La COP29, conclusa a Baku, Azerbaigian, ha deluso le aspettative di molti, rivelandosi insufficiente per affrontare l’urgenza climatica. Kyoto Club, attraverso le dichiarazioni della presidente Letizia Magaldi e del direttore scientifico Gianni Silvestrini, ha criticato duramente i risultati raggiunti, evidenziando una mancanza di ambizione e l’eccessiva influenza degli interessi legati ai combustibili fossili.
Magaldi ha sottolineato come l’accordo sul finanziamento climatico preveda 300 miliardi di dollari all’anno fino al 2035, un importo triplicato rispetto agli impegni precedenti ma ancora lontano dai 1.300 miliardi di dollari annui necessari. Inoltre, permangono gravi incertezze sulla provenienza dei fondi, su chi sosterrà gli investimenti e sulla distinzione tra finanziamenti pubblici e privati, o tra prestiti e contributi.
La conferenza, tenutasi in un Paese come l’Azerbaigian, le cui esportazioni dipendono per il 90% dai combustibili fossili, è stata pesantemente influenzata dalla presenza di 1.773 delegati dell’industria petrolifera, del gas e del carbone, a discapito delle voci ambientaliste. Secondo Magaldi, si tratta di un progresso minimo, che manca della pianificazione concreta e condivisa necessaria per rispondere agli impatti climatici che affliggono i Paesi più vulnerabili.
Gianni Silvestrini ha aggiunto che il contesto della COP29 ha reso evidente la crisi di leadership globale nella lotta al cambiamento climatico. “L’Europa, tradizionalmente protagonista, appare indebolita”, ha affermato, mentre la Cina, nonostante l’uso massiccio di carbone, potrebbe emergere come motore positivo per le prossime COP. Ha inoltre criticato la forte influenza degli interessi fossili e la mancanza di visione per il futuro, sottolineando che il fondo approvato, pur essendo un passo avanti, non è all’altezza dell’enormità della sfida climatica.
Kyoto Club guarda con speranza alla COP30, che si terrà in Brasile, nel cuore della foresta amazzonica, auspicando che un cambio di atmosfera porti risultati più concreti e ambiziosi. Tuttavia, il successo dipenderà dalla capacità dei leader mondiali di assumere una responsabilità condivisa e di contrastare gli interessi che continuano a rallentare la transizione ecologica globale.