Parliamo di uno strumento essenziale per il rilancio dell’economia circolare, e dunque del raggiungimento degli obiettivi di sicurezza climatica fissati dall’accordo di Parigi del 2015 e confermati dall’Unione europea che ha preso l’impegno di tagliare le emissioni serra del 55% entro il 2030. Obiettivi irraggiungibili senza il passaggio dall’economia lineare all’economia circolare.
L’applicazione dei criteri End of waste procede al rallentatore. Un ritardo che sta producendo pesanti ripercussioni su tutto il sistema del recupero e del riuso dei materiali, con conseguenze negative sia sotto il profilo ambientale che sotto quello economico e occupazionale.
Di qui la proposta di emendamento per la semplificazione delle procedure dell’End of waste, avanzata dal Circular Economy Network, e riferita il 14 giugno in audizione alle Commissioni Ambiente e Affari Costituzionali della Camera da Edo Ronchi, che ha sottolineato gli aspetti centrali di questa sfida.
Il primo di questi aspetti è fare in modo che il riciclo dei rifiuti abbia un ruolo di rilievo nella ripresa economica. Occorre dunque che sia in grado di competere sia con lo smaltimento dei rifiuti che con l’impiego di materie prime vergini anche sotto il profilo delle procedure, che al momento lo penalizzano.
Oggi in Italia – si ricorda nella proposta di emendamento all’art. 34 del decreto legge 31 maggio 2021, n. 77 – “il procedimento per giungere ad un provvedimento end of waste richiede almeno 5 anni e l’articolo 34 non riesce a ridurre i periodi di gestazione di tali provvedimenti e, di conseguenza, non permette di allineare i tempi della burocrazia a quelli dell’avanzamento tecnologico. Eppure, questo è un elemento chiave per vincere la sfida della transizione ecologica. Non bisogna infatti dimenticare che oggi anno vengono immessi nel mercato numerosi nuovi prodotti, che richiedono nuove tecnologie per poter riciclare i rifiuti che ne derivano”.
Si tratta poi di applicare l’intero comma 4 dell’art.6 della Direttiva 2018/851. La seconda parte, quella relativa alla semplificazione delle procedure, è infatti mancante e questa assenza compromette l’applicazione dello spirito e delle finalità della direttiva. Occorre reinserire questo passaggio: “adottare misure appropriate per verificare che determinati rifiuti abbiano cessato di essere tali”.
Infine un altro punto da sbloccare è la semplificazione in materia di controlli. Un primo passo in questa direzione è stato fatto dal governo Draghi, ma non è sufficiente: l’attuale sistema è ridondante, farraginoso e penalizzante per le attività di riciclo. Occorre riportarlo alle procedure ordinarie di controllo.
Le semplificazioni rappresentano uno degli assi centrali dell’agenda del governo Draghi. Un primo banco di prova in questo senso viene dall’End of waste, le norme che disciplinano la cessazione della qualifica di rifiuto e la possibilità per un materiale scartato da una famiglia o da un’impresa di reinserirsi nel ciclo produttivo.
Parliamo di uno strumento essenziale per il rilancio dell’economia circolare, e dunque del raggiungimento degli obiettivi di sicurezza climatica fissati dall’accordo di Parigi del 2015 e confermati dall’Unione europea che ha preso l’impegno di tagliare le emissioni serra del 55% entro il 2030. Obiettivi irraggiungibili senza il passaggio dall’economia lineare all’economia circolare.
L’applicazione dei criteri End of waste procede al rallentatore. Un ritardo che sta producendo pesanti ripercussioni su tutto il sistema del recupero e del riuso dei materiali, con conseguenze negative sia sotto il profilo ambientale che sotto quello economico e occupazionale.
Di qui la proposta di emendamento per la semplificazione delle procedure dell’End of waste, avanzata dal Circular Economy Network, e riferita il 14 giugno in audizione alle Commissioni Ambiente e Affari Costituzionali della Camera da Edo Ronchi, che ha sottolineato gli aspetti centrali di questa sfida.
Il primo di questi aspetti è fare in modo che il riciclo dei rifiuti abbia un ruolo di rilievo nella ripresa economica. Occorre dunque che sia in grado di competere sia con lo smaltimento dei rifiuti che con l’impiego di materie prime vergini anche sotto il profilo delle procedure, che al momento lo penalizzano.
Oggi in Italia – si ricorda nella proposta di emendamento all’art. 34 del decreto legge 31 maggio 2021, n. 77 – “il procedimento per giungere ad un provvedimento end of waste richiede almeno 5 anni e l’articolo 34 non riesce a ridurre i periodi di gestazione di tali provvedimenti e, di conseguenza, non permette di allineare i tempi della burocrazia a quelli dell’avanzamento tecnologico. Eppure, questo è un elemento chiave per vincere la sfida della transizione ecologica. Non bisogna infatti dimenticare che oggi anno vengono immessi nel mercato numerosi nuovi prodotti, che richiedono nuove tecnologie per poter riciclare i rifiuti che ne derivano”.
Si tratta poi di applicare l’intero comma 4 dell’art.6 della Direttiva 2018/851. La seconda parte, quella relativa alla semplificazione delle procedure, è infatti mancante e questa assenza compromette l’applicazione dello spirito e delle finalità della direttiva. Occorre reinserire questo passaggio: “adottare misure appropriate per verificare che determinati rifiuti abbiano cessato di essere tali”.
Infine un altro punto da sbloccare è la semplificazione in materia di controlli. Un primo passo in questa direzione è stato fatto dal governo Draghi, ma non è sufficiente: l’attuale sistema è ridondante, farraginoso e penalizzante per le attività di riciclo. Occorre riportarlo alle procedure ordinarie di controllo.