Nel Mediterraneo 1,9 milioni di frammenti di microplastica per metro quadro

A dirlo è il WWF in occasione della giornata internazionale del Mar Mediterraneo che si celebra l'8 per aumentare la consapevolezza sulla sua salute e sui pericoli che lo minacciano. Il WWF ha rivelato che l'87% del Mediterraneo è inquinato da metalli tossici, sostanze chimiche industriali e plastica, con gravi effetti sulla salute umana. Il report "Non c’è salute in un ambiente malato" mette in luce l'impatto devastante delle sostanze chimiche, microplastiche e PFAS sugli ecosistemi e sulla salute. Il WWF Italia chiede azioni collettive, maggiore trasparenza sulle sostanze chimiche e un Trattato globale sulla plastica entro il 2040. La collaborazione tra istituzioni, aziende e cittadini è essenziale per un futuro più sostenibile e sicuro

Credit foto: WWF Italia

L’8 luglio ricorre la giornata internazionale del Mar Mediterraneo con l’obiettivo di sensibilizzare la consapevolezza sullo stato di salute del Mare Nostrum e sui pericoli che lo minacciano. Per l’occasione, in una nota, il WWF ha raccontato come:

“Celebrare il Mar Mediterraneo vuol dire anche approfittare di questa giornata per prendere coscienza delle minacce a cui il Mare Nostrum è sottoposto in maniera sempre più forte, e noi con lui. Ben l’87% del Mar Mediterraneo ha problemi di inquinamento, soprattutto legati a metalli tossici, sostanze chimiche industriali e rifiuti di plastica. A causa dell’inquinamento non solo del mare ma anche delle acque dolci, dell’aria e del suolo, la salute degli esseri umani è messa sempre più a rischio: negli ultimi due decenni i decessi causati dalle moderne forme di inquinamento (atmosferico e da sostanze chimiche tossiche) sono aumentati del 66%, fino a raggiungere i 9 milioni di morti l’anno, il che rende l’inquinamento il principale fattore di rischio ambientale per malattie e morti premature a livello mondiale”.

“Dal nuovo sondaggio dell’UE sul tema inquinamento, ambiente e salute pubblicato nei giorni scorsi, emerge che più di tre quarti degli europei (78%) pensa che le questioni ambientali abbiano un effetto diretto sulla loro vita quotidiana e sulla loro salute (il 55% degli italiani), mentre circa quattro intervistati su cinque (84%) concordano sul fatto che la legislazione ambientale dell’UE sia necessaria per proteggere l’ambiente nel loro Paese”, continua l’associazione ambientalista.

“Con il nuovo report “Non c’è salute in un ambiente malato” pubblicato oggi, il WWF vuole far riflettere e rafforzare la nostra consapevolezza sull’impatto dell’inquinamento sulle nostre vite, ma anche su quanto possiamo e dobbiamo fare tutti per ridurre la dispersione nell’ambiente di sostanze nocive spesso invisibili, ma che restano nell’ambiente e nel nostro organismo per moltissimo tempo, in grado di percorrere lunghe distanze nell’ambiente e nella catena alimentare senza subire alcuna degradazione, con sempre più evidenti rischi per la salute umana. Inaugura così, con una prima parte dedicata all’acqua, una piccola collana dedicata agli inquinanti prioritari presenti sul Pianeta e alle azioni che noi tutti possiamo mettere in atto per migliorare la nostra qualità di vita, nell’ambito della campagna Our Future“.

Il report

Come spiega il WWF all’interno del Report, l’inquinamento chimico delle acque rappresenta una delle principali minacce per l’ambiente e la salute umana, causato da pesticidi, nutrienti agricoli, metalli pesanti, agenti patogeni e residui chimici da fanghi e acque reflue non trattate. L’acqua, poi, trasporta questi inquinanti globalmente, con fino a 400 milioni di tonnellate di sostanze chimiche scaricate ogni anno. Questo degrado degli ecosistemi d’acqua dolce contribuisce a un terzo della perdita di biodiversità globale e causa circa 1,4 milioni di morti premature all’anno. In Europa, solo il 44% delle acque superficiali è in buono stato ecologico; in Italia, molti fiumi e laghi non raggiungono il buono stato, e il 75-96% delle aree marine europee presenta contaminazione

La plastica, invece, è una delle contaminazioni chimiche più pervasive e persistenti, presente globalmente nell’acqua, nell’aria e nel cibo. Il Mediterraneo detiene il triste primato della più alta concentrazione di microplastiche nelle profondità marine, con 1,9 milioni di frammenti per metro quadro. Le plastiche costituiscono il 75% dei rifiuti marini e trasportano sostanze chimiche pericolose; solo 7.000 delle 16.000 sostanze trovate nelle plastiche sono ben studiate. L’inquinamento da microplastiche provoca gravi effetti sulla fauna, gli habitat e la salute umana, tra cui infiammazioni, alterazioni cellulari, cancro, problemi riproduttivi e sviluppo di resistenza agli antibiotici. Uno studio italiano ha correlato le microplastiche nelle placche aterosclerotiche con un aumento del rischio di infarto e ictus.

I PFAS, noti come “contaminanti eterni” per la loro persistenza e tossicità, poi, sono ampiamente utilizzati in prodotti di uso comune come contenitori per alimenti e vestiti. Queste sostanze non si degradano mai, accumulandosi nell’ambiente e negli organismi, con gravi effetti sulla salute. I mari europei sono contaminati sia da PFAS di vecchia data che di uso corrente, con concentrazioni di PFOS negli organismi marini fino a 100 volte superiori agli standard UE. Nonostante la gravità del problema, il 72% degli italiani e il 71% degli europei non conoscono il termine PFAS, sebbene il Nord Italia sia tra le aree più inquinate.

Obiettivi

“Per ridurre l’inquinamento servono un’azione e un cambiamento collettivi poiché questo è il risultato di molteplici attività che si svolgono nella maggior parte dei settori sociali ed economici, ed è regolamentato da autorità internazionali, nazionali, regionali e locali- afferma Eva Alessi, Responsabile Sostenibilità del WWF Italia-. Serve maggiore trasparenza sulle sostanze chimiche presenti nei prodotti, sia lavorando sull’etichettatura, sia sulla sensibilizzazione dei consumatori, riducendo l’utilizzo di sostanze dannose per la salute e per l’ambiente”. 

“I cittadini – continua la nota del WWF – sono anche preoccupati per i costi dell’inquinamento: il 92% degli europei afferma che le aziende dovrebbero pagare i costi di disinquinamento, mentre il 74% concorda sul fatto che le autorità pubbliche dovrebbero pagare i costi. Per far fronte a costi e rischi per la salute è necessario ingaggiare tutti gli attori della società: istituzioni, ricerca, aziende e cittadini. Politiche volte alla riduzione delle sostanze chimiche dannose e alla loro gestione più sicura sono necessarie a livello globale e nazionale. La ricerca di sostanze più sostenibili e i biomonitoraggi sugli effetti e i rischi per le specie e gli esseri umani, sono fondamentali. Industrie più responsabili verso l’uso e lo smaltimento delle sostanze chimiche, basate su flussi circolari di materiali e l’applicazione diffusa del principio di precauzione hanno un ruolo cruciale”.

L’obiettivo comune è porre fine all’inquinamento da plastica entro il 2040 e per raggiungerlo i Paesi di tutto il mondo devono adottare un Trattato globale sulla plastica, in accordo con il mandato stabilito nella risoluzione del marzo 2022 dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEA)- conclude Eva Alessi-. Ognuno di noi deve e può adottare comportamenti più sicuri per la collettività e per il nostro benessere attraverso i prodotti che acquistiamo e il modo in cui li (ri)usiamo, ricicliamo o scartiamo. Spesso, sono le piccole cose a fare una grande differenza”.