“Chiudere il cerchio” è un documentario che approfondisce il sistema di deposito cauzionale (DRS) applicato in Slovacchia ai contenitori per bevande monouso. Il sistema, che ha avuto un impatto decisamente positivo sull’ambiente, sulla gestione dei rifiuti e sull’economia del paese, viene qui esaminato in tutti i suoi aspetti.
I rappresentanti della campagna “A Buon Rendere” per l’implementazione del sistema di deposito in Italia si sono recati in Slovacchia per esaminare da vicino il funzionamento del sistema e per ascoltare i racconti diretti dei soggetti coinvolti. Questi includono i produttori e i rivenditori di bevande che, tramite un’organizzazione non profit, gestiscono e finanziando il sistema di deposito. Inoltre, si è prestata attenzione al punto di vista dei cittadini, attraverso gli occhi di una famiglia italo-slovacca.
Cos’è un sistema di deposito cauzionale per bevande
Il sistema di deposito prevede l’aggiunta di un modesto sovrapprezzo al momento dell’acquisto di una bevanda a titolo di deposito o cauzione, che viene interamente restituito al consumatore quando riconsegna il contenitore presso un punto vendita.
Questo meccanismo non solamente incoraggia la raccolta e il riciclo, ma garantisce anche un’effettiva economia circolare di prossimità – come è il caso della Slovacchia – che “chiude il cerchio” con un riciclo da “bottiglia a bottiglia” e da “lattina a lattina”, a differenza dell’Italia. Ovvero gli imballaggi per bevande raccolti in Slovacchia non diventano materia prima seconda per produrre filati, ricambi per auto o altri oggetti che non hanno più un circuito di riciclo, ma alimentano la produzione di imballaggi identici per la cui produzione, in mancanza di materiale da riciclo, dovrebbero essere impiegati polimeri o alluminio vergini.
Un prelievo di risorse evitabile che, in un paese povero di materie prime come l’Italia, mette in crisi anche gli obiettivi climatici e di decarbonizzazione nazionali, e in particolare della filiera degli imballaggi.
Il documentario ha seguito il percorso degli imballaggi restituiti presso i negozi che vengono da lì prelevati per raggiungere un centro di smistamento nazionale dove vengono contati, compattati e successivamente inviati ai riciclatori che li trasformano in nuove bottiglie in PET (adatte al contatto alimentare) e in nuove lattine.
Risultati conseguiti a distanza di due anni
Il DRS in Slovacchia copre una vasta gamma di bevande confezionate, in bottiglie in PET e lattine, e ha raggiunto, a soli due anni dal suo lancio, un impressionante tasso di raccolta del 92%. La gestione di questo sistema è affidata a Správca Zálohového Systému SZ l’organizzazione no-profit che rappresenta la maggior parte dei produttori di bevande e dei rivenditori presenti sul mercato slovacco.
Ancora più significativo, il sistema slovacco ha raggiunto con sei anni in anticipo l’obiettivo del 90% di raccolta al 2029 stabilito dalla direttiva europea sulle plastiche monouso SUP per le bottiglie in PET, dimostrando così la sua efficacia e la sua rilevanza a livello internazionale.
Per avere un termine di paragone, in Italia, – dove si consumano circa 15 miliardi di litri solo di acqua confezionata ogni anno – il tasso di raccolta delle bottiglie in PET per bevande era pari al 67% nel 2022, comprensivo però dei quantitativi, per nulla trascurabili, di bottiglie perse durante il processo di selezione delle plastiche da raccolta differenziata e avviate a smaltimento/incenerimento (dati CONAI).
Nessuna nostalgia per il passato
Come si può sentire dalla viva voce dei protagonisti che gestiscono l’operatività del sistema, e dai diversi soggetti che vi partecipano, non vi è alcuna “nostalgia” per il periodo precedente al 2022 quando partì il sistema.
I produttori di bevande sono soddisfatti perché non vedono più i loro brand nel littering e perché possono riacquistare il loro materiale a prezzi calmierati per raggiungere (e superare) gli obiettivi di contenuto riciclato della direttiva SUP per le bottiglie in PET pari al 25% al 2025 e 30% al 2030.
La Distribuzione Organizzata e i rivenditori indipendenti sono molto soddisfatti sui livelli di copertura delle commissioni di gestione che ricevono dall’amministratore del sistema per ogni imballaggio che raccolgono.
Martin Krajčovič, portavoce di SAMO, l’Alleanza per il Retail Moderno, ha commentato positivamente sulle commissioni di gestione ricevute dai rivenditori di bevande e dalle insegne della GDO (Grande Distribuzione Organizzata) dall’amministratore del DRS. Tali commissioni sono percepite come un adeguato compenso per i costi sostenuti nella raccolta dei contenitori per bevande all’interno dei punti vendita e coprono anche gli investimenti effettuati per l’acquisto delle Reverse Vending Machines.
Krajčovič ha sottolineato che anche i piccoli rivenditori, sebbene potrebbero essere esentati dall’obbligo di avere un punto di restituzione per gli imballaggi, desiderano partecipare volontariamente al sistema. Questo perché vedono nei vantaggi derivanti, come la fidelizzazione della clientela e un miglioramento dell’immagine del punto vendita, un incentivo importante.
Le Municipalità, oltre a beneficiare degli effetti positivi per l’economia e l’occupazione locale, apprezzano la drastica riduzione degli imballaggi per bevande abbandonati sul territorio o conferiti nel rifiuto indifferenziato, e i minori costi che ne conseguono.
Lezioni per l’Italia
Le lezioni da trarre per l’Italia a seguito di questa immersione nel DRS slovacco sono diverse e tutte importanti: sia dal punto di vista economico (considerato che i costi imputati ad un’introduzione del sistema in Italia circolati in Italia sono stati sovrastimati e/o non attribuiti correttamente ai soggetti che in un DRS se ne devono invece fare carico), ma anche ambientale.
In Italia, i benefici ambientali derivanti dalla significativa riduzione dei contenitori di bevande nell’ambiente e nel flusso dei rifiuti non differenziati non sono mai stati accuratamente quantificati, se non attraverso l’analisi dei Costi e dei Benefici condotta dalla Coalizione “A Buon Rendere”. Tale analisi ha evidenziato che ritardare l’implementazione di un sistema di ritorno dei depositi (DRS) per ulteriori anni comporterebbe una perdita di risorse economiche per le comunità, differendo nel tempo i benefici per l’economia del settore e l’impatto positivo sull’occupazione.
A contrastare un’obiezione sollevata da diverse parti nel dibattito nazionale riguardante i costi di implementazione di un sistema di deposito che si pensava gravassero sullo Stato, sui Comuni o sui cittadini, è intervenuto Alessandro Pasquale, proprietario di Mattoni 1873, un’azienda di acque minerali. Ha ribadito che “non ci sono stati costi a carico dello Stato, dei cittadini e dei Comuni dovuti all’introduzione del DRS, poiché i costi di attivazione del sistema e la creazione delle infrastrutture necessarie sono stati sostenuti dai produttori di bevande per un modesto importo iniziale, e tramite un prestito ottenuto dalle banche poi restituito. Tutto ciò è stato reso possibile grazie alla sostenibilità economica del sistema garantita dalle sue tre fonti di finanziamento”.
A smentire un’obiezione diffusa nel dibattito nazionale riguardante i presunti costi di implementazione di un sistema di deposito, che si pensava ricadesse sullo Stato, sui Comuni o sui cittadini, è intervenuto Alessandro Pasquale, proprietario di Mattoni 1873, un’azienda di acque minerali. Egli ha ribadito che “non vi sono stati oneri a carico dello Stato, dei cittadini o dei Comuni derivanti dall’introduzione del DRS. I costi iniziali di attivazione del sistema e di creazione delle infrastrutture necessarie sono stati coperti dai produttori di bevande mediante un modesto importo iniziale e tramite un prestito ottenuto dalle banche, successivamente rimborsato. Questo è stato reso possibile grazie alla sostenibilità economica del sistema, garantita dalle sue tre fonti di finanziamento”.
“Anche l’Italia – ha spiegato Silvia Ricci, Coordinatrice Campagna “A Buon Rendere” – che vede ogni anno uno spreco di sette miliardi di contenitori per bevande, potrebbe raggiungere con un DRS il 94,4% di obiettivo di raccolta in due anni come ha rilevato il nostro studio, risparmiando ogni anno alla fiscalità dello Stato circa 110 milioni di euro imputabili alla sole bottiglie in PET dei circa 800 che paghiamo di Plastic Tax all’Europa ogni anno per gli imballaggi in plastica che non riusciamo a riciclare. Lo studio che abbiamo prodotto è di fatto l’unico in Italia accessibile pubblicamente che quantifica costi e benefici relativi ad una sua introduzione anche da noi. Attendiamo a questo proposito un confronto proficuo con tutti i soggetti potenzialmente interessati dall’implementazione di un DRS nazionale”.
“Nonostante la narrativa che circola in Italia dal momento in cui è stata presentata la proposta della commissione europea sul regolamento imballaggi e rifiuti da imballaggio PPWR sulla capacità del sistema italiano di arrivare all’obiettivo del 90% di raccolta – ha aggiunto Enzo Favoino Coordinatore Scientifico “A Buon Rendere” – non esiste un solo sistema al mondo che vi sia riuscito senza un DRS. Ogni anno perso nel cercare di ritardare un sistema cauzionale si traduce in perdite economiche per tutti quei soggetti e settori che sostengono il peso economico del sistema attuale. In primis mi riferisco allo Stato che, oltre alla Plastic Tax, sta affrontando esborsi importanti per finanziare programmi per l’acquisto di eco-compattatori (che invece, in un sistema cauzionale non richiedono finanziamenti da parte dello Stato, in quanto vengono acquistati e gestiti dalla Distribuzione Organizzata); in seconda battuta, vanno considerati gli oneri sostenuti attualmente dai Comuni, su cui gravano la maggior parte dei costi dovuti alla raccolta differenziata degli imballaggi per bevande (coperti solo in minima parte dalle restituzioni da parte del sistema EPR) e il 100% dei costi dovuti alla rimozione di tali imballaggi nel littering e al loro smaltimento/incenerimento quando conferiti nella raccolta indifferenziata o nei cestini stradali”.