L’11 giugno, il Wwf Italia ha presentato alla IX Commissione del Senato le proprie osservazioni e proposte di modifica riguardanti la legge di conversione del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, intitolato “Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale” (Dl Agricoltura).
Il decreto-legge include vari interventi nei settori dell’agricoltura e altri ambiti, ma alcune disposizioni, se approvate, potrebbero avere impatti preoccupanti sugli obiettivi di transizione energetica e tutela ambientale.
Il Wwf Italia ha preliminarmente sottolineato che, nonostante il suo storico impegno nella protezione dell’ambiente e della natura, non ha avuto l’opportunità di essere audito per illustrare dettagliatamente le proprie osservazioni. La Commissione ha infatti scelto di ascoltare numerosi portatori di interessi particolari, ma pochissimi rappresentanti di interessi generali come le associazioni ambientaliste.
Nel merito, il Wwf ha chiesto la soppressione (o in alternativa una sostanziale modifica) dell’art. 5 del decreto-legge, che di fatto vieta l’installazione di impianti fotovoltaici a terra in tutte le aree agricole, incluse quelle già qualificate come “aree idonee” (come i siti soggetti a bonifica). Questa norma riduce le opportunità di multifunzionalità delle aziende agricole, rappresentando una significativa penalizzazione per gli agricoltori, privati della possibilità di diversificare le proprie fonti di reddito.
Per il WWF, fotovoltaico e agricoltura possono e devono convivere in modo sostenibile per l’ambiente e per gli agricoltori: con le tecniche adeguate, l’istallazione di impianti fotovoltaici a terra non comporta “consumo” di suolo, ma “occupazione” di suolo, temporanea e non irreversibile (come invece avviene con le infrastrutture e l’urbanizzazione). In questa prospettiva, è paradossale che si vieti il fotovoltaico a terra, mentre la Legge sul consumo di suolo resta nei cassetti, nel disinteresse di Governo e Parlamento.
La norma determina poi un ingiustificato freno allo sviluppo delle energie rinnovabili e alla transizione energetica, vanificando tutte le politiche di pianificazione e razionalizzazione normativa per le fonti rinnovabili degli ultimi anni e portando un danno agli operatori del settore (più di 40 miliardi di euro di investimenti ad oggi programmati in Italia da imprese italiane e straniere, potenzialmente destinati a raddoppiare in vista del raggiungimento degli obiettivi FER al 2030). Il Governo, peraltro, è chiamato ad approvare entro giugno 2024 il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), dove si è già impegnato, nella prima versione condivisa con la Commissione europea, a semplificare l’iter autorizzativo per le rinnovabili e a quadruplicare entro il 2030 l’obiettivo di crescita della potenza FER derivante da fonte solare (79.921 MW al 2030, rispetto ai 21.650 MW installati nel 2020).
Elettricità Futura ha evidenziato che per raggiungere il target sottoscritto dall’Italia alla COP21 di Dubai di triplicare le rinnovabili (installare nuovi 140 GW), servirebbe meno dell’1% dei terreni agricoli, evitando ovviamente le aree agricole di pregio. Eliminare totalmente le aree agricole, però, mette a rischio il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione.
Il decreto-legge tocca poi una serie di norme legate alla caccia e alla lotta al bracconaggio che comporterebbero un indebolimento della tutela della fauna in Italia e già evidenziati dalle associazioni ambientaliste in fase di presentazione del decreto-legge.
Ma sul punto preoccupano molto anche gli emendamenti al decreto finalizzati alla modifica della Legge n. 157/1992 su tutela della fauna selvatica e disciplina dell’attività venatoria. Si tratta, da quanto si apprende dagli organi di stampa, di emendamenti palesemente estranei all’oggetto del decreto-legge in conversione e pertanto privi dei requisiti di necessità e urgenza nella modifica, in peius, della normativa sulla gestione venatoria.
Nel merito siamo di fronte ad ulteriori passi verso la deregulation venatoria in atto: lo stravolgimento della disciplina sulla detenzione di uccelli utilizzati quali “richiami vivi” (oggi uno tra i più fiorenti traffici illeciti di animali selvatici in Italia) o l’eliminazione del divieto di caccia nei valichi montani con automatica e ingiustificata riduzione del livello di tutela ambientale.
Tutto ciò, peraltro, con ripercussioni negative sulla tutela degli uccelli migratori, tutelati “nell’interesse della comunità nazionale e internazionale” (art. 1 della Legge n. 157/1992 e quindi una ulteriore violazione della Direttiva 2009/147/CE “Uccelli”, rispetto alla quale sono già state recentemente avviate, nei confronti dell’Italia, una procedura d’infrazione (INFR(2023)2187) e una procedura di “pre-infrazione” (EUP(2023)10542).