Detrazioni fiscali per l’edilizia: i tre difetti e le sette soluzioni di FREE

Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa del Coordinamento Free per le rinnovabili che esprime preoccupazione per le possibili scelte del Governo in merito alle detrazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie e, in particolare, per l’ecobonus. "Riteniamo che la filiera delle costruzioni sia fondamentale per l’economia del Paese e che il parco immobiliare nazionale richieda una campagna di riqualificazione non solo per finalità energetiche, ma anche per aumentarne la resilienza agli eventi atmosferici estremi"

Il Coordinamento FREE esprime preoccupazione per le possibili scelte del Governo in merito alle detrazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie e, in particolare, per l’ecobonus. Riteniamo che la filiera delle costruzioni sia fondamentale per l’economia del Paese e che il parco immobiliare nazionale richieda una campagna di riqualificazione non solo per finalità energetiche, in accordo con gli obiettivi comunitari della direttiva case green, ma anche per aumentarne la resilienza agli eventi atmosferici estremi e la resistenza ai terremoti, e migliorarne il comfort e la salubrità.

La proposta in esame, attualmente prevista in finanziaria, che auspichiamo possa essere modificata nell’interesse delle imprese e dei cittadini, presenta a nostro parere tre difetti:

  1. riduce le aliquote, già dal 2026, a livelli che non sono in grado né di stimolare gli interventi di riqualificazione edilizia, né di scongiurare tendenze al rafforzamento del mercato nero;
  2. mette sullo stesso piano interventi di qualità, come quelli per la riqualificazione energetica spinta e quelli per l’antisismica, con quelli a basso valore aggiunto, impatto limitato sull’economia e incapacità di rispondere ai reali bisogni di famiglie e imprese in termini di sicurezza, comfort e riduzione dei costi energetici;
  3. non risulta in linea con gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), pubblicato pochi mesi fa per definire le azioni da compiere da qui al 2030, né è stata accompagnata da proposte legislative mirate a spostare su altre misure il supporto alla riqualificazione energetica e sismica degli edifici.
     

Tutto ciò produrrà un ulteriore rallentamento del mercato delle ristrutturazioni, una riduzione della qualità degli interventi, l’assenza di opere di mitigazione da rischio sismico, climatico e idrogeologico, e l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi della direttiva case green.

«Ciò che sconcerta è la visione di breve periodo che si evince da questo provvedimento del Governo. – afferma Attilio Piattelli, presidente del Coordinamento FREE – Molte altre nazioni, che hanno adottato provvedimenti per l’efficienza energetica e le rinnovabili negli edifici, si sono date orizzonti almeno decennali. Germania, Francia, Olanda e Svezia hanno messo a punto incentivazioni di tale durata perché così facendo si dà il tempo a tutte le imprese della filiera edile di strutturarsi con coerenza ed efficacia, permettendo un vero e solido sviluppo dei mercati. Per non parlare dell’Inflaction Reduction Act statunitense, che, oltre alla durata di dieci anni, ha messo sul piatto 370 miliardi di dollari di deduzioni fiscali sull’efficienza energetica e le rinnovabili. L’Italia con questa scelta miope cessa di fare politica in un settore strategico per il contrasto al cambiamento climatico, che ha un grande futuro e che dà lavoro in tutta Italia a tantissime piccole e medie imprese».

D’altra parte, se le motivazioni sono legate alla tenuta dei conti pubblici, evidenziamo come numerosi studi realizzati negli anni passati, sia da soggetti pubblici che privati, concordano nella sostanziale neutralità dell’ecobonus su tale fronte, in quanto le maggiori entrate pubbliche legate all’emersione dal nero e allo sviluppo della filiera tendono a pareggiare sostanzialmente le uscite legate alle detrazioni. Ci sembra dunque che lo strumento delle detrazioni fiscali già di per sé rappresentasse una politica in grado di rispondere all’esigenza di rilancio dell’economia senza gravare sui conti pubblici.

«La riqualificazione degli edifici è un tipico ambito in cui si possono mettere insieme misure volte a migliorare la sicurezza, il comfort, la salute e l’incremento di valore degli asset con altre mirate a ridurre le emissioni e la bolletta energetica di famiglie e imprese. Il tutto sviluppando una filiera che dà lavoro a oltre 1,5 milioni di persone. – afferma Dario Di Santo, direttore di FIRE – Con un giusto livello di detrazioni fiscali è possibile a nostro parere fare fruttare le risorse economiche investite in questo settore sfruttando al meglio l’esperienza e le capacità della filiera dell’efficienza energetica che l’Italia, povera di risorse, ha sviluppato nei decenni. Il nostro Paese presenta ancora un’intensità energetica primaria migliore di Germania e Francia (83 tep/M€ contro 91 e 101 tep/M€), ma ha perso negli ultimi vent’anni la leadership che aveva, fra i Paesi manifatturieri, sull’intensità energetica finale: significa che stiamo perdendo la capacità di produrre più ricchezza consumando meno energia e ciò si riflette negativamente non solo sulla sicurezza energetica, ma sulla capacità delle nostre imprese di rimanere competitive. Occorre invece puntare – con politiche lungimiranti e con orizzonte di medio periodo che siamo certi il Governo può mettere in campo – sull’opportunità offerta dalle ristrutturazioni per dare slancio alle nostre imprese e aiutare le nostre famiglie a vivere meglio». 

A tal fine si potrebbe anche prevedere di ridurre le detrazioni fiscali e di affidare ad altri strumenti, come il Conto Termico, il compito di stimolare gli interventi di riqualificazione energetica. Ciò supererebbe il limite dell’inadeguatezza delle detrazioni fiscali a supportare interventi da parte degli incapienti. Ci sarebbero però alcune questioni da superare: il conto termico è pensato per promuovere la riqualificazione energetica e non interviene sugli aspetti della sicurezza antisismica e della resistenza agli eventi climatici estremi. Inoltre, nella bozza di revisione circolata in primavera, i consumatori residenziali non sono ammessi per gli interventi di efficientamento energetico, ma solo per le fonti rinnovabili. Non va infine sottovalutato il fatto che spostare sulle tariffe di elettricità e gas i costi della misura non crea grandi problemi finché ci si attesta intorno a qualche miliardo di euro, ma sarebbe più difficile da immaginare sulle scale di costo di un ordine di grandezza superiore necessarie allo scopo.

Il Coordinamento FREE propone dunque:

  1. di mantenere in esistenza l’aliquota del 65% per gli interventi di riqualificazione energetica, prevedendolo per gli interventi meritevoli in termini di potenziale di decarbonizzazione fino al 2030;
  2. di valutare l’introduzione di un’aliquota del 75% per le ristrutturazioni che coniughino riqualificazione energetica, sismica e resistenza agli eventi estremi;
  3. di non prevedere benefici per l’uso di caldaie a gas;
  4. di prevedere l’impiego del Conto Termico anche per la riqualificazione energetica degli edifici per gli utenti residenziali, con impegni di spesa annui predefiniti, anche per supportare gli interventi da parte degli incapienti;
  5. di valutare, in alternativa alle prime due opzioni, la possibilità di cumulare le detrazioni fiscali con il Conto Termico, comunque estendendolo come indicato al quarto punto;
  6. di facilitare l’uso degli Energy Performance Contract o dei Contratti di Servizio Energia consentendo alle ESCO di accedere direttamente alle misure di supporto sia di natura fiscale che in conto capitale, in analogia a quanto avviene già oggi nel caso di Conto Termico applicato alla Pubblica Amministrazione;
  7. di rivedere il Fondo Nazionale per l’Efficienza Energetica, da coniugare con le altre misure per favorire l’accesso ai finanziamenti e consentire l’intervento delle ESCO e delle altre imprese coinvolte nella riqualificazione degli edifici anche con le detrazioni fiscali.
     

Riteniamo che sia possibile mettere in campo queste proposte senza gravare sui conti pubblici in modo non sostenibile e rispettando gli obiettivi in tal senso che il Governo ha nei confronti dell’Unione Europea. Con il beneficio di stimolare la filiera delle costruzioni e di rinnovare gli edifici in linea con le esigenze degli occupanti, gli obiettivi climatici e la riduzione dell’esposizione ai rischi legati a terremoti ed eventi estremi, dei quali ormai non si può più trascurare né la frequenza né la sempre crescente intensità.

«Abbiamo bisogno di politiche lungimiranti e non regressive soprattutto per quei settori che oltre a essere fondamentali per la riduzione delle emissioni, rappresentano un’opportunità di lavoro per migliaia di aziende italiane – conclude Attilio Piattelli – Il Coordinamento FREE è a disposizione delle Istituzioni e del Governo per ragionare sulle misure da mettere in campo a questo scopo».