L’incenerimento di rifiuti è attualmente la forma di energia più inquinante del Regno Unito

Lo dice un'analisi della BBC, secondo cui le emissioni di gas serra prodotte dagli impianti di incenerimento sono paragonabili a quelle del carbone. Quasi metà dei rifiuti domestici, in particolare la plastica, viene bruciata, causando gravi danni al clima. Gli esperti avvertono che questa pratica compromette gli sforzi per ridurre le emissioni e aumentare il riciclo, mentre politiche e contratti a lungo termine sostengono la proliferazione degli inceneritori, aggravando ulteriormente la crisi ambientale

Incenerimento rifiuti Regno Unito

Secondo un’analisi della BBC, bruciare i rifiuti domestici in grandi inceneritori per produrre elettricità è attualmente il metodo più inquinante con cui il Regno Unito produce energia. Quasi la metà dei rifiuti prodotti nelle case britanniche, incluse quantità crescenti di plastica, viene ora incenerita. Gli scienziati avvertono che questo è un “disastro per il clima” – e alcuni chiedono un divieto per nuovi inceneritori.

La BBC ha esaminato cinque anni di dati provenienti da tutto il paese e ha scoperto che, per ogni unità di energia, bruciare rifiuti produce la stessa quantità di gas quanto il carbone, materiale che è stato abbandonato dal Regno Unito il mese scorso.

L’Environmental Services Association, che rappresenta le aziende di gestione dei rifiuti, ha contestato questi risultati, affermando che le emissioni derivanti dalla gestione dei rifiuti sono “difficili da evitare”.

La decisione di puntare sempre più sull’incenerimento risale a circa quindici anni fa, quando il governo, preoccupato per l’impatto ambientale delle discariche, decise di aumentare le tasse per lo smaltimento dei rifiuti in questo modo. Di fronte a costi sempre più elevati, dice BBC, i consigli locali hanno trovato negli inceneritori una soluzione apparentemente conveniente per produrre energia e gestire i rifiuti. Negli ultimi cinque anni, il numero di questi impianti è aumentato in modo esponenziale, passando, solo in Inghilterra, da 38 a 52. Con il 3,1% dell’energia del Regno Unito prodotta da inceneritori, è evidente che questo problema non può più essere ignorato.

Tuttavia, questa scelta ha un prezzo altissimo per l’ambiente, dice l’indagine. L’incenerimento produce ingenti quantità di gas serra, contribuendo in modo significativo al cambiamento climatico. Eppure l’industria dello smaltimento rifiuti lo definisce “un’alternativa verde alle discariche”. Questo, secondo BBC, è certamente il caso per i rifiuti alimentari, ma non è il caso per i rifiuti plastici. La plastica è fatta di combustibili fossili e bruciarla, piuttosto che seppellirla in discarica, produce elevati livelli di gas serra.

L’analisi quinquennale dell’emittente inglese, utilizzando dati sui livelli effettivi di inquinamento degli inceneritori, ha scoperto che gli impianti di “termovalorizzazione” stanno ora producendo la stessa quantità di gas serra per unità di elettricità come se stessero bruciando carbone. Negli ultimi trent’anni, il Regno Unito ha ridotto l’uso del carbone a causa del suo elevato inquinamento – e il mese scorso ha chiuso la sua ultima centrale a carbone. Decisione che il governo spera che possa aiutare a raggiungere l’obiettivo al 2030 di non produrre emissioni di carbonio per la produzione di energia elettrica.

Secondo l’analisi della BBC, l’energia prodotta dai rifiuti è cinque volte più inquinante rispetto alla media dell’unità di elettricità del Regno Unito. È una “situazione insensata”, dice Ian Williams, professore di scienze ambientali applicate presso l’Università di Southampton. “La pratica attuale di bruciare rifiuti per energia e costruire sempre più inceneritori per questo scopo è in contrasto con il nostro desiderio di ridurre le emissioni di gas serra. Aumentarne l’uso è disastroso per il nostro clima”, ha affermato Williams.

Lord Deben, il ministro conservatore per l’ambiente che ha introdotto la tassa sulla discarica nel 1996, ha dichiarato alla BBC: “Abbiamo troppi inceneritori, e non dovremmo averne altri… iniziano a intaccare la nostra capacità di riciclare”. Eppure, gli inceneritori continuano a essere costruiti in Inghilterra. Il mese scorso il governo del Regno Unito ha approvato un nuovo impianto da 150 milioni di sterline in Dorset, annullando di fatto la decisione del consiglio locale di bloccarlo.

A causa delle preoccupazioni ambientali, negli ultimi anni, Galles e Scozia hanno introdotto divieti su nuovi impianti di incenerimento. Molti accademici e gruppi ambientalisti di spicco hanno lanciato diversi appelli affinché gli stessi divieti vengano introdotti anche in Inghilterra e Irlanda del Nord.

Tra i vari gruppi che chiedono il divieto di nuovi impianti di incenerimento, il UK Climate Change Committee, che ha raccomandato che non vengano costruiti altri impianti se non verranno adottate soluzioni per catturare tutte le loro emissioni di carbonio.

Attualmente, nel Regno Unito, solo quattro inceneritori su un totale di 58, dispongono di piani approvati per la cattura delle loro emissioni, insieme a un progetto pilota attualmente in fase di attuazione. Questo progetto, situato a Ferrybridge EfW, è in grado di raccogliere una tonnellata di anidride carbonica al giorno; tuttavia, l’impianto genera oltre mezzo milione di tonnellate di CO2 all’anno.

L’incenerimento dei rifiuti nel Regno Unito, un problema crescente

Secondo la BBC, senza interventi, si prevede che l’uso degli inceneritori nel Regno Unito continuerà a crescere e diventerà probabilmente più inquinante. Attualmente, ci sono decine di nuovi impianti in fase di pianificazione e quelli esistenti stanno aumentando la loro capacità. L’indagine della BBC ha scoperto che quasi la metà di tutti gli inceneritori nel Regno Unito è riuscita a ottenere un aumento di capacità approvato dall’Environment Agency senza richiedere un nuovo permesso, anche se l’approvazione richiederebbe una consultazione pubblica.

Secondo i dati del governo locale, i rifiuti che stanno bruciando sono sempre più composti da plastica che, essendo prodotta da combustibili fossili, è il tipo di rifiuto più inquinante da bruciare. Secondo le stesse statistiche del governo, bruciare plastica produce 175 volte più anidride carbonica (CO2) rispetto a interrarla in discarica.

In aprile, il precedente governo conservatore, mentre veniva esaminato il ruolo della combustione dei rifiuti, aveva introdotto un divieto temporaneo sui permessi per nuovi inceneritori. Il divieto è però scaduto a maggio e non è stato rinnovato. L’attuale governa non sembra essersi ancora esposto sulla questione.

Calcolo delle emissioni degli inceneritori britannici

Per calcolare le emissioni prodotte per unità di energia dagli inceneritori in Inghilterra, la BBC ha dovuto ottenere i dati sulle emissioni prodotte e sull’output energetico di questi impianti.

Ogni inceneritore nel Regno Unito produce rapporti di monitoraggio annuale che registrano le principali statistiche associate all’impianto, comprese le sue emissioni totali. Tuttavia, in alcuni casi, le emissioni non erano registrate nel rapporto di monitoraggio annuale, quindi sono stati utilizzati i dati riportati nel rapporto sull’inventario delle emissioni del governo.

L’IPCC, l’organismo scientifico sul clima delle Nazioni Unite, raccomanda che le “emissioni biogeniche” – che derivano dalla combustione di materia organica come il cibo – non siano incluse nei calcoli perché sono registrate sotto le emissioni del settore terrestre e forestale. Per questo motivo, per la BBC è stato necessario rimuovere queste emissioni biogeniche dal totale, calcolando la percentuale di rifiuti organici bruciati.

Alcuni operatori hanno registrato questi dati, ma nei casi in cui non lo hanno fatto, le linee guida del governo consigliano di applicare un fattore basato sulla percentuale di rifiuti domestici considerati biogenici durante un’indagine del 2017 condotta dall’ONG ambientale WRAP.

Questo ha permesso alla BBC di calcolare le emissioni fossili totali, cioè quelle associate alla combustione di rifiuti non organici (inclusa la plastica).

Infine, è stato calcolato un indice di intensità di carbonio – cioè le emissioni di carbonio per unità di energia generata – per ogni sito, dividendo le emissioni fossili totali per l’energia prodotta.

Il supporto metodologico è stato fornito da Francesco Pomponi, professore di scienze della sostenibilità presso l’Edinburgh Napier University; Massimiliano Materazzi, professore associato di ingegneria chimica all’University College London; e dal Dr. Jim Hart, consulente di sostenibilità.