Mentre la digitalizzazione guida la crescita economica globale, le sue ripercussioni ambientali stanno diventando sempre più gravi, soprattutto per i paesi in via di sviluppo. Questo, in estrema sintesi, ciò che emerge dal Digital Economy Report 2024 dell’Un Trade and Development, che spiega come i paesi più poveri “rimangono colpiti in modo non uniforme, sia ecologicamente che economicamente, a causa dei gap digitali e di sviluppo esistenti, ma hanno il potenziale per sfruttare il cambiamento digitale”.
Rebeca Grynspan, segretaria generale dell’UNCTAD: “Dobbiamo sfruttare il potere della digitalizzazione per promuovere uno sviluppo inclusivo e sostenibile, mitigando al contempo i suoi impatti ambientali negativi. Ciò richiede uno spostamento verso un’economia digitale circolare, caratterizzata da un consumo e una produzione responsabili, dall’uso di energia rinnovabile e da una gestione completa dei rifiuti elettronici. Il crescente impatto ambientale dell’economia digitale può essere invertito”.
Le criticità principali che sottolinea il rapporto includono l’esaurimento delle materie prime finite e a basse emissioni, l’escalation del consumo di acqua ed energia e il crescente problema dei rifiuti. “Man mano che la digitalizzazione progredisce a un ritmo senza precedenti, comprendere il suo legame con la sostenibilità ambientale diventa sempre più critico”.
Le nazioni in via di sviluppo sopportano il peso ma non ne raccolgono i benefici
Per quanto riguarda nello specifico i paesi in via di sviluppo, il discorso parte dalla loro fondamentale importanza all’interno della catena di approvvigionamento globale per i minerali e i metalli di transizione. I vasti giacimenti minerali dell’Africa, ad esempio, essenziali per il passaggio alle tecnologie a basse emissioni di carbonio e digitali, includono cobalto, rame e litio, cruciali per un futuro energetico sostenibile. Il continente detiene riserve significative: 55% del cobalto mondiale, 47,65% di manganese, 21,6% di grafite naturale, 5,9% di rame, 5,6% di nichel e 1% di litio.
Secondo la Banca Mondiale, la domanda di alcuni di questi minerali potrebbe aumentare del 500% entro il 2050 e questo rappresenta un’opportunità per i paesi in via di sviluppo ricchi di risorse, ma solo “se possono aggiungere valore ai minerali estratti, utilizzare i proventi in modo efficace e diversificare all’interno della catena del valore e di altri settori”. Il report spiega che “dovrebbero massimizzare questa opportunità attraverso la lavorazione e la produzione nazionali”, perché questo “li aiuterebbe ad assicurarsi una quota maggiore dell’economia digitale globale, a generare entrate governative, a finanziare lo sviluppo, a superare la dipendenza dalle materie prime, a creare posti di lavoro e ad aumentare gli standard di vita”.
Aumento del consumo di energia e acqua, crescente rifiuto digitale
Nello specifico, l’impronta ambientale del settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) è significativa, e comprende l’intero ciclo di vita dei dispositivi e delle infrastrutture digitali, dall’estrazione e dalla lavorazione delle materie prime, alla produzione, alla distribuzione, all’uso e allo smaltimento di scarti e rifiuti. Si tratta di un processo che consuma grandi quantità di minerali di transizione, energia e acqua, contribuendo in modo significativo alle emissioni di climalteranti e all’inquinamento.
Nel 2020, le emissioni equivalenti di CO2 del settore ICT sono state stimate tra 0,69 e 1,6 gigatonnellate, rappresentando l’1,5-3,2% delle emissioni globali di gas serra, una cifra che dovrebbe aumentare con la crescita dell’economia digitale.
Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e il mining delle criptovalute sono particolarmente preoccupanti. Il mining di Bitcoin, ad esempio, ha visto il suo consumo globale di energia aumentare di circa 34 volte tra il 2015 e il 2023, raggiungendo una stima di 121 TWh. Tra il 2018 e il 2022, il consumo di elettricità di 13 grandi operatori di centri dati è più che raddoppiato, evidenziando l’urgente necessità di affrontare le impronte energetiche e idriche di queste tecnologie.
Anche l’e-commerce è aumentato, con gli acquirenti online che sono cresciuti da meno di 100 milioni nel 2000 a 2,3 miliardi nel 2021. Questo aumento ha portato ad una crescita del 30% dei rifiuti legati al digitale dal 2010 al 2022, raggiungendo 10,5 milioni di tonnellate a livello globale. In questo caso sono la manipolazione e lo smaltimento inadeguato dei rifiuti ad aggravare le disuguaglianze ambientali, con un impatto sproporzionato sui paesi in via di sviluppo.
L’UNCTAD chiede uno spostamento strategico per una digitalizzazione sostenibile e inclusiva
Per tutte queste ragioni l’UNCTAD chiede “modelli di business innovativi e politiche solide” per migliorare la sostenibilità ambientale della crescita digitale. Le raccomandazioni chiave includono:
- Adottare modelli di economia circolare: dare priorità al riciclaggio, al riutilizzo e al recupero dei materiali digitali per ridurre i rifiuti e gli impatti ambientali.
- Implementazione dell’ottimizzazione delle risorse: sviluppare strategie per utilizzare le materie prime in modo più efficiente e ridurre il consumo complessivo.
- Rafforzare i regolamenti: applicare standard e regolamenti ambientali più severi per mitigare l’impronta ecologica delle tecnologie digitali.
- Investire nell’energia rinnovabile: promuovere la ricerca e lo sviluppo di tecnologie efficienti dal punto di vista energetico e pratiche digitali sostenibili.
- Promuovere la cooperazione internazionale: promuovere la collaborazione tra le nazioni per garantire un accesso equo alle tecnologie e alle risorse digitali e per affrontare la natura globale dei rifiuti e dell’estrazione delle risorse.
Un appello per la collaborazione globale
Il report si chiude con un appello in cui l’UNCTAD “invita con urgenza la comunità internazionale ad attuare politiche globali che promuovano un’economia digitale circolare, riducendo al minimo gli impatti ambientali e colmando il divario digitale. La maggior parte dei paesi in via di sviluppo ha bisogno di un’ulteriore digitalizzazione per partecipare efficacemente all’economia globale. Gli sforzi immediati e coordinati da parte dei governi, dei leader del settore e della società civile sono essenziali per uno sviluppo digitale sostenibile e inclusivo. Le discussioni attuali su un Global Digital Compact e la prossima revisione di 20 anni del Vertice mondiale sulla società dell’informazione possono essere sfruttate a tal fine”.