesi alla COP28, quindi, sarà di istituire un fondo “perdite e danni”, che secondo i Paesi in via di sviluppo, dovrebbe stanziare almeno 100 miliardi di dollari entro il 2030.